Molto bella.
Da 19 Luglio 1992, blog di Salvatore Borsellino
Gentile Presidente del Consiglio,
lei ha detto in più occasioni pubbliche, seppure con il tono goliardico di una boutade, che ritiene che fare il pubblico ministero (pm, i magistrati requirenti) consista nel fare del male. L'astio e la sfiducia che rivolge a questa specifica parte della magistratura (salvo attaccare anche i giudici che non la ritengono estraneo ai fatti che le vengono contestati...) mi fa pensare che la battuta sia sintomatica di un pensiero radicato realmente in Lei e che la sua posizione e popolarità diffonde o quanto meno insinua anche nell'opinione pubblica.
Questa sensazione mi viene confermata anche dal fatto che lei sempre più spesso si riferisce a questa parte della magistratura come gli "avvocati dell'accusa", rivelando così il suo punto di vista: il ruolo dei pm è quello di indagare, sono dei poliziotti con la toga il cui scopo è trovare i colpevoli e il cui unico successo è la condanna dell'imputato.
In altre parole, un duro giustiziere che distribuisce male a chi lo commette, ma che nel fare ciò incappa anche in errori e così passa sopra anche la pelle e la vita di sfortunati innocenti che diventerebbero le vere vittime del processo.
No, signor Presidente. Per fortuna non è così.
Non è così per il sottoscritto, che sognava da quando aveva 14anni di fare questo lavoro proiettando i sogni e gli ideali di un giovanissimo ingenuo.
Non è così per la grande maggioranza dei colleghi che incontro e conosco in giro per l'Italia.
Ma soprattutto non è così per la Costituzione.
Non sono pagato, come lei ha lasciato intendere, per torturare psicologicamente i poveri imputati che trascino fino in Cassazione.
Il mio lavoro è innanzitutto quello di cercare la verità (con la v minuscola, per carità).
Per questo ho deciso di non fare la professione bellissima e affascinante dell'avvocato: perchè mi volevo e mi voglio sentire sempre libero di poter cercare solo la verità.
Non mi interessa la pressione dell'opinione pubblica che vuole un capro espiatorio, non mi devo preoccupare della necessità di portare a termine delle operazioni da parte delle forze di polizia: il successo del mio lavoro è rappresentato solo dal raggiungimento della verità processuale, dalla ricostruzione in tempi ragionevoli e con il rispetto delle norme di quanto è successo, così che la vittima trovi risposta alla sua istanza di giustizia e di difesa e che l'indagato debba rispondere solo di ciò che ha colpevolmente commesso, avendo tutte le opportunità che la legge italiana garantisce per difendersi e spiegare la propria versione dei fatti.
Spesso è davvero difficile prendere delle scelte e sebbene le decisioni finali appartengano solo ai giudici, io stesso, sentendomi magistrato prima ancora che pm, cerco di assumermi il peso della decisione facendo così richieste oggettive e solide, e non ispirate solo da una logica accusatoria (cosa che dall'altra parte dell'aula di udienza il difensore non si potrebbe permettere di fare specularmente, dovendo innanzitutto difendere al meglio gli interessi e la posizione del proprio assistito).
Il giorno in cui ho giurato sulla Costituzione (unico vero faro del nostro lavoro) sapevo che essendo un essere umano e come tale limitato e fallibile nonostante le mie migliori intenzioni, avrei commesso degli errori: questo vale per tutte le professioni ma ero e sono consapevole che commettere un errore nel mio lavoro può comportare gravi sofferenze e conseguenze per la vita delle persone.
Mi assumo la responsabilità di quello che faccio e la mia funzione pubblica può e deve essere sempre di più soggetta alla valutazione di professionalità (come previsto in maniera ancora più pressante dalle recenti riforme) e soprattutto il sistema prevede che ci siano molti altri soggetti che intervengono a controllare il mio operato (avvocatura) e prendere decisioni (i colleghi giudicanti dei vari gradi).
Il fatto poi che debbano potersi impugnare anche le sentenze di assoluzioni in primo grado (cosa che lei ha di recente nuovamente contestato) deriva dall'ovvia osservazione che anche il giudice può sbagliare e quindi anche lui deve sottostare alle verifiche di appello e cassazione volte a limitare entro i limiti dell'umanamente possibile errori giudiziari (salvo pensare che i pm siano antropologicamente diversi, ma anche questo riesce difficile poichè sono selezionati insieme ai futuri colleghi giudicanti con un concorso molto selettivo e basato principalmente su prove scritte teoriche)
C'è poi un altro aspetto del mio lavoro che lei dimentica: la difesa delle vittime e delle loro istanze di giustizia e protezione.
Per me fare il pm vuole innanzitutto dire porre la mia professionalità al servizio del Paese per combattere le ingiustizie, difendere con la legge coloro che subiscono prepotenze e violenze: "la legalità è il potere dei senza potere", disse lo statista ceco Dubcek.
La donna che subisce violenze, il cittadino vittima di una rapina o di una truffa, il bambino abusato, l'imprenditore derubato da qualche furbetto, la famiglia straziata dal dramma della droga e quella orfana di un lavoratore morto in cantiere per il mancato rispetto della legge... sono queste le persone che affidano alla magistratura la loro speranza di giustizia, che non dovrebbe esaurirsi nella punizione del colpevole.
Il male non è l'obiettivo del mio lavoro... bensì il suo nemico, signor Presidente.
E non separare le carriere per restare parte di un unico ordine insieme ai miei colleghi giudici ha proprio il principale merito di ricordare a noi pm che siamo anzitutto dei magistrati, che siamo soggetti solo alla legge e il nostro unico obiettivo è la ricerca della verità nella lotta contro le ingiustizie.
Gli eccessi negativi di quei pm troppo votati solo all'accusa e che difettano di serenità e della capacità anche di cambiare idea in base alle emergenze probatorie sono figli proprio di un atteggiamento poliziesco di colui che si sta dimenticando la stella polare della Costituzione e rischia così di dimenticarsi che il grande potere che gli è dato è solo in vista dell'affermazione della legalità: sarebbe opportuno rifletterci profondamente quando si invoca la separazione delle carriere, che rischierebbe infatti solo di aggravare il problema che si dice all'opinione pubblica di voler risolvere.
Per queste ragioni continuo a credere che il mio lavoro sia tanto difficile e delicato quanto appassionante, consentendomi di guadagnarmi da vivere non dovendo pensare al mio tornaconto personale ma solo al servizio e nell'interesse della collettività e dell'affermazione della legalità.
Spero che quando i miei piccoli due maschietti saranno cresciuti fare il pm in Italia continui a significare questo.
Cordiali saluti,
Marco Imperato
magistrato (e pubblico ministero per ora...)
martedì 9 giugno 2009
Lettera del magistrato Marco Imperato alla Presidenza del Consiglio
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Mi dispiace leggere con tanto ritardo la lettera dell'amico Marco Imperato al Presidente del Consiglio.
RispondiEliminaMi dispiace perché avrei voluto esprimergli prima di oggi la gratitudine per aver fatto circolare parole così limpide ed equilibrate, ma nondimeno appassionate e profonde. Parole che, da docente uiversitario ed avvocato, sento di condividere e delle quali (degli alti concetti ed ideali che esse esprimono) spero di poter dare testimonianza. Testimonianza nel mio lavoro di avvocato, per lo più schierato nella tutela delle vittime della mafia, delle estorsioni e dell'usura, ma che - anche quando difende un'imputato - sa di avere nel P.M., nel suo ufficio, aldilà delle persone fisiche spesso fallaci o limitate, una istituzione di garanzia e di supporto alla ricerca delle verità.
Testimonianza nel mio lavoro accademico, perché credo che le parole di Marco descrivano al meglio il ruolo del magistrato inquirente nelle funzioni per esso scolpite dalla Carta costituzionale.
Marco Andrea Manno
(prof. agg. Diritto Penale Comparato ed Europeo - Università di Palermo)
Gentile Professore, è per me un onore ospitare sul mio blog parole così limpide (mi approprio del suo termine, ma è davvero il più adatto). Sono giovane, e mi conforta molto il fatto di sapere di un'altra presenza di altro profilo nelle nostre martoriate Istituzioni. Sarebbe bello che pubblicasse questo suo commento sul blog di Salvatore Borsellino, dal quale a suo tempo trassi la lettera del Dott. Imperato. Il link è il seguente:
RispondiEliminahttp://www.19luglio1992.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1411:lettera-del-magistrato-marco-imperato-alla-presidenza-del-consiglio&catid=1:lettere-aperte&Itemid=28
Grazie ancora e cordiali saluti,
Valeria Di Muzio
Non esageriamo con i complimenti, il mio era solo un istintivo gesto di condivisione per le parole di Marco Imperato. Per altro mi sono "titolato" solo per farmi identificare meglio, perché non mi piace essere anonimo; ma, per il futuro, non sono "gentile professore", ma solo "marco".
RispondiEliminaComunque accolgo l'invito e appena avrò tempo copierò il commento sul blog di Borsellino.
A presto
Marco Manno
va bene...grazie Marco
RispondiEliminaallora posso inserirmi e, oltre a ringraziarvi per lo spazio e l'attenzione che avete dato alle mie parole, ne approfitto per dirvi che la correttezza e la professionalità di avvocati come Marco Manno (sono rari, ma ci sono...!) sono davvero testimonianze importanti in questo paese inquinato dall'illegalità.
RispondiEliminaIeri ho partecipato all'iniziativa dell'ANM a Bologna per l'inaugurazione dell'anno giudiziario e nel pomeriggio sono intervenuto a un sit in organizzato dal popolo viola in difesa della Costituzione.
il testo dovrebbe trovarsi sul sito dell'associazione liberacittadinanza
grazie ancora
Marco Imperato