domenica 21 giugno 2009
Referendum elettorale
qualcuno mi può aiutare a capire?!?
ps. che il quorum non c'è lo vedo, ma è comunque utile capire di che si tratta
pps. ovviamente astenersi o votare no per i quesiti 1 e 2, pena favorire i 2 peggiori partiti che abbiamo in Italia (PDL e PD)
ppps. l'astensione è una pratica che trovo detestabile, per quanto troppo spesso utile; per combattere l'astensionismo e quindi garantire la giusta dignità all'istituto del referendum, basterebbe abolire il quorum, così sarebbe rispettata la volontà di tutti coloro che si informano ma, nel contempo, non intendono rinunciare ad esercitare il proprio diritto-dovere di voto.
lunedì 15 giugno 2009
Processo d'Appello Dell'Utri
Dal blog di Antonio Di Pietro, post di oggi:
Ho voluto avviare l'iniziativa "Li seguiamo per te" per poter informare e tenere aggiornati i cittadini riguardo a tutti quei processi sui quali altrimenti sarebbe calata la spessa cortina del silenzio mediatico. Ho iniziato con il processo al governatore della Campania, Antonio Bassolino, al quale si sono aggiunti quello al corrotto David Mills e al suo - in assenza di lodo - corruttore Silvio Berlusconi. Ora ne aggiungo un terzo: il processo d'appello a Marcello Dell'Utri ripreso il 15 maggio 2009. Quello a Dell'Utri e' un processo capace di spiegare, se non ha gia' spiegato con la condanna in primo grado, larga parte della genesi di Forza Italia, oggi Pdl, e dell'ascesa nel panorama nazionale di un corruttore oggi Presidente del Consiglio.
Processi come questi non ne vedremo più: la legge sulle intercettazioni ed il bavaglio all’informazione, che questa legge comporta, hanno messo la parola fine alla possibilità di risalire a qualsiasi reato, se non per circostanze fortuite. I media non ne parlavano già prima, ora avranno persino un buon motivo per continuare a non farlo. In aula a Palermo venerdì scorso, durante la seconda udienza d’appello, tolti i giudici, c’erano solo tre cittadini in aula, uno di questi era il nostro inviato. Da oggi con questo video qualche migliaia di cittadini in più verrà a conoscenza di questo processo, che già entro l’estate potrebbe portare ad una sentenza definitiva.
Riporto di seguito il testo del video e la parte finale della sentenza a carico del senatore Marcello Dell’Utri così come la si legge nelle 1771 pagine di documenti ufficiali del processo di primo grado risalente all’11 dicembre 2004. Una condanna che lascia ben pochi dubbi sulla gravità dei reati di cui quest’uomo è accusato e della complicità prestata, oltre che della consapevolezza riguardo ai fatti, da parte dell’ambiente che lo circondava.
[da pagina 1761 secondo capoverso]
Gli elementi probatori emersi dall’indagine dibattimentale espletata
hanno consentito di fare luce:
sulla posizione assunta da Marcello Dell’Utri nei confronti di esponenti
di “cosa nostra”, sui contatti diretti e personali con alcuni di essi (Bontate,
Teresi, oltre a Mangano e Cinà),
sul ruolo ricoperto dallo stesso
nell’attività di costante mediazione, con il coordinamento di Cinà Gaetano,
tra quel sodalizio criminoso, il più pericoloso e sanguinario nel panorama
delle organizzazioni criminali operanti al mondo, e gli ambienti
imprenditoriali e finanziari milanesi con particolare riguardo al gruppo
FININVEST;
sulla funzione di “garanzia” svolta nei confronti di Silvio Berlusconi, il
quale temeva che i suoi familiari fossero oggetto di sequestri di persona,
adoperandosi per l’assunzione di Vittorio Mangano presso la villa di
Arcore dello stesso Berlusconi, quale “responsabile” (o “fattore” o
“soprastante” che dir si voglia) e non come mero “stalliere”, pur
conoscendo lo spessore delinquenziale dello stesso Mangano sin dai tempi
di Palermo (ed, anzi, proprio per tale sua “qualità”), ottenendo l’avallo
compiaciuto di Stefano Bontate e Teresi Girolamo, all’epoca due degli
“uomini d’onore” più importanti di “cosa nostra” a Palermo;
sugli ulteriori rapporti dell’imputato con “cosa nostra”, favoriti, in alcuni
casi, dalla fattiva opera di intermediazione di Cinà Gaetano, protrattisi per
circa un trentennio nel corso del quale Marcello Dell’Utri ha continuato
l’amichevole relazione sia con il Cinà che con il Mangano, nel frattempo
assurto alla guida dell’importante mandamento palermitano di Porta
Nuova, palesando allo stesso una disponibilità non meramente fittizia,
incontrandolo ripetutamente nel corso del tempo, consentendo, anche
grazie a Cinà, che “cosa nostra” percepisse lauti guadagni a titolo estorsivo
dall’azienda milanese facente capo a Silvio Berlusconi, intervenendo nei
momenti di crisi tra l’organizzazione mafiosa ed il gruppo FININVEST
(come nella vicenda relativa agli attentati ai magazzini della Standa di
Catania e dintorni), chiedendo al Mangano ed ottenendo favori dallo stesso
(come nella “vicenda Garraffa”) e promettendo appoggio in campo politico
e giudiziario.
Queste condotte sono rimaste pienamente ed inconfutabilmente provate
da fatti, episodi, testimonianze, intercettazioni telefoniche ed ambientali di
conversazioni tra lo stesso Dell’Utri e Silvio Berlusconi, Vittorio
Mangano, Gaetano Cinà ed anche da dichiarazioni di collaboratori di
giustizia; la pluralità dell’attività posta in essere, per la rilevanza causale
espressa, ha costituito un concreto, volontario, consapevole, specifico e
prezioso contributo al mantenimento, consolidamento e rafforzamento di
“cosa nostra” alla quale è stata, tra l’altro, offerta l’opportunità, sempre con
la mediazione di Marcello Dell’Utri, di entrare in contatto con importanti
ambienti dell’economia e della finanza, così agevolandola nel
perseguimento dei suoi fini illeciti, sia meramente economici che, lato
sensu, politici.
Non c’è dubbio alcuno, alla luce delle considerazioni che precedono e di
tutto quanto oggetto di analisi nei singoli capitoli ai quali si rinvia, che le
condotte tenute dai prevenuti si sussumono nelle fattispecie previste e
sanzionate dagli artt. 416 e 416 bis c.p. delle quali ricorrono tutti gli
elementi costitutivi.
Ma ricorrono, anche, le contestate aggravanti di cui ai commi 4° e 6°
dell’art. 416 bis c.p.
Ed invero, la sussistenza di tali aggravanti va ritenuta qualora il reato de
quo sia contestato agli appartenenti ad una “famiglia” aderente a “cosa
nostra” od al concorrente esterno, in quanto l’esperienza storica e
giudiziaria consentono di ritenere il carattere armato di detta
organizzazione criminale (Cass. 14.12.99, D’Ambrogio, CP 01,845) e la
sua prerogativa di operare nel campo economico utilizzando ed investendo
i profitti di delitti che tipicamente pone in essere in esecuzione del divisato
programma criminoso (Cass. 28.1.00, Oliveti, CED 215908, CP 01, 844).
TRATTAMENTO SANZIONATORIO
Per quanto attiene alla determinazione della pena, tenuti presenti i
parametri ed i criteri direttivi di cui all’art. 133 c.p., le condotte di Gaetano
Cinà, consapevoli e reiterate nel tempo, devono essere sanzionate con una
pena che il Collegio ritiene congruo quantificare in anni sette di reclusione,
in considerazione della continuità del suo apporto a “cosa nostra”, alla
quale è stato organico nei termini sopra evidenziati, dell’importante
risultato, economico e non, conseguito dall’organizzazione, grazie alla sua
costante disponibilità, consistita nel coltivare il suo rapporto di amicizia
con Marcello Dell’Utri anche in una dimensione illecita e funzionale alle
richieste ed esigenze degli uomini d’onore della “famiglia” di riferimento e
dei capi del sodalizio.
(pena così determinata:, anni sei, mesi sei di reclusione per il reato di cui
all’art. 416 bis c.p. aggravato, aumentata di mesi sei di reclusione ex art. 81
c.p.
Per quanto attiene a Marcello Dell’Utri, la pena deve essere ancora più
severa e deve essere determinata in anni nove di reclusione, dovendosi
negativamente apprezzare la circostanza che l’imputato ha voluto
mantenere vivo per circa trent’anni il suo rapporto con l’organizzazione
mafiosa (sopravvissuto anche alle stragi del 1992 e 1993, quando i
tradizionali referenti, non più affidabili, venivano raggiunti dalla
“vendetta” di “cosa nostra”) e ciò nonostante il mutare della coscienza
sociale di fronte al fenomeno mafioso nel suo complesso e pur avendo, a
motivo delle sue condizioni personali, sociali, culturali ed economiche,
tutte le possibilità concrete per distaccarsene e per rifiutare ogni
qualsivoglia richiesta da parte dei soggetti intranei o vicini a “cosa nostra”.
Si ricordi, sotto questo profilo, anche l’indubitabile vantaggio di essersi
allontanato dalla Sicilia fin dagli anni giovanili e di avere impiantato
altrove tutta la sua attività professionale.
Ancora, deve essere negativamente apprezzata la già sottolineata
importanza del suo consapevole contributo a “cosa nostra”, reiteratamente
prestato con diverse modalità, a seconda delle esigenze del momento ed in
relazione ai singoli episodi esaminati nei precedenti capitoli.
Inoltre, il Collegio ritiene assai grave la condotta tenuta dall’imputato nel
corso del processo, avuto riguardo al tentativo di inquinamento delle prove
a suo carico, così come risulta dimostrato dalla disamina della vicenda
“Cirfeta-Chiofalo”, come pure la circostanza che egli, contando sulla sua
amicizia con Vittorio Mangano, gli abbia chiesto favori in relazione alla
sua attività imprenditoriale, come emerge dall’analisi della vicenda
“Garraffa”.
Infine, si connota negativamente la sua disponibilità verso
l’organizzazione mafiosa attinente al campo della politica, in un periodo
storico in cui “cosa nostra” aveva dimostrato la sua efferatezza criminale
attraverso la commissione di stragi gravissime, espressioni di un disegno
eversivo contro lo Stato, e, inoltre, quando la sua figura di uomo pubblico
e le responsabilità connesse agli incarichi istituzionali assunti, avrebbero
dovuto imporgli ancora maggiore accortezza e rigore morale, inducendolo
ad evitare ogni contaminazione con quell’ambiente mafioso le cui
dinamiche egli conosceva assai bene per tutta la storia pregressa legata
all’esercizio delle sue attività manageriali di alto livello.
(pena così determinata: anni otto e mesi sei di reclusione per il reato
aggravato di cui all’art. 416 bis c.p., elevata di mesi sei di reclusione per
art. 81 c.p.).
I due imputati vanno condannati, altresì, al pagamento in solido delle
spese processuali ed il Cinà Gaetano anche a quelle del suo
mantenimento in carcere durante la custodia cautelare, nonchè entrambi
vanno dichiarati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici ed in stato di
interdizione legale durante l’esecuzione della pena.
Alla condanna consegue per legge e, in ogni caso, anche in relazione
all’intrinseca pericolosità desunta dalle considerazioni che precedono,
l’applicazione a ciascuno degli imputati della misura di sicurezza della
libertà vigilata per la durata di anni due (tenuta presente la gravità dei reati
contestati), da eseguirsi dopo che la pena è stata scontata o è altrimenti
estinta.
Infine, entrambi gli imputati vanno condannati in solido:
al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, in favore delle
costituite parti civili, Provincia Regionale di Palermo e Comune di
Palermo, rigettando le richieste di pagamento di provvisionali
immediatamente esecutive;
al pagamento delle spese processuali sostenute dalle medesime parti
civili che si liquidano in complessivi euro ventimila per il Comune di
Palermo ed euro cinquantamila per la Provincia di Palermo, somme
comprensive di onorari e spese.
In considerazione della particolare complessità della stesura della
motivazione, dovuta alla gravità delle imputazioni ed alla notevolissima
mole degli atti processuali acquisiti, si indica in novanta giorni il termine
per il deposito della sentenza.
DICHIARA
DELL’UTRI MARCELLO e CINA’ GAETANO colpevoli dei reati loro
rispettivamente contestati e, ritenuta la continuazione tra gli stessi,
CONDANNA
DELL’UTRI MARCELLO alla pena di anni nove di reclusione e CINA’
GAETANO alla pena di anni sette di reclusione ed entrambi, in solido, al
pagamento delle spese processuali, nonché il CINA’ anche a quelle del
proprio mantenimento in carcere durante la custodia cautelare.
Visti gli artt. 28, 29,32 e 417 c.p.,
DICHIARA
Entrambi gli imputati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici, nonché in
stato di interdizione legale durante l’esecuzione della pena.
APPLICA
A ciascuno degli imputati la misura di sicurezza della libertà vigilata per
la durata di anni due, da eseguirsi a pena espiata.
Visti gli artt. 539 e 541 c.p.p.,
CONDANNA
Entrambi gli imputati in solido al risarcimento dei danni in favore delle
costituite parti civili, Provincia Regionale di Palermo e Comune di
Palermo, da liquidarsi in separato giudizio, rigettando le richieste di
pagamento di provvisionali immediatamente esecutive.
Condanna, infine, gli imputati in solido al pagamento delle spese
sostenute dalle medesime parti civili che liquida in complessivi euro
ventimila per il Comune di Palermo ed euro cinquantamila per la Provincia
Regionale di Palermo, somme comprensive di onorari e spese.
DDL intercettazioni - Limitazioni per i blogger
Chiuso per rettifica
giovedì 11 giugno 2009
Roma - Il Governo pone la fiducia sul discusso disegno di legge in materia di intercettazioni e la blogosfera ne fa le spese rischiando di essere "chiusa per rettifica". È questo il senso di quanto è accaduto nelle scorse ore in Parlamento, dove per effetto dell'approvazione del maxi-emendamento presentato dal Governo sta per diventare legge l'idea - di cui si è già discusso sulle colonne di questa testata - di obbligare tutti "i gestori di siti informatici" a procedere, entro 48 ore dalla richiesta, alla rettifica di post, commenti, informazioni ed ogni altro genere di contenuto pubblicato.Non dar corso tempestivamente all'eventuale richiesta di rettifica potrà costare molto caro a blogger, gestori di newsgroup, piattaforme di condivisione di contenuti e a chiunque possa rientrare nella vaga, generica e assai poco significativa definizione di "gestore di sito informatico": la disposizione di legge, infatti, prevede, in tal caso, una sanzione da 15 a 25 milioni di vecchie lire.Tanto per esser chiari e sicuri di evitare fraintendimenti quello che accadrà all'indomani dell'entrata in vigore della nuova legge è che chiunque potrà inviare una mail a un blogger, a Google in relazione ai video pubblicati su YouTube, a Facebook o MySpace o, piuttosto al gestore di qualsiasi newsgroup o bacheca elettronica amatoriale o professionale che sia, chiedendo di pubblicare una rettifica in testo, video o podcast a seconda della modalità di diffusione della notizia da rettificare. È una brutta legge sotto ogni profilo la si guardi ed è probabilmente frutto, in pari misura, dell'analfabetismo informatico, della tecnofobia e della ferma volontà di controllare la Rete degli uomini del Palazzo.
Provo a riassumere le ragioni di un giudizio tanto severo.L'intervento normativo in commento mira, nella sostanza, a rendere applicabile a qualsiasi forma di comunicazione o diffusione di informazioni online - avvenga essa in un contesto amatoriale o professionale e per scopo personale, informativo o piuttosto commerciale - la vecchia disciplina sulla stampa dettata con la Legge n. 47 dell'8 febbraio 1948 e, in particolare, il suo art. 8 relativo ad uno degli istituti più controversi introdotti nel nostro ordinamento con tale legge: l'obbligo di rettifica.La legge sulla stampa, tuttavia - come probabilmente è noto ai più - costituisce una delle poche leggi vigenti scritte e discusse direttamente in seno all'assemblea costituente ormai oltre sessant'anni fa ed ha, pertanto, già mostrato in diverse occasioni un'evidente inadeguatezza a trovare applicazione nel moderno mondo dei media che poco o nulla ha a che vedere con quello avuto presente dai padri costituenti. Si tratta, per questo, di una legge che avrebbe richiesto un intervento di "aggiornamento" urgente, competente ed approfondito o, piuttosto, meritato di essere mandata in pensione dopo oltre mezzo secolo di onorato servizio. Contro ogni legittima aspettativa, invece, Governo e Parlamento hanno deciso di affidarle addirittura la disciplina della Rete ovvero della protagonista indiscussa di una delle più grandi rivoluzioni del mondo dell'informazione nella storia dell'uomo. Difficile, in tale contesto, condividere la scelta del Palazzo.Ma c'è di più.Sono anni che si discute ad ogni livello - nelle università, nelle aule di giustizia e, persino, in Parlamento ed a Palazzo Chigi - della possibilità e opportunità di estendere in tutto o in parte la disciplina sulla stampa e, in particolare, le disposizioni dettate in materia di obbligo di registrazione delle testate, a talune forme di comunicazione e diffusione delle informazioni online senza che, sin qui, si sia arrivati ad alcuna conclusione sicura e condivisa.La brutta ed ambigua riforma dell'editoria introdotta con la legge n. 62 del 2001, il famoso DDL Levi ribattezzato l'ammazza blog presentato e poi ritirato, il DDL Cassinelli ovvero il "salvablog" tuttora in attesa di essere discusso alla Camera dei Deputati e la "storica" condanna dello storico Carlo Ruta per stampa clandestina pronunciata dal Tribunale di Modica in relazione alla pubblicazione del blog dello studioso siciliano sono solo alcuni dei provvedimenti e delle iniziative che hanno, negli ultimi anni, alimentato - in Rete e fuori dalla Rete - un dibattito complesso ed articolato senza vincitori né vinti. L'entrata in vigore della nuova disciplina sulle intercettazioni vanificherà e polverizzerà il senso di questo dibattito stabilendo, una volta per tutte, che la disciplina sulla stampa - o almeno una parte importante di essa - si applica a qualsiasi forma di comunicazione e diffusione di informazioni nel cyberspazio.Difficile resistere alla tentazione di definire dilettantistica, approssimativa ed irresponsabile la scelta del legislatore che è entrato "a gamba tesa" in questo dibattito ultradecennale ignorandone premesse, contenuti e questioni e che ora rischia di infliggere - non so dire se volontariamente o inconsapevolmente - un duro colpo alla libertà di manifestazione del pensiero nel cyberspazio modificandone, per sempre, protagonisti e dinamiche.Nel Palazzo, domani, qualcuno - nel tentativo di giustificare questo monstrum giuridico liberticida e anti-Internet - dirà che è giusto pretendere anche da blogger, gestori di piattaforme di condivisione di contenuti e titolari di qualsiasi altro tipo di sito Internet la pubblicazione di una rettifica laddove loro stessi o i propri utenti pubblichino contenuti non veritieri o ritenuti lesivi dell'altrui reputazione o onore. Libertà fa rima con responsabilità è il ritornello che sento già risuonare nel Palazzo.Il problema non è, tuttavia, il ritornello che non si può non condividere, quanto, piuttosto, le altre strofe della canzone per restare nella metafora ovvero le modalità attraverso le quali il legislatore ha preteso di raggiungere tale ambizioso risultato. Provo a riassumere il mio punto di vista.The web is not the press (or tv) si potrebbe dire con uno slogan e non è, pertanto, possibile né opportuno applicare ad ogni forma di comunicazione online la speciale disciplina dettata per l'informazione professionale. Dovrebbe essere evidente ma così non è. Gestire le richieste di rettifica, valutarne la fondatezza e, eventualmente, darvi seguito è un'attività onerosa che mal si concilia con la dimensione "amatoriale" della più parte dei blog che costituiscono la blogosfera e rischia di costituire un elemento disincentivante per un blogger che, pur di sottrarsi a tali incombenti e alle eventuali responsabilità da ritardo (una multa da 25 milioni di vecchie lire per aver tardato a leggere la posta significa la chiusura di un blog!), preferirà tornare a limitarsi a leggere il giornale o, piuttosto postare solo su argomenti a basso impatto mediatico, politico e sociale e, come tali, insuscettibili di "disturbare" chicchessia. Allo stesso modo, il gestore di una piattaforma di condivisione di contenuti o, piuttosto, di social networking che, per definizione, non produce le informazioni che diffonde, ricevuta una richiesta di rettifica non potrà, in nessun caso, in 48 ore, verificare con l'autore del contenuto la veridicità dell'informazione diffusa e, quindi, l'effettiva sussistenza o meno dell'azionato diritto di rettifica.Risultato: o si doterà - peraltro non a costo zero - di una struttura idonea a pubblicare d'ufficio tutte le rettifiche ricevute o, peggio ancora, deciderà di rimuovere tutti i contenuti che formino oggetto di un altrui istanza di rettifica tanto per porsi al riparo da eventuali contestazioni circa la forma, i caratteri e la visibilità della rettifica stessa.Sembra, in altre parole, evidente che la nuova legge produrrà quale effetto pressoché immediato quello di abbattere sensibilmente la vocazione all'informazione diffusa che ha, sin qui, costituito la forza del web come primo spazio davvero libero - o quasi-libero - di divulgazione di quello straordinario patrimonio di pensieri e notizie che, sin qui, i media professionali non hanno in parte potuto e in più parte voluto lasciar filtrare per effetto dei forti ed innegabili condizionamenti che i poteri politici ed economici da sempre esercitano sulle testate giornalistiche cartacee, radiofoniche o televisive che siano. Da domani, quindi, i nemici della libertà di informazione avranno un pericoloso strumento per far passare la voglia a tanti blogger nostrani di dire la loro ed ad altrettanti "giornalisti diffusi" di raccontare storie inedite via Facebook, YouTube o MySpace.Ma c'è ancora di più.Il senso dell'obbligo di rettifica previsto nella vecchia legge sulla stampa risiede nella circostanza che in sua assenza il cittadino che si senta diffamato o avverta l'esigenza di "rettificare" un'informazione diffusa da un giornale non potrebbe farlo o meglio resterebbe esposto all'arbitrio del direttore della testata, libero di pubblicare o non pubblicare la rettifica. Non è così, tuttavia, nella più parte dei casi in Rete dove - salvo eccezioni - chiunque può pubblicare una precisazione, un commento, un altro video o, piuttosto, condividere un link su un profilo di Facebook per replicare e/o rettificare l'altrui pensiero. È questo il bello dell'informazione non professionale online ed è questa una delle ragioni per le quali l'informazione in Rete è - sebbene ancora per poco - più libera di quanto non lo sia quella tradizionale.E per finire, dopo il danno la beffa.Mentre, infatti, la nuova legge impone a chiunque utilizzi la Rete per comunicare o diffondere contenuti e/o informazioni gli obblighi caratteristici dei produttori professionali di informazione, continua a non riconoscergli pari diritti: primo tra tutti l'insequestrabilità di ogni contenuto informativo diffuso a mezzo Internet alla stessa stregua di un giornale. In questo modo si sarebbe, almeno, potuto dire "onori e oneri" mentre, così, l'informazione in Rete finisce con l'essere svilita ad un'attività pericolosa, onerosa e mal retribuita o, nella più parte dei casi, non retribuita affatto. Basterà la passione ad indurre i protagonisti del cosiddetto web 2.0 a resistere anche a tale ulteriore aggressione o, questa volta, getteranno la spugna consegnando la Rete ai padroni dell'informazione di sempre?Chiediamocelo e, soprattutto, chiediamolo a chi ha voluto questa nuova inaccettabile legge ammazza-Internet.
Guido Scorza
http://www.politicheinnovazione.eu/
sabato 13 giugno 2009
Il Fatto Quotidiano - Notte bianca "No Bavaglio" a Roma
E’ il momento di tornare a farci sentire, le raccolte di firme non bastano più. Con la controriforma delle intercettazioni e della cronaca giudiziaria, il regime punta a salvare i delinquenti e a privare i cittadini della necessaria informazione: vuole espropriarci di quel diritto che Luigi Einaudi definiva “conoscere per deliberare”. Per questo il Fatto Quotidiano ha deciso di esordire in pubblico, prim’ancora di uscire nelle edicole, organizzando subito una notte bianca “No Bavaglio”. Perché la ragione sociale del nostro giornale è proprio questa: informare.Ci troveremo tutti insieme la sera di mercoledì 8 luglio a Roma (il luogo lo stiamo scegliendo, per non lasciare fuori nessuno), per incontrarci e dire no alla legge eversiva e golpista del Signor P2 che mira a disarmare la magistratura e a imbavagliare la libera stampa. Inviteremo sul palco giornalisti, scrittori e artisti per un grande happening di protesta, di satira, di testimonianza, ma soprattutto di informazione. Spiegheremo la controriforma nel dettaglio, leggeremo e faremo ascoltare in originale le intercettazioni e le carte giudiziarie, anche inedite, dei grandi scandali politico-finanziari che il regime vuole nascondere ai cittadini. I partiti e i politici di opposizione che vorranno aderire e partecipare tra il pubblico saranno i benvenuti. Tenetevi liberi, invitate gli amici e restate in contatto con i nostri blog: ogni giorno vi aggiorneremo sugli sviluppi dell’iniziativa. Più siamo, più il bavaglio si allontana.
Antonio Padellaro e Marco Travaglio
Preferenze Idv Circoscrizione Nord-Ovest
Dobbiamo sempre controllare i nostri eletti. Non per demolire il loro (probablmente difficile?) operato, ma per non farci prendere in giro DA NESSUNO.
Ecco le preferenze di Idv nella circoscrizione Nord Ovest, dal sito del Ministero dell'Interno
Candidato
Luogo e data di nascita
Preferenze
DE MAGISTRIS LUIGI
NAPOLI, 20 Giugno 1967
86.198
eletto
DI PIETRO ANTONIO
MONTENERO DI BISACCIA (CB), 02 Ottobre 1950
81.768
eletto
ALFANO SONIA
MESSINA, 15 Ottobre 1971
28.104
VATTIMO GIANTERESIO DETTO GIANNI
TORINO, 04 Gennaio 1936
14.951
VULPIO CARLO
ALTAMURA (BA), 28 Luglio 1960
8.791
venerdì 12 giugno 2009
URGENTE: aderiamo in massa all'appello di Repubblica
Tra qualche giorno: manifestazione di dissenso davanti a Palazzo Madama (il ddl, passato alla camera con voto di fiducia, dovrà essere approvato anche in Senato).
I giornali hanno il dovere di informare
I cittadini hanno il diritto di sapere
Firma l'appello di Repubblica
I giornali hanno il dovere di informare perché i cittadini hanno il diritto di conoscere e di sapere. La nuova legge sulle intercettazioni telefoniche è incostituzionale, limita fortemente le indagini, vanifica il lavoro di polizia e magistrati, riduce la libertà di stampa e la possibilità di informare i cittadini. Per questo va fermata.
Ecco cosa dice l'emendamento al ddl
Il virus benefico della libertà è la nostra “smodata” ambizione
Data articolo 11/06/2009
Autori Carlo Vulpio
Cari amici vicini e lontani, grazie.
Grazie, perché da adesso in avanti sappiamo che non siamo più soli. Anzi, che siamo esattamente 37.499. Un consenso enorme, di cui sono fiero, perché è un consenso che va moltiplicato almeno per cinque, in quanto è arrivato: 1) senza televisioni, 2) senza radio, 3) senza giornali, 4) senza apparati di partito, 5) senza quei blog che, al pari delle tv, berlusconiane e non, trasformano in “prodotto politico” persino un fustino di detersivo.
Sono, questi voti che mi avete dato, non 38.000, ma 200.000.
Sento il bisogno di ringraziarvi uno per uno, non solo perché mi avete votato, ma anche perché con me avete scelto una strada in salita. Una strada, come avevo detto “prima” delle elezioni, che non doveva “necessariamente” portare a occupare uno scranno a Strasburgo o altrove, ma che aveva la “smodata” ambizione di aprire un cammino nuovo in tutto il Paese. Una strada le cui pietre miliari sono i principi di democrazia, libertà, uguaglianza, legalità - effettivamente praticati, non soltanto declamati -, anche quando questo dovesse dispiacere a coloro che sono schierati dalla propria parte.
Democrazia, libertà, uguaglianza e legalità, però, non possono mai essere disgiunte dall’esercizio del senso critico di ognuno di noi, e questo vuol dire agire sempre con indipendenza di giudizio e autonomia di pensiero. Come, se permettete, ho fatto io - prima, durante e dopo questa mia avventura elettorale. E come, lasciatemelo dire, avete fatto voi, che mi avete scelto proprio perché non mi avete seguito “fideisticamente” (alla maniera di chi ieri recitava i pensieri di Mao o di Lenin, oggi gli slogan delle tv, o domani quelli dei blog, compreso il mio), ma mettendo in discussione tutto, con domande, interventi, repliche, dissensi, a volte vere e proprie “requisitorie” che volevano verificare la coerenza delle parole con i comportamenti.
E’ ovvio che per tenere fermi questi principi si pagano dei prezzi. Sempre. Nella sfera privata e nella sfera pubblica. Ma per questi principi – lo abbiamo visto persino in questa nostra campagna elettorale “eroica e in solitaria”, come l’ha definita il mio amico Francesco Toscano – vale la pena lottare. D’altronde, non è proprio per questi obiettivi che io stesso mi sono candidato? E allora, quanto vale un seggio in parlamento, in qualsiasi parlamento, di fronte al fatto che siamo riusciti a “mettere in circolo” il virus benefico della libertà, della trasparenza, della coerenza – anche in politica, sì -, e a dire ciò che avevamo da dire e diremo ancora, a quelli “di destra” e a quelli “di sinistra”, ai “nemici” e agli “amici”, agli “alleati” e agli “avversari”?
“Quel fresco profumo di libertà”, noi, non lo abbiamo smarrito e anzi cercheremo di estenderne il desiderio a tutti quelli che lo vorranno.
E dunque, opzioni “tecniche” ma alquanto frettolose per un seggio in una circoscrizione; “dissociazioni” in pubblico su ciò che si condivide in privato; sguardi dei tuoi amici che si girano dall’altre parte mentre nel pieno della battaglia le tue immagini e il tuo nome vengono cancellati da foto, filmati e manifesti; accordi plurimi e sottobanco di chi non penseresti mai andrebbe proprio con quello o quell’altro; sono brutte cose, certo, ma fanno parte della grande “Commedia Umana”, figuriamoci se possa restarne immune proprio l’agone politico e la sua macelleria quotidiana…
Ma tutte assieme, queste cose, non saranno in grado di abbattere ciò che abbiamo appena cominciato a costruire e che crescerà sano e forte perché noi 38.000 che ne valiamo 200.000 sappiamo ragionare. Ve lo avevo detto. La mia ambizione era molto, molto più grande di una qualunque campagna elettorale: era, ed è, quella di riprenderci in mano questo nostro Paese, a cominciare da ciò che ognuno di noi sa far meglio. E poiché io faccio il giornalista, cosa che credo di saper far meglio, questo vi dovevo anche in termini di “libertà e trasparenza dell’informazione”.
Infine, ma non ultima, eccovi la prova che Dio esiste ed è grande. A Ceppaloni ho preso ben cinque voti di preferenza. Tra qualche giorno torno lì e ringrazio anche loro.
Scadenza
Commenti
Il virus benefico della libertà è la nostra “smodata” ambizione
Avrei preferito leggere altrove di Carlo Vulpio
Quello che non mi va però è che ora ci si divida anziché andare avanti. Troviamo il modo di essere costruttivi, sono troppe le emergenze che dobbiamo risolvere. Da parte mia, continuo ad appoggiare Carlo Vulpio e così credo tutti i 37000 italiani che lo hanno votato.
Vulpio: «Di Pietro, che fretta c’era di farmi fuori?»
Data articolo 11/06/2009
Fonte Il Giornale
Autori Felice Manti
«Che fretta c’era...» sorride amaro a caldo Carlo Vulpio. La sua esclusione eccellente dagli eletti Idv a Strasburgo brucia. Un’altra amarezza per il giornalista del Corriere della Sera «allontanato» per sua stessa ammissione dall’allora direttore di via Solferino, Paolo Mieli, dalle inchieste di Luigi De Magistris. L’ex pm a Strasburgo ci è andato alla grandissima, forte di oltre 380mila moti. Vulpio è rimasto vittima più che delle preferenze (37mila in 4 collegi) di un gioco di opzioni che ha portato all’elezione dell’ex Margherita Giommaria Uggias nella Circoscrizione Isole per la rinuncia di Sonia Alfano a rappresentare la «sua» circoscrizione. La figlia del giornalista ucciso dalla mafia siciliana ha scelto il Nord Est. «Una scelta tecnica - ha detto la Alfano - non politica in quanto voglio continuare a lavorare su tutto il territorio nazionale». Avesse scelto l’opzione Sicilia-Sardegna com’era forse più naturale, e non il Nord Est, Uggias (quinto dei votati) sarebbe rimasto a casa e Vulpio sarebbe andato in Europa. Il giornalista non parla, mentre Leoluca Orlando si gonfia il petto: «Siamo l’unico partito a mandare un sardo a Bruxelles, sarò in Sardegna a festeggiare con lui», ha detto il portavoce Idv. «Che fretta c’era - insiste Vulpio - perché confermare le opzioni a urne appena chiuse, quando ci sono 15 giorni di tempo per decidere». In effetti, la short list dei sette Idv è uscita in agenzia alle 17.38 minuti di martedì 9. Quando ancora le Corti d’appello non hanno neppure ricevuto le urne e iniziato il conteggio «reale» dei voti. Visto che in molti casi (nell’Idv come in altri partiti) la distanza tra eletti e non eletti è racchiusa in un pugno di voti e le sorprese sono dietro l’angolo.La «fretta» di chiudere i giochi a urne calde non è piaciuta soprattutto agli elettori dipietristi. I sito antoniodipietro.it, italiadeivalori.it e beppegrillo.it sono letteralmente invasi da commenti di proteste per l’esclusione di Vulpio. «Vergogna, è una bestemmia, vogliamo una spiegazione della sua esclusione - si legge -. L’Idv ha puntato parecchio sulla libertà di informazione, Vulpio ci ha messo la faccia in centinaia di incontri e manifestazioni in tutta Italia, ottiene 37mila voti in tutta Italia e si preferisce far passare Uggias con 17mila voti... se vi pare giusto. Estromesso dal Corriere e da Italia dei valori, la prossima volta scordatevi il mio voto». I nomi dei prescelti, tranne Vattimo e Arlacchi, suscitano più di un dubbio. «Prima la Rame e De Gregorio, ora Uggias e Iovine, uno che sembra il Binetti dell’Idv, altro che facce nuove e giovani. Far fuori Vulpio è un bizantinismo della peggiore Dc». E ancora: «Ha pagato di suo per tenere la schiena dritta ma resta fuori, Iovine forse fa un importante lavoro di retroguardia, tipo montare i tubi innocenti e l’amplificazione a Piazza Navona e a Piazza Farnese...». E infine: «Passano i burocrati, non Vulpio. Siete feccia come tutti gli altri partiti. Ho la sensazione che dia fastidio a qualcuno. I fatti probabilmente lo confermeranno nei prossimi mesi», scrive sarcastico un altro grillino. Mentre Stanco_Mavoglio si rivolge direttamente a Grillo, e sul sito del comico genovese e rincara la dose: «Beppe, mi piacerebbe sapere cos’hai contro Carlo Vulpio».In effetti, tranne l’estemporaneo endorsement all’ex Corriere di Grillo durante un incontro in Campania, Vulpio non ha mai goduto di buona «stampa» dipietrista, e ancora oggi sui siti il suo nome non compare. Né a lui né allo stesso Di Pietro sono andati giù certi attacchi all’establishment Idv al Sud e soprattutto - raccontano fonti interne al movimento dei grillini - Vulpio non è mai piaciuto al vero dominus dell’asse Grillo-Di Pietro: l’editore Gianroberto Casaleggio, ex amministratore delegato della controllata Telecom Webegg (venduta alla Value Partners per 43 milioni di euro) e a capo delle organizzazioni Meet-up, l’uomo dei blog di Grillo e Di Pietro, che nel 2004 convinse il comico a investire sulla Rete. Oggi la sua Casaleggio Associati è la spina dorsale del movimento, e il peso dell’editore nelle scelte politiche dei due Masanielli del web sarebbe sempre più forte. Forse tanto da decidere chi merita l’euroscranno e chi no.
giovedì 11 giugno 2009
I 7 Europarlamentari di Idv
dal blog di Antonio Di Pietro
9 Giugno 2009
Criminali in parlamento
I piduisti amici del boss mafioso Vittorio Mangano e di altri noti criminali ce l'hanno fatta. Tra ieri e oggi, nel silenzio complice di buona parte della stampa italiana, è stata abolita la libertà di parola. D'ora in poi, salvo ripensamenti del Senato, sarà impossibile raccontare sulla base di atti giudiziari i fatti e i misfatti delle classi dirigenti. Chi lo farà rischierà di finire in prigione da 6 mesi a tre anni, di essere sospeso dall'ordine dei giornalisti e, soprattutto, dal suo giornale, visto che gli editori andranno incontro a multe salatissime, fino a un massimo di 465.000 euro.Il plurimputato e pluriprescritto Silvio Berlusconi per raggiungere il risultato è stato costretto a ricorrere al voto di fiducia. Le nuove norme contenute nel disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche sono infatti talmente indecenti da risultare indigeste persino a un pezzo importante della sua maggioranza. Da una parte, s'interviene sul diritto-dovere d'informare con disposizioni grossolane e illiberali stabilendo, per esempio, che le lettere di rettifica vadano pubblicate integralmente (anche dai blog) senza possibilità di replica. Insomma, se un domani Tizio scriverà a un giornale per negare di essere stato arrestato, la sua missiva dovrà finire in pagina, in ogni caso e senza commenti, pur se inviata dal carcere di San Vittore. Dall'altra, per la gioia di delinquenti di ogni risma e colore, si rendono di fatto impossibili le intercettazioni. Gli ascolti saranno infatti autorizzati, con una procedura farraginosa e lentissima, solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Cioè quando ormai si è sicuri che l'intercettato è colpevole. E in ogni caso non potranno durare più di due mesi. Inoltre le microspie potranno essere piazzate solo nei luoghi in cui si è certi che vengano commessi dei reati: detto in altre parole, è finita l'epoca in cui le cimici nascoste nelle auto e nei salotti dei mafiosi ci raccontavano i rapporti tra Cosa Nostra e la politica.
Che Berlusconi e un parlamento formato da nominati e non da eletti dal popolo, in cui sono presenti 19 pregiudicati e una novantina tra indagati e miracolati dalla prescrizione e dall'amnistia, approvi sia pure tra qualche mal di pancia leggi del genere non sorprende. A sorprendere sono invece le reazioni (fin qui pressoché assenti) di quasi tutti i direttori dei quotidiani e dei comitati di redazione dei telegiornali (dai direttori dei tg, infatti, non ci si può aspettare più nulla). Quello che sta accadendo in parlamento dovrebbe essere la prima notizia del giorno. E invece a tenere banco è la visita di Gheddafi e le polemiche intorno alla sua figura di dittatore. Così a furia di parlare di Libia nessuno si accorge di come il vero suk sia ormai qui, a Roma, tra Montecitorio, Palazzo Madama e Palazzo Chigi. E di come, tra poco, nessuno potrà più raccontarlo.
“Idv punto di riferimento per tutta la sinistra”
Di Pietro spiega la non-elezione di Carlo Vulpio
Non volto le spalle a Carlo Vulpio
Leggo dal blog che molti sostenitori sono rimasti delusi dall’esclusione del giornalista Carlo Vulpio dal Parlamento europeo e chiedono spiegazioni. Sono semplici da dare.
La mancata elezione di Carlo non è dovuta a decisioni adottate dal partito, ma si spiega alla luce di motivi prettamente tecnici e correlati al meccanismo delle preferenze.Vulpio si è candidato in quattro circoscrizioni: Nord-Ovest, Nord-Est, Centro e Sud. Nelle ultime tre non poteva essere eletto perché altri candidati della lista dell’Idv hanno ottenuto più preferenze.
Apparentemente poteva essere eletto nel Nord-Ovest se Luigi de Magistris e Sonia Alfano avessero optato per l’elezione in un’altra circoscrizione. Purtroppo però il tecnicismo della legge elettorale ci mette di fronte ad una realtà diversa.
L’Italia dei Valori, come prevede l’articolo 12 della legge elettorale per le europee (24 gennaio 1979, n.18) si è apparentata prima delle elezioni con la lista valdostana Autonomie Libertè Democratie. L’apparentamento, meccanismo consentito dalla legge, prevede che, qualora la lista rappresentativa di minoranze linguistiche apparentata non riesca ad eleggere un suo deputato con almeno 50.000 preferenze, i voti ottenuti da questa lista vengano attribuiti a quella con cui si è apparentata.
Così i 27.086 voti ottenuti dalla lista valdostana nota anche come Alleanza Galletto sono stati attribuiti interamente all’Italia dei Valori nel conteggio dei voti offrendo un importante contributo all’elezione dei nostri eurodeputati, infatti senza apparentamento avremmo eletto un deputato in meno. L’apparentamento, così come previsto dalla legge, dispone inoltre che, se la lista rappresentativa di minoranze linguistiche non elegge alcun deputato autonomamente, i candidati di questa sono inseriti in un’unica graduatoria con i candidati della lista con cui è apparentata (art. 22 legge 24 gennaio 1979, n.18).
In parole semplici, ai fini dell’assegnazione dei due seggi spettanti all’Idv, nella circoscrizione Nord-Ovest è stata composta un’unica graduatoria tra candidati dell’Idv e quelli del Galletto. Eliminati me, de Magistris e Sonia Alfano, il primo degli eletti sarebbe stato Gianni Vattimo e il secondo Louvin Roberto con 9.028 preferenze, terzo Carlo Vulpio con 8.716. Dunque Carlo non sarebbe risultato eletto neppure se Sonia Alfano e de Magistris avessero optato per un’altra circoscrizione.
Non c’è stata e non ci poteva essere alcuna possibilità di eleggere Vulpio.
Detto ciò, a Carlo non volto le spalle, come ho detto anche ieri riferendomi a tutti i candidati del 6 e 7 giugno. Verrà coinvolto nel rinnovamento del partito e nelle istituzioni appena ve ne sarà occasione se vorrà continuare a sostenere un progetto che vedeva la sua candidatura come parte di un disegno molto più ampio. A Carlo ribadisco la mia stima e lo invito a non lasciarsi trarre in inganno da interviste di organi votati alla disinformazione sistematica e di cercare il dialogo con chi crede in lui, senza prestare il fianco a chi strumentalizza la sua delusione per denigrare i valori in cui lui stesso crede.
Anzi proprio oggi, prima di scrivere questo articolo, ho a lungo dialogato con Luigi de Magistris e altri dirigenti dell’Italia dei Valori sulla necessità di realizzare, al nostro interno, una nuova fonte di informazione, stampata e di broadcasting anche attraverso il web. E già questa rappresenta la prima occasione in cui il contributo di Carlo sarebbe determinante per il successo dell’iniziativa.
Graduatoria Preferenze Circoscrizione Nord Ovest:
de Magistris Luigi 85.771
Di Pietro Antonio 81.276
Alfano Sonia 27.891
Vattimo Gianni 14.853
Louvin Roberto (Galletto) 9.028
Vulpio Carlo 8.716
Fusco Marylin 8.093
Zipponi Maurizio 4.091Schltze Giorgio 4.193Bardi Gloria 2.863Rocchi Emanuela 2.677Muttillo Giovanni 2.246Beretta Ilaria 2.188Piredda Maruska 2.106Cusati Aniello 1.091Ferrante Luigi 1.515Vezza Lorella 1.485Bernacconi Massimo 608Farina Corrado 490Paladini Manuela 454
Il presidente Napolitano e i magistrati “protagonisti”
Mentre il presidente del Consiglio definisce «grumi eversivi» e «nemici politici» i giudici che han condannato il suo amico David Mills per essere stato corrotto da lui, impunito e impunibile per Lodo ricevuto; mentre racconta che suo padre, grande educatore, «mi diceva sempre: se vuoi far del male al prossimo devi fare il delinquente, o il pm, o il giornalista»; mentre impone alle Camere di abolire, senza discutere, le intercettazioni e la cronaca giudiziaria; mentre il procuratore di Napoli sottrae al pmtitolare, avoca a sé e stralcia le indagini sul sottosegretario Bertolaso per la truffa dei rifiuti «per non intralciare l’azione del governo»; mentre il procuratore di Verona che indaga sui nazisti viene pestato in strada dai nazisti; mentre partiti mandano al Parlamento europeo 4 pregiudicati e una decina di indagati, anche per mafia; mentre la Procura di Roma si arrampica sugli specchi per far archiviare il caso Berlusconi-Saccà e sequestrare per «violazione della privacy» le foto che ritraggono il premier con nani e ballerine aviotrasportati su aerei di Stato; mentre non si trova quasi più nessun pm che indaghi sui potenti o protesti contro le leggi che lo disarmano; mentre l’Anm non osa neanche pronunciare la parola «sciopero» e il Csm si dedica a cacciare anziché a difendere le poche toghe scomode superstiti; ecco, mentre accade tutto ciò, il capo dello Stato va al Csm e denuncia il «comportamento impropriamente protagonistico» di certi magistrati e gli «elementi di disordine e tensione che purtroppo si sono clamorosamente manifestati in talune procure». Magari.
Indignati e indagati
Dal blog di Beppe Grillo
Secondo il TG1, ieri in Commissione Affari Costituzionali del Senato è andato in scena un mio show. Le parole che ho detto avrebbero indignato il presidente Schifani. Cosa lo indigna di più, il fatto che quattro membri della camera che presiede siano stati raggiunti da altrettanti avvisi di garanzia per "concorso in corruzione aggravato dal favoreggiamento della mafia", o il fatto che 350.000 cittadini pretendano la discussione della legge per un Parlamento Pulito?
Parlamento Pulito in Commissione al Senato
Ieri alle ore 14.30 Beppe Grillo è stato ricevuto dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato per discutere della proposta di legge di iniziativa popolare "Parlamento Pulito" che giace al Senato da 18 mesi.
Testo dell'intervento: Quasi due anni dopo la raccolta delle firme per la legge di iniziativa popolare Parlamento Pulito ho l'onore di essere ricevuto e ascoltato come primo firmatario della proposta di legge. Due anni per parlare alla Commissione Affari Costituzionali. Una Commissione che valuterà le tre richieste: nessun condannato in Parlamento, limite di due legislature per ogni parlamentare, elezione nominale del candidato. Due anni di attesa per una legge firmata da 350.000 persone. E' uno scandalo che 350.000 cittadini italiani non siano stati neppure considerati per due anni. E' uno scandalo che in Parlamento siano presenti 20 condannati in via definitiva e prescritti come Berlusconi, D'Alema, Andreotti. E' uno schifo che 70 tra i nostri rappresentanti siano condannati in primo e secondo grado o indagati. Cuffaro e Dell'Utri sono senatori per meriti giudiziari, condannati in primo grado per relazioni mafiose. Questa Commissione, questo Parlamento, non hanno nulla a che fare con la democrazia. sei persone hanno deciso i nomi di chi doveva diventare deputato e senatore. Hanno scelto 993 amici, avvocati e scusate il termine, qualche zoccola, e li hanno eletti. Li hanno eletti loro, non i cittadini che non hanno potuto scegliere il loro rappresentante. Cari membri della Commissione, siete illegali, incostituzionali, anti democratici. Per rispetto a voi stessi e agli italiani dovreste dimettervi al più presto. Luigi De Magistris e Sonia Alfano sono due italiani per bene eletti da tanti cittadini per bene. Dovreste cominnciare a preoccuparvi di questi cittadini. De Magistris ha avuto 450.000 voti, il secondo in Italia, Alfano 165.000 voti, la prima donna in Italia. Chi si è recato alle urne ha potuto sceglierli. Perchè questo non deve essere possibile anche per il Parlamento italiano? I partiti hanno occupato la democrazia, è tempo che tolgano il disturbo. La politica non è un mestiere. Due legislature sono dieci anni. Un lungo periodo, più che sufficiente per servire il Paese, lo fu per De gasperi, poi si ritorna alla propria professione. Voi che mi ascoltate sapete molto bene che molti deputati e senatori hanno il doppio stipendio come Mavalà Ghedini che prende i soldi da deputato e da avvocato dello psiconano. I parlamentari percepiscono un lauto stipendio pagato con le nostre tasse per lavorare per noi in Parlamento, non per lavorare in nero.Oggi, mentre sono qui per chiedere la semplice attuazione della democrazia e il rispetto della Costituzione, oggi viene approvata in Parlamento una legge che limita le inttercetttazioni e mette il bavaglio all'informazione. Io farò disubbidienza civile. Il primo pensiero dello psiconano non è il Paese, ma sempre e solo non farsi beccare. Avete approvato il Lodo Alfano per evitare che Berlusconi finisse in galera e adesso volete limitare il diritto del cittadino di essere informato.La marea sta montando, lo psiconano può fare comizi ormai solo nelle piazze chiuse, in cui fa entrare, come a Firenze, come a Prato, solo la sua claque. Lo difendono la sua scorta e gli avvocati. Gli sono rimastti solo quelli insieme a uno stuolo di giornalisti definiti "servi" dalla stampa estera. Gli italiani non stanno più con lui e tanto meno con chi gli ha permesso come Violante e Fassino per quindici anni di superare ogni conflitto di interessi.Lì fuori c'è qualche milione di persone che vuole restaurare la democrazia. Non vi chede di dargli ascolto. Ve lo ordina. Vi ordina, perchè voi siete loro dipendenti, di portare la proposta di legge Parlamento Pulito al più presto in Senato e di farla discutere pubblicamente. In modo che ogni italiano tragga le sue conclusioni e sappia chi è contro la democrazia e chi no. E' una delle ultime occasioni che avete per salvarvi almeno la faccia. Io ho fiducia negli italiani. Sapranno cacciare, spero con metodi democratici, chi oggi occupa abusivamente le istituzioni e ci rende lo zimbello del mondo. Il tempo e gli eventi stanno precipitando. La disoccupazione è diventate un'epidemia. Mentre voi incassate il vostro stipendio per girarvi dall'altra parte operai e imprenditori si suicidano. Persino il Gran Consiglio seppe cacciare Mussolini per istinto di sopravvivenza. Ascoltate la voce del Paese finchè siete ancora in tempo."
Ecco perché mi vergogno del Capo dello Stato italiano
Dal sito di AntimafiaDuemila traggo questa ANSA:
De Magistris: ''Pm protagonisti? si facciano i nomi e cognomi''
Roma, 10 giugno 2009
Il neo-eletto all'Europarlamento ... ... Luigi De Magistris (Idv), ai microfoni di Radio Radio, prende posizione sul monito del presidente Napolitano. L'ex pm ha premesso che intanto occorre distinguere tra pm protagonisti "oggettivi" che lo diventano per aver contrastato il crimine come Falcone e Borsellino e protagonisti "soggettivi" che, invece, sono in cerca soltanto di una ribalta mediatica. "Non so - ha affermato De Magistris - perché Napolitano abbia sentito l'esigenza di parlare di protagonismo della magistratura in questo modo: si facciano nomi e cognomi di quei giudici che usano in modo improprio la loro funzione". Rincarando la dose, l'ex pm ha puntato il dito contro il Csm, a suo avviso "poco attento a quelle sacche di delittuosità, connivenza e collusione che ci sono all'interno della magistratura e che fino ad ora non sono state individuate con la stessa solerzia con la quale sono stati colpiti alcuni giudici come la dottoressa Forleo e i magistrati di Salerno".ANSA
mercoledì 10 giugno 2009
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No comment
Da sconfini.eu
Il 15 giugno sarò da Obama. E invece ci ritroviamo Gheddafi a Roma.
L'arrivo in Italia del dittatore sanguinario Gheddafi, osannato da tutti i politici romani, è davvero la rappresentazione della tragicomica condizione della diplomazia italiana. Ma facciamo un passo indietro. Visto l'aumentare dei mugugni degli italiani per la totale indifferenza di Obama verso Berlusconi e l'Italia, il 31 maggio il cavaliere se ne esce con una sparata divertentissima: "Mi recherò da Obama per discutere sulle nuove regole dell'economia e della finanza mondiale". Una barzelletta degna del libro di Totti.
Insomma, c'era l'invito di Barack. Berlusconi risponde all'appello dell'amico "abbronzato" e si dice pronto ad andare a trovarlo. C'è addirittura la data: il 15 giugno. Gli italioti beoti ingollano anche l'ennesima panzana e in cuor loro credono che Obama e Berlusconi si sentono e si stimano. Niente di più ridicolo. Sono molti i motivi per cui Obama prova disgusto per il premier italiano e sono il motivo per cui se ne inventa sempre una per non incontrarlo.
Il 15 giugno sta arrivando, la promessa di Berlusconi è l'ennesimo bluff. Ma chi ci ritroviamo con la sua tenda a Roma? Il sanguinario dittatore libico Gheddafi, osannato da una parte di popolo ammaestrato e accolto con eccessive carinerie nei palazzi della Repubblica.
Berlusconi si atteggia e si pavoneggia sul tappeto rosso come fosse un grande statista e Napolitano si sbilancia: "Da Gheddafi, parole di grande moderazione sull'Africa"Intanto il dittatore prende letteralmente per il culo tutti sfilando con al petto la foto di Omar Al Mukhtar, eroe nazionale libico che guidò la rivolta anti italiana tra il 1923 e il 1931. Il "leone del deserto", come era soprannominato, venne catturato dagli italiani e condannato a morte.
Insomma, dovevamo andare a trovare Obama. E invece ci ritroviamo Gheddafi nel centro di Roma con la sua tenda beduina, che ci prende in giro e dice di aver accettato l'invito perché "abbiamo chiesto scusa". Che triste parabola per la diplomazia italiana.
martedì 9 giugno 2009
Guardate chi è Sonia Alfano!
Mamma mia... Non vedo l'ora di vederla all'opera...
La cosa assurda è che accanto a lei e a De Magistris siederà Clemente Mastella... Meglio non pensarci...
Dal Blog di Grillo:
Sonia Alfano è stata eletta al Parlamento Europeo. La sua elezione è la prova provata che la rivoluzione della Rete è iniziata. Senza passaggi televisivi, senza che la stampa ne parlasse, Sonia ha raccolto oltre 150.000 preferenze. Ora dice di voler portare la mafia in Europa, esattamente come Mastella. Ma lei vuole eliminarla.
Sonia Alfano Europarlamentare
Grazie a tutti!
Grazie a Beppe Grillo, ai meetup, ad Antonio di Pietro, alla mia famiglia, al mio staff e a tutte quelle persone che hanno reso possibile questo straordinario risultato; tutti quelli che hanno volantinato e che hanno fatto campagna elettorale.
Vorrei dedicare questo risultato a tutte le persone morte per questo paese e a tutte le forze dell'ordine!!
Sonia Alfano
Grazie
di Luigi de Magistris - 9 giugno 2009
Abbiamo raggiunto un risultato storico. Utilizzo il plurale perché senza il sostegno della rete e della società civile oggi non sentirei spirare questo vento di cambiamento che invece si diffonde per il Paese. L’ho sentito e lo sento, questo vento di cambiamento, aleggiare nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro; tra la gente dei mercati e delle strade con cui ho parlato; tra gli studenti delle scuole e delle università con cui mi sono confrontato. Dal Nord al Sud il desiderio di un’altra Italia, trasparente e pulita, onesta e giusta, è cresciuto giorno dopo giorno. Come pianta nuova, i semi per questa nascita sono stati gettatti da ciascuno di voi. Siete stati la marea che mi ha trasportato in due mesi intensi, senza sosta, senza risparmio di energie ed entusiasmo. Qualcosa di insperato, che faccio fatica ancora adesso ad accettare come possibile, in queste ore in cui si concretizza un risultato elettorale straordinario. Di questo vi ringrazio e di questo mi faccio carico con l’impegno a continuare su questa strada su cui ci siamo incamminati. Dal Nord al Sud, in tutto il Paese, la forza del nostro sogno è infatti una ricchezza che non possiamo permetterci di disperdere, che non potete permettervi di disperdere. Il sogno di una Italia nuova comincia a farsi realtà già da oggi. Una realtà che abbiamo costruito insieme e che soprattutto costruiremo nel futuro. In una sola parola: GRAZIE.
Purtroppo non avremo Carlo Vulpio in UE, ma continuerà a lavorare per noi spero!
Oggetto: Elezioni, Carlo non ce l'ha fatta: da domani nulla cambia, si continua a divulgare informazione
Ringrazio tutti per l'impegno, sono molto contento di questa esperienza.
Purtroppo Carlo non ce l ha fatta, 250 voti ci hanno impedito di mandare in Europa, a mio parere, il giornalista più coraggioso d' Italia. Questo però non cambierà le cose: 50'000 elettori hanno affidato a lui una loro preferenza, e penso che gliele avrebbero date anche tutte e 3. Conoscendo Carlo Vulpio, posso essere certo di dire che non deluderà i suoi elettori, continuando a fare ancora meglio il suo lavoro, per cercare di liberare dalle catene invisibili questo dannato paese, fatto di vallette (Barbara Matera), politici professionisti (De Mita), indegni della patria (Borghezio), cantanti ( Iva Zanicchi), attacchini abusivi (Mastella), conduttrici televisive (Gardini). Queste persone andranno a rappresentarci a Bruxelles, come se Berlusconi presidente non fosse già abbastanza umiliante. (già immagino l' El Pais di domani).Questo mi motiva ancor più per impegnarmi a cambiare questo paese, partendo dalla mia città e dal mio circolo giovanile. Vi invito a fare lo stesso. Carlo non è rientrato, con ciò significa che la sua candidatura era giusta e soprattutto la più importante, dato che l' obbiettivo dei suoi avversari era proprio quello di non divulgare la sua vicenda, e di annientarlo politicamente. CI SONO RIUSCITI, ma adesso siamo DECISI, MOTIVATI E INCAZZATI. Un abbraccio a tutti, Dario,
Europee, intervista di Carlo Vulpio a Polisblog: "In corsa per legittima difesa"
E’ uno dei candidati di Di Pietro alle Europee di giugno. Un indipendente che scende nell’arena per “legittima difesa”. E così dopo la “triste” vicenda che lo ha visto protagonista, Carlo Vulpio sceglie la politica e corre con l’Idv per uno scranno all’Europarlamento. E’ candidato con Sonia Alfano, Luigi De Magistris e Antonio Di Pietro in tutte le circoscrizioni tranne quella insulare. Polisblog lo ha incontrato.
Dal Corriere della Sera a Strasburgo. Perchè si candida alle Europee?
“Per due ragioni. La prima, di “legittima difesa”, perché sono stato delegittimato, isolato e “precipitato” in un cono d’ombra: dopo che il mio giornale mi ha tolto senza un motivo valido le inchieste a cui stavo lavorando, il mondo della malapolitica, della malagiustizia e della malaeconomia aveva a disposizione un bersaglio facile da colpire. La seconda ragione è più politica e possiamo riassumerla così: il nostro Paese è a un bivio cruciale - o si rimette in piedi o non ri rialzerà più - e la parte di società civile ancora reattiva ha il dovere di non defilarsi. Poiché sono anch’io “società civile”, come cittadino e come giornalista, l’idea di una candidatura da indipendente al servizio dei valori di uguaglianza, legalità, libertà e laicità mi è piaciuta molto”.
Quanto la sua recente esperienza al Corriere (dove le è stato vietato di occuparsi delle toghe lucane) ha influito sulla sua scelta?
“Molto. Perché ormai non si trattava più di sostenere uno dei tanti contrasti realtivi alla pubblicazione di un servizio o di un’inchiesta. Si trattava di chinare il capo per tutti quei fatti, e sono quelli che fanno la differenza, all’incrocio tra politica, giustizia ed economia. Un incrocio molto pericoloso”.
Primi dati sui 72 eletti al Parlamento Europeo
http://europee2009.interno.it/europee/euro090607/elettiE.htm
alcuni tra i più noti
- da buoni ad ottimi: BORSELLINO RITA DETTA RITA (Pd), DE MAGISTRIS LUIGI (4 seggi di cui 3 da assegnare ad altri eletti di Idv), DI PIETRO ANTONIO (3 seggi da assegnare a Idv), SERRACCHIANI DEBORA (Pd);
- da mediocri a terribili: ALBERTINI GABRIELE (Pdl), ALLAM MAGDI CRISTIANO (Udc), BERLUSCONI SILVIO (5 seggi da assegnare al PDL), BORGHEZIO MARIO (Lega), BOSSI UMBERTO (3 seggi da assegnare alla Lega), COFFERATI SERGIO GAETANO (Pd), DE CASTRO PAOLO (Pd), DE MITA LUIGI CIRIACO (Udc), GARDINI ELISABETTA (Pdl), LA RUSSA IGNAZIO (Pdl), MASTELLA MARIO CLEMENTE (Pdl), SALVINI MATTEO (Lega).
Il commento di Moni Ovadia al risultato delle Europee
Da Micromega-online, 8 Giugno 2009
Travaglio: Cornuti, perdenti e contenti
In Passaparola di ieri 8 Giugno, Marco Travaglio commenta i risultati delle Elezioni europee.
Lettera del magistrato Marco Imperato alla Presidenza del Consiglio
Da 19 Luglio 1992, blog di Salvatore Borsellino
Gentile Presidente del Consiglio,
lei ha detto in più occasioni pubbliche, seppure con il tono goliardico di una boutade, che ritiene che fare il pubblico ministero (pm, i magistrati requirenti) consista nel fare del male. L'astio e la sfiducia che rivolge a questa specifica parte della magistratura (salvo attaccare anche i giudici che non la ritengono estraneo ai fatti che le vengono contestati...) mi fa pensare che la battuta sia sintomatica di un pensiero radicato realmente in Lei e che la sua posizione e popolarità diffonde o quanto meno insinua anche nell'opinione pubblica.
Questa sensazione mi viene confermata anche dal fatto che lei sempre più spesso si riferisce a questa parte della magistratura come gli "avvocati dell'accusa", rivelando così il suo punto di vista: il ruolo dei pm è quello di indagare, sono dei poliziotti con la toga il cui scopo è trovare i colpevoli e il cui unico successo è la condanna dell'imputato.
In altre parole, un duro giustiziere che distribuisce male a chi lo commette, ma che nel fare ciò incappa anche in errori e così passa sopra anche la pelle e la vita di sfortunati innocenti che diventerebbero le vere vittime del processo.
No, signor Presidente. Per fortuna non è così.
Non è così per il sottoscritto, che sognava da quando aveva 14anni di fare questo lavoro proiettando i sogni e gli ideali di un giovanissimo ingenuo.
Non è così per la grande maggioranza dei colleghi che incontro e conosco in giro per l'Italia.
Ma soprattutto non è così per la Costituzione.
Non sono pagato, come lei ha lasciato intendere, per torturare psicologicamente i poveri imputati che trascino fino in Cassazione.
Il mio lavoro è innanzitutto quello di cercare la verità (con la v minuscola, per carità).
Per questo ho deciso di non fare la professione bellissima e affascinante dell'avvocato: perchè mi volevo e mi voglio sentire sempre libero di poter cercare solo la verità.
Non mi interessa la pressione dell'opinione pubblica che vuole un capro espiatorio, non mi devo preoccupare della necessità di portare a termine delle operazioni da parte delle forze di polizia: il successo del mio lavoro è rappresentato solo dal raggiungimento della verità processuale, dalla ricostruzione in tempi ragionevoli e con il rispetto delle norme di quanto è successo, così che la vittima trovi risposta alla sua istanza di giustizia e di difesa e che l'indagato debba rispondere solo di ciò che ha colpevolmente commesso, avendo tutte le opportunità che la legge italiana garantisce per difendersi e spiegare la propria versione dei fatti.
Spesso è davvero difficile prendere delle scelte e sebbene le decisioni finali appartengano solo ai giudici, io stesso, sentendomi magistrato prima ancora che pm, cerco di assumermi il peso della decisione facendo così richieste oggettive e solide, e non ispirate solo da una logica accusatoria (cosa che dall'altra parte dell'aula di udienza il difensore non si potrebbe permettere di fare specularmente, dovendo innanzitutto difendere al meglio gli interessi e la posizione del proprio assistito).
Il giorno in cui ho giurato sulla Costituzione (unico vero faro del nostro lavoro) sapevo che essendo un essere umano e come tale limitato e fallibile nonostante le mie migliori intenzioni, avrei commesso degli errori: questo vale per tutte le professioni ma ero e sono consapevole che commettere un errore nel mio lavoro può comportare gravi sofferenze e conseguenze per la vita delle persone.
Mi assumo la responsabilità di quello che faccio e la mia funzione pubblica può e deve essere sempre di più soggetta alla valutazione di professionalità (come previsto in maniera ancora più pressante dalle recenti riforme) e soprattutto il sistema prevede che ci siano molti altri soggetti che intervengono a controllare il mio operato (avvocatura) e prendere decisioni (i colleghi giudicanti dei vari gradi).
Il fatto poi che debbano potersi impugnare anche le sentenze di assoluzioni in primo grado (cosa che lei ha di recente nuovamente contestato) deriva dall'ovvia osservazione che anche il giudice può sbagliare e quindi anche lui deve sottostare alle verifiche di appello e cassazione volte a limitare entro i limiti dell'umanamente possibile errori giudiziari (salvo pensare che i pm siano antropologicamente diversi, ma anche questo riesce difficile poichè sono selezionati insieme ai futuri colleghi giudicanti con un concorso molto selettivo e basato principalmente su prove scritte teoriche)
C'è poi un altro aspetto del mio lavoro che lei dimentica: la difesa delle vittime e delle loro istanze di giustizia e protezione.
Per me fare il pm vuole innanzitutto dire porre la mia professionalità al servizio del Paese per combattere le ingiustizie, difendere con la legge coloro che subiscono prepotenze e violenze: "la legalità è il potere dei senza potere", disse lo statista ceco Dubcek.
La donna che subisce violenze, il cittadino vittima di una rapina o di una truffa, il bambino abusato, l'imprenditore derubato da qualche furbetto, la famiglia straziata dal dramma della droga e quella orfana di un lavoratore morto in cantiere per il mancato rispetto della legge... sono queste le persone che affidano alla magistratura la loro speranza di giustizia, che non dovrebbe esaurirsi nella punizione del colpevole.
Il male non è l'obiettivo del mio lavoro... bensì il suo nemico, signor Presidente.
E non separare le carriere per restare parte di un unico ordine insieme ai miei colleghi giudici ha proprio il principale merito di ricordare a noi pm che siamo anzitutto dei magistrati, che siamo soggetti solo alla legge e il nostro unico obiettivo è la ricerca della verità nella lotta contro le ingiustizie.
Gli eccessi negativi di quei pm troppo votati solo all'accusa e che difettano di serenità e della capacità anche di cambiare idea in base alle emergenze probatorie sono figli proprio di un atteggiamento poliziesco di colui che si sta dimenticando la stella polare della Costituzione e rischia così di dimenticarsi che il grande potere che gli è dato è solo in vista dell'affermazione della legalità: sarebbe opportuno rifletterci profondamente quando si invoca la separazione delle carriere, che rischierebbe infatti solo di aggravare il problema che si dice all'opinione pubblica di voler risolvere.
Per queste ragioni continuo a credere che il mio lavoro sia tanto difficile e delicato quanto appassionante, consentendomi di guadagnarmi da vivere non dovendo pensare al mio tornaconto personale ma solo al servizio e nell'interesse della collettività e dell'affermazione della legalità.
Spero che quando i miei piccoli due maschietti saranno cresciuti fare il pm in Italia continui a significare questo.
Cordiali saluti,
Marco Imperato
magistrato (e pubblico ministero per ora...)
Se l’imperatore è nudo, la storia lo smaschererà
da Italia dall'Estero
Articolo di Mary Beard, docente di cultura greca e romana all’università di Cambridge, pubblicato mercoledì 3 giugno 2009
[The Times]
L’imperatore romano Tiberio era tanto famigerato per le sue scorribande sessuali quanto per i suoi sforzi per tenerle nascoste. Vi ricorda qualcuno?
Benito Mussolini, come è noto, si considerava un nuovo Augusto, una reincarnazione nel XX secolo del primo imperatore di Roma. Sessant’anni dopo (e quasi altrettanto a destra), Silvio Berlusconi sembra ricordare di più il figliastro e successore di Augusto, l’imperatore Tiberio, che governò il mondo romano dall’anno 14 d.C. fino a quando fu soffocato nel suo letto nel 37 d.C. dal Prefetto della Guardia Pretoriana (l’equivalente romano del capo dei servizi segreti).
Voci sui giochini sessuali con i suoi adolescenti prediletti sulle solitarie isole del Mediterraneo sono sicuramente ciò che il Presidente del Consiglio italiano e Tiberio hanno di più interessante in comune. Berlusconi ha scelto la Sardegna come ritiro ricreativo per la sua vecchiaia. Tiberio spese i suoi settant’anni per lo più sull’isola di Capri, nella sua cosiddetta Villa di Giove (una tenuta non troppo dissimile dalla Villa Certosa di Berlusconi, con le sue copiose meraviglie, che vanta una forte sicurezza e una piscina per talassoterapia, tra altri lussi).
Tiberio non doveva preoccuparsi di fotocamere ficcanaso. Ma racconti di ciò che l’imperatore stava facendo sulla sua isola si diffusero presto. Quando andava a fare un bagno, gruppi di ragazzini (i suoi “pesciolini”, come usava chiamarli) gli tenevano compagnia nell’acqua; erano stati educati ad inseguirlo e mordicchiare tra le sue gambe. In altre occasioni, l’anziano imperatore preferiva i piaceri del voyeurismo. Secondo il suo biografo romano Svetonio, “frotte di ragazze e ragazzini, radunati in ogni angolo del suo impero, facevano sesso in tre al suo cospetto, per eccitare i suoi appetiti in declino”. Più probabile, forse, delle voci poco plausibili sulle attività di Berlusconi?
Ma questi racconti sull’immoralità sessuale di Tiberio suggerivano che qualcosa di ancor più marcio era al centro del suo regime politico. Anche qui il paragone con Belusconi è sorprendente - e riposa su qualcosa di più significativo di ciò che quegli antichi o moderni “pesciolini” si dice abbiano fatto. Nell’Italia odierna c’è stata una conquista dei mezzi di comunicazione e una spaventosa repressione della libertà di stampa (nonostante gli sforzi eroici di quotidiani quali La Repubblica per scavare tra i segreti di Berlusconi, l’Italia non gode oggi di una libertà di stampa in alcun normale significato della parola “libertà”). L’Italia antica, sotto Tiberio, vide una simile limitazione della libertà degli storici.
Nell’anno 25 d.C., prima che Tiberio si fosse ritirato nella garconniere di Capri, un certo Cremuzio Cordo fu processato per un nuovo tipo di reato. Aveva scritto una storia in cui aveva lodato come “ultimi veri romani”, Bruto e Cassio, gli assassini di Giulio Cesare (il padre adottivo di Augusto e una delle icone del regime imperiale). In propria difesa, Cordo insistette che le parole sono diverse dalle azioni e che, comunque, molti scrittori precedenti avevano lodato Bruto e Cassio senza incorrere in alcuna pena. Infatti, sia Giulio Cesare sia Augusto, predecessore di Tiberio, avevano tollerato la libertà di parola nelle opere degli storici.
Tiberio non attaccò apertamente Cordo, ma seguì il processo nei suoi confronti e ne ascoltò la difesa, guardandolo severamente. Cordo colse il messaggio, se ne andò e si lasciò morire di fame. Anche i senatori, supini e sempre più disposti a fare il gioco sporco del regime repressivo, colsero il messaggio. Votarono che i libri di Cordo fossero dati alle fiamme. Esattamente allo stesso modo, l’elettorato italiano sembra essere preparato a sostenere Berlusconi (la sua popolarità è al momento l’invidia della maggior parte dei leader Occidentali, nonostante alcune gaffe imbarazzanti, le ragazze e il rimprovero pubblico della Regina).
In risposta ad un nuovo attacco di Berlusconi, Ezio Mauro, editore de La Repubblica, ha recentemente affermato: “Quando i potenti di turno non spiegano qualcosa, il giornalismo ha un lavoro da svolgere”. Cordo sarebbe stato d’accordo. A Roma, gli storici avevano un lavoro da fare, che Tiberio e i suoi seguaci cercarono di ridurre al silenzio.
Cordo non fu l’unico a soffrire. Uno dei peggiori aspetti del regno di Tiberio fu la crescente corruzione del sistema giudiziario. In Italia, Berlusconi è miracolosamente (e con l’aiuto di una legge sull’immunità) sfuggito ai processi, mentre suoi ex consulenti, come David Mills, sono stati condannati alla reclusione. Nella Roma di Tiberio, gli “informatori” (una versione privata, “for-profit”, della polizia segreta) fecero fortuna attraverso false accuse di tradimento contro gli innocenti. Anche qui ex consiglieri, colpevoli o innocenti, furono tra le vittime. Nel 31 d.C., Seiano, in precedenza braccio destro di Tibero, fu condannato dal Senato e strangolato a morte. Ne seguì una sanguinosa epurazione deli amici di Seiano.
Lo stesso Tiberio restò al sicuro - almeno finché il capo della Guardia Pretoriana, che aveva sostituito Seiano, decise che era ora di accelerare l’ascesa al trono imperiale dello squilibrato Caligola per mezzo di un cuscino opportunamente posizionato sulla faccia del vecchio imperatore.
Mussolini commise alcuni crimini terribili sotto lo stendardo del primo imperatore Augusto (l’ultimo, e forse il più evidente dei quali fu quello di aver raso al suolo gran parte della città medievale di Roma per riporare alla luce i resti degli originari monumenti augustei). L’immagine dell’imperatore Tiberio fa presagire un futuro anche più cupo per la politica italiana sotto Berlusconi.
Eppure alla fine, anche se è ormai troppo tardi per le vittime immediate, gli errori possono essere corretti, o almeno la situazione ribaltata. Quando Tacito - il più grande tra gli storici Romani - discusse il regno di Tibero, il suo eroe fu ovviamente Cremuzio Cordo. Cordo non era stato soltanto una tragica vittima del regno del terrore di Tiberio, ma anche un modello per tutti gli storici successivi, che erano determinati a raccontare la verità. Come spiega Tacito, alcune copie della storia di Cordo furono nascoste e sopravvissero alle fiamme; inoltre, come egli sostiene, “la persecuzione delle menti libere non fa che aumentarne l’influenza”.
Lo stesso potrebbe rivelarsi vero per l’imperatore Berlusoni e il suo Cordo, l’editore de La Repubblica.
lunedì 8 giugno 2009
De Magistris: Uniremo il Paese sul tema dei diritti e della Costituzione
8 giugno 2009
E’ il giorno della raccolta. Dopo una lunga e intensa campagna elettorale Luigi de Magistris, Sonia Alfano, Rita Borsellino, Rosario Crocetta ... e speriamo (mentre siamo in attesa dei risultati definitivi) altri uomini di valore che ANTIMAFIADuemila, per la prima volta, ha deciso di sostenere escono vincitori da una tornata elettorale che ha registrato una sconfitta per le aspettative del Popolo della Libertà e per il centrodestra in generale. E che ha visto, come unico vero grande vincitore, il partito dell’Italia dei Valori.
A tutti questi uomini e a queste donne, a cui abbiamo dato la nostra piena fiducia, vanno la nostra rinnovata stima qualunque sia il risultato.
A coloro che gli italiani onesti hanno scelto come propri rappresentanti al Parlamento Europeo, invece, i nostri più sentiti auguri di buon lavoro.
Non c’è dubbio il risultato è ottimo, straordinario ed è solo l’inizio. In queste settimane, in questi mesi abbiamo seminato tanto e i frutti li raccoglieremo più avanti. Noi vogliamo unire il Paese sul tema dei diritti, della Costituzione, della tutela dei più deboli, della lotta alla criminalità organizzata, della legge uguale per tutti, dei finanziamenti europei che devono seguire uno sviluppo economico compatibile con l’ambiente.
Io sono estremamente entusiasta di questa campagna elettorale. La quale dimostra che quando si vuole, anche con pochi mezzi, con poche persone, ma con grande entusiasmo si può dare una svolta epocale a questo Paese.
Possiamo parlare anche di un suo successo personale, perché dai primi pronostici pare che le preferenze per lei siano state tantissime. E l’elemento di novità è che state raggiunte soprattutto attraverso la rete.
Pare di sì. Io non ho i dati definitivi, ma una grossissima novità di queste elezioni e di questo risultato che riguarda la mia persona è dato da un grandissimo voto di opinione, da una straordinaria partecipazione della società civile a dimostrazione che la democrazia partecipativa è un elemento fondamentale della politica, da uno straordinario risultato della rete. Questa è una grandissima novità, internet, ma anche, non dimentichiamolo, la contaminazione sociale, gli incontri che ho avuto, i dibattiti con il pubblico, il percorrere il Paese dal nord al sud fuori dai salotti della propaganda di regime, tra la gente, ascoltando. Credo che questo sia un segnale di grande democrazia e un grande motivo di speranza per il futuro di questo Paese. Io penso che un’altra Italia è possibile ed ognuno si deve rendere conto che può essere protagonista di questo grandissimo percorso di cambiamento.
Nel corso della campagna elettorale lei ha parlato spesso di un nuovo modello morale e culturale che va posto in alternativa al berlusconismo e al sistema castale. Quali sono i prossimi passi che muoverà e muoverete in questo senso?
Non c’è dubbio, noi lavoreremo subito, già da oggi, perché dobbiamo costruire innanzitutto una classe dirigente su tutto il territorio nazionale che sia adeguata a raccogliere questa grandissima responsabilità che gli elettori ci affidano. Una distribuzione sul territorio. Ognuno può dare il suo contributo e questo è assolutamente indispensabile.
In Europa, poi, daremo subito dei segnali fondamentali sulla lotta alla criminalità mafiosa, chiedendo la verità sulle stragi, il corretto utilizzo dei fondi europei. Abbiamo le idee molto chiare, anche sul tema dell’informazione e su altro. Gli italiani possono stare tranquilli e chi ci ha votato può stare certo di avere messo il suo voto in cassaforte.
Rimaniamo sul tema delle stragi. Lei, già durante la campagna elettorale, ha dichiarato più volte che dall’Europa cercherà di fare luce sulle stragi del ’92 e ’93 e che il suo appoggio andrà ai magistrati che stanno conducendo delicate indagini sulla trattativa tra Cosa Nostra e pezzi dello Stato.
Non solo confermo quello che ho detto, ma confermo un dato che secondo me è fondamentale. Porterò al Parlamento Europeo il ricordo delle stragi di Capaci e di Via D’Amelio e di tutte le vittime di mafia e chiederò al Parlamento Europeo di aiutare i magistrati italiani a far luce sulle stragi di mafia, sui mandanti politici, sui mandanti occulti e su tutto ciò che di oscuro, torbido e criminale ruota attorno a queste stragi.
C’è un messaggio che vuole dare ai suoi elettori?
Sì io voglio chiedere a tutti di contribuire a questo percorso politico. Tutte le persone che hanno entusiasmo, che hanno passione civile, che hanno voglia devono essere consapevoli che possono dare il loro contributo e che io aspetto solamente loro notizie, il loro entusiasmo e le loro idee.
Grazie e buon lavoro.
Luigi De Magistris è Parlamentare europeo
a Catanzaro ha fatto balzare IDV al 18%, e questo è un risultato quasi commovente per il suo significato
Risultati Elezioni. Il commento di Marco Travaglio
Oggi credo sarà particolarmente intessante seguire Passaparola
Risultati. Primi commenti di Luigi De Magistris
Trovo sul blog di Alessio e pubblico subito. Sono proprio contenta dei risultati, a questo punto è assai probabile che Luigi De Magistris sia eletto al Parlamento Europeo e possa rappresentare un'Italia molto diversa da quella che sono abituati a sopportare i parlamentari europei.
domenica 7 giugno 2009
Risultati Europee
http://elezioni.interno.it/europee/euro090607/EI0000000000.htm
Anatomia di Berluscolandia
articolo di Miguel Mora
Decine di voli di stato e privati portano ogni fine settimana in Sardegna un esercito di bellezze che intrattengono il capo del governo italiano ed i suoi amici. Dopo le accuse della first lady e del "Noemigate", l'Italia rivela al mondo il suo clima di basso impero. Costerà caro a Berlusconi?
Anatomía de Berluscolandia
Giardini infiniti, laghi artificiali, organi sessuali all'aria, giochi lesbici, effetti speciali, pizza e gelato gratis... Una residenza geriatrica ricolma di corpi stupendi. Le fotografie censurate in Italia per iniziativa di Silvio Berlusconi mostrano la routine disinibita dellla villa sarda del capo del governo, nella Costa Smeralda della Sardegna.
Lunedí 1, giardini del palazzo presidenziale del Quirinale, festa della Repubblica: centinaia di personalità del regime salgono a salutare il premier, braccato dalle reazioni suscitate dalle notizie sulla sua amicizia con Noemi Letizia, una giovane di 18 anni. Un 70% di queste personalità si dirige a salutare Berlusconi con la figlia a bracetto, invece della moglie. Benvenuti in Berluscolandia, il paese in cui tutte le ragazzine vogliono diventare veline.
Visitiamo adesso Villa Certosa, la misteriosa residenza sarda del magnate milanese, che è anche premier e attuale presidente di turno del G-8, e lider eletto per alzata di mano del partito del Popolo per la Libertà. Da quando si è saputo che Noemi Letizia, la ragazza che chiama Berlusconi Papi, ha trascorso lo scorso capodanno nella villa con altre 30 veline, tutti gli italiani fantasticano con questo nome: Villa Certosa.
La tenuta è il sogno di ogni camorrista, specialmente se si trova in prigione: ulivi e palme, piscine ovunque, gelati e pizza gratis, laghi artificiali, un anfiteatro in cui suona e canta le sue canzoni napoletane l'indimenticabile Mariano Apicella, che ha pubblicato due cd con parole di Berlusconi.
Il mare turchino, la grande casa principale, le stanze segrete, il canale sotterraneo che comunica direttamente la villa con il mare - ispirato a un film di James Bond ?, il parco di sessanta ettari, i bungalow che il padrone di casa mette a disposizione delle sue ospiti (sempre piú numerose le ragazze che gli uomini, in un rapporto di 4 a 1), tutto ciò riformato e rinnovato nel 2006 al modico prezzo di 12 milioni di euro.
Una fonte di piena fiducia, inoltre, assicura che la villa nasconde un rifugio atomico nel sottosuolo e che le provviste vengono rinnovate ogni poco. E poi ci sono le veline, quelle bellezze che, può darsi, riusciranno forse a far conoscere questo strano periodo della storia con il nome di berlusconismo-velinismo.
La bellezza della parola velina è tanto suggestiva quanto la sua origine: la velina era la nota che veniva inviata ai giornali dall'ufficio censura del fascismo, e nella quale si indicava cosa si potesse scrivere e cosa no. Questo carattere di cosa fuori contesto è stato applicato, con il passare del tempo, alle assistenti della televisione che comparivano in zone estranee al loro compito di elemento decorativo, ad esempio vicino al tavolo in cui il giornalista legge le notizie. "Arriva la velina ". Fino ad oggi.
Anche se è sempre stato il segreto di Pulcinella, l'Italia è convissuta senza alcun ritegno morale con il fatto che Silvio Berlusconi abbia conosciuto, corteggiato, invitato, raccomandato, assunto, aiutato e promosso centinaia di veline lungo la sua carriera politica. L'elenco è troppo lungo ed anonimo per poter riprodurlo qui.
Durante una decade di visite, feste e gite, quasi tutte, e molte altre, saranno logicamente passate da Villa Certosa. I migliori corpi dell'Italia. I visi più innocenti e più belli. Aspiranti modelle, attrici, vedettes, majorettes, presentatrici. Ragazze giovanissime, dai 17 e 18 anni fino ai 28 o 29, non oltre: farfalle appena uscite dalla crisalide famigliare che sono entrate a far parte dell'harem dello sceicco. "Quando le accoglie al suo seno", rivela Concita de Gregorio, direttrice de L'Unità, "offre loro un gioiello a forma di farfalla, a modo di contratto o sigillo. È il segno del sultano"
La politica-spettacolo di Berlusconi, il suo atteggiamento personalista e plebiscitario, il fascino del magnate generoso e donnaiolo, hanno sedotto durante quindici anni le masse di telespettatori e votanti italiani con le sue battute, il suo stile maschilista, le sue gaffe, la sua ascensione sociale, i suoi trionfi elettorali, persino le vittorie e gli ingaggi delle sue squadre di calcio (questa settimana ha paralizzato fino a lunedí la comunicazione della vendita di Kaká pero no farsi scappare un solo voto).
Tutto ciò forma parte naturale del suo bagaglio a-politico ed a-culturale, del suo populismo aperto e mondano che, paradossalmente, si appoggia a sua volta in un non-programma non-politico, tradizionalista e cattolico, lontamente ispirato alla trinità "Dio, patria e famiglia". Ci sarebbe da aggiungere: "e veline".
Villa Certosa è il simbolo dello status del Cavaliere piú discreto, il suo rifugio non solo nucleare. È il suo tesoro, il suo segreto meglio mantenuto, il luogo in cui quest'uomo di quasi 73 anni, multimiliardario e prepotente, simpatico e mediatico, riceve le sue amiche ed i suoi amici, svolge consigli di ministri informali, chiude o prepara affari o imprese politiche, riceve i lider della destra mondiale, cura le sue crisalidi, siede le sue veline sulle ginocchia mentre la mano indaga sotto la maglietta e le passeggia nel carrello da golf lungo il parco, zona militarizzata e segreto di Stato (ma non troppo) dal 2006.
A giudicare dalle foto di Antonello Zappadu, Villa Certosa è anche il luogo in cui il magnate megalomane, il personaggio eccessivo, comico e mitomane, dimentica di essere un vecchio (e che dieci anni fa ha abbandonato la camera matrimoniale) e diventa di nuovo il macho, lo sceicco dell'harem, il Super-Silvio sempre abbronzato ed operato (anche della prostata), mentre l'Italia sussurra preoccupata che prende troppa viagra e che i dottori temono per il suo cuore.
Villa Certosa è anche il posto in cui la sua amica Noemi Letizia, 18 anni appena fatti, è stata invitata a trascorrere le vacanze di Capodanno con altre trenta colleghe ed una decina dei grandi uomini del berlusconismo, quasi tutti settantenni come lui: gerontocrazia e ragazze stupende.
Come affermaa il filosofo Paolo Flores d'Arcais, "bisogna chiedersi non che cosa succede o sia successa a Villa Certosa, ma che cosa sarebbe successa negli Stati Uniti se venisse a sapersi che Obama ha trascorso le vancanze natalizie con 30 vedettes di 18 anni e senza sua moglie; o in Germania se venisse scoperto che Angela Merkel trascorre le vacanze con 30 gigoló ben piantati".
Nel caso di queste giovani donne italiane si tratta di realizzare un sogno, di raggiungere la meta: conoscere Silvio e i suoi poderosi amici, lavorare alla televisione e forse arrivare anche in politica, il che nel paese della RAI e di Mediaset controllate dallo stesso uomo sono una sola cosa.
Molte di queste ragazze si sono limitate, tragicamente, a impersonare il modello dei loro genitori, il conformismo di questa disillusa generazione post-68 che è rimasta rimbambita davanti alla televisione negli anni ottanta e novanta, guardando come si dissolveva la Democrazia Cristiana, come si esiliava Bettino Craxi, come la, in altro tempo brillante sinistra italiana diventava, dopo la caduta del Muro di Berlino, una casta oligarchica, noiosa e lontana dai bisogni della gente.
Ad alcuni sembrerà ripugnante, ad altri pragmatica ed umana, questa idea del mondo e dell'ascesa sociale. Ma, esiste un modo migliore per trionfare nell'Italia della televisione che l'essere vicino, molto vicino, al grande padrone della televisione europea, forse mondiale?
Berlusconi, lo ha scritto Eugenio Scalfari, è il Re Sole. Come dice un politico sardo, "se ti avvicini al sole, il sole ti illumina e ti riscalda". E secondo quanto sostiene un altro maestro di giornalisti, perseguitato dalla destra, Giancarlo Santalmassi, "mezza Italia lavora per Berlusconi, l'altra metà lo desidera"
Visitare Villa Certosa assicura alle ragazze un posto vicino al sole, un telefono al quale chiamare, forse una raccomandazione dell'imperatore, un pollice in su, un casting al quale presentarsi di ritorno da Roma o da Milano, domenica notte o lunedì mattina, dopo le lunghe e divertenti notti, le chiacchere politiche di Silvio, le passeggiate per fare acquisti al centro commerciale di Porto Rotondo (paga Papi, fino a 1.500 euro per ragazza), i balli sfrenati, qualche striptease piú alcolico che pagato, il maschilismo nella sua indole peggiore.
Non è facile trovarsi fra le elette, arrivare alla categoria di vestale di Villa Certosa, insiste il politico sardo, che preferisce non identificarsi per motivi di sicurezza: "Chi va nella villa conta; chi dorme lì, conta molto, e chi ci passa le vacanze, è nel cuore del Cesare".
Il Cesare, che ha iniziato la sua carriera nell'edilizia, ha altre sette ville in Sardegna, un'altra ad Antigua, innumerevoli ville a Roma e a Milano; ma Villa Certosa è la misura di tutte le cose. Anche i ministri e le ministre del Gabinetto si dividono fra i molto assidui (come il silenzioso Gianni Letta) e gli occasionali, che sono andati solamente una volta o lo hanno fatto per partecipare a qualche consiglio di ministri (o di amministrazione) fuori stagione.
Fra le ministre, quella che ci è stata piú volte è Mara Carfagna, ministro delle Pari Opportunità, cui onora la sua fedeltà, poichè è stata l'unica ad osare difendere i suoi atti riguardo all'assurdità del Noemigate. Secondo lei, coloro che combattono e criticano Berlusconi lo fanno per invidia e senza ragione, dato che è una persona "buona".
Per le ragazze, la miglior forma di entrarci è captare l'occhio esperto del vecchio scapestrato. Come è accaduto a Noemi o alla stessa Carfagna e a decine di ragazze. Noemi, una dolce giovinetta cresciuta in ambienti prossimi alla Camorra napoletana, voleva diventare artista. E così dunque, si è fatta fare un libro di fotografie e lo ha inviato ad un'agenzia di Roma. Il giornalista di Canale 4 Emilio Fede, amico intimo di Berlusconi, lo ha preso, lo ha portato via con sé, e se lo è scordato, guarda caso, sul tavolo; il suo capo ha preso il telefono ed ha fatto il numero del cellulare della giovane. Le ha detto che aveva uno sguardo angelico e che doveva mantenersi così, pura.
Questo è successo a ottobre, ha rivelato Gino, l'operaio fidanzato a Naomi fino a quando è arrivato Papi, in una intervista concessa a La Repubblica. Poco dopo Noemi è stata vista in una festa della moda a Villa Madama, in un'altra del Milan. In entrambe le occasioni è stata fatta sedere al tavolo presidenziale. Secondo quanto raccontato sia da Berlusconi che dai suoi genitori, l'amicizia era di vecchia data; Gino ed una zia di Noemi lo hanno smentito.
Fatto sta che, a dicembre, Noemi si trovava già a Villa Certosa con la sua amica Roberta, una delle tre amiche insieme alle quali ha girato un video domestico, disponibile ormai su Youtube, nel quale si dichiarano fantastiche e irraggiungibili. Anche se, a pensarci bene, forse era prima, perchè la stessa Noemi ha dichiarato, quando ha iniziato ad essere famosa, che aveva visto spesso Papi, che lui non sempre poteva andare a Napoli, occupato com'era, e che i due cantavano assieme le canzoni di Apicella. Adesso la ragazza, in un ulteriore disperato tentativo di mettersi al riparo, ha dichiarato in un'intervista per la rivista Chi, proprietà di Berlusconi naturalmente, che è ancora vergine.
Un'altra forma di arrivare a Villa Certosa, di raggiungere il rango di farfalla e passare a far parte della collezione del grande entomologo, è conoscere gli amici del Sultano. Meglio ancora se sono imprenditori VIP della cerchia strettamente giudiziaria (il giudiziario unisce molto), Marcello dell'Utri, condannato a 9 anni in primo grado per complicitá con la mafia; il padrone della scuderia Renault e compagno di fatiche off shore Flavio Briatore (che ha raccomandato a Berlusconi l'avvocato britannico David Mills, creatore corrotto dell'impero Fininvest B), o il compiacente Fede Confalonieri, presidente di Mediaset.
È anche utile conoscere quei brillanti giornalisti della terza età, stelle fulgenti del firmamento televisivo filogovernativo, persone come Fede (autore del telegiornale più surrealista del continente), o come il sempre genuflesso Bruno Vespa, capace di intervistare il padrone dodici volte all'anno ed eludere sempre la domanda scomoda.
Tutti coloro conformano l'essenza del berlusconismo-velinismo, e in quanto tali frequentano da anni il padrone. Cercano sicurezza, amiconi, calma, relax e bei corpi per mitigare lo stress e l'estenuante esercizio della politica, la corruzione o il sempre faticoso (per le vertebre) giornalismo da camera.
Ci sono, chiaro è, vie intermedie, provveditori diversi, amanti dello sport del gineceo, mamme mezzane pronte a rinnovare gratis il corpo di magia del prestigiatore, ministri, viceministri e segretari di Stato pronti ad aggiungere novità alle serate, l'enorme cerchia fatta di figlie di amici, conoscenti, vassalli, impiegati, quella mancia di curve promettenti data al portinaio, la guardia del corpo, la cuoca, la cugina del carabinierie, l'aspirante modella che invia le sue fotografie via e-mail a Palazzo Chigi, insieme al numero del suo cellulare scritto con una grafia che imita il rossetto.
Tutta Italia sta al gioco, tutto il paese lo sa; il problema è che tutti lo raccontano, ma nessuno lo dice con il suo nome. Satrapi, imperatori, monarchi e commendatori hanno storicamente riempito di ragazzine i suoi salotti, ma adesso la gente ha paura, l'omertà è condizione indispensabile perchè l'ipocrisia non finisca, perchè l'informazione sia tenuta sotto il controllo diretto o indiretto dell'imperatore (pubblicità istituzionale, sovvenzioni pubbliche, promesse, crediti...), se qualcuno cerca di uscirne può rimetterci l'impiego, la Chiesa di Roma non deve saperlo (e per questo si accontenta solo di reclamare sobrietà), ed inoltre c'è la crisi e viviamo in un pase sotterraneo per definizione, questo meraviglioso belpaese che si è sempre dichiarato fiero della sua arte domestica di arrangiarsi improvvisando, "O Francia, o Spagna basta ch'as magna".
L'entrata delle veline televisive in politica, che si trova all'origine di questa crisi morale, era la conseguenza inevitabile della storia, del sistema. Forza Italia non è mai stato un partito, ma un gruppo di tifosi, di impiegati comandati da Dell'Utri che nel 1994 ha reclutato in fretta e furia tutte le segretarie di Publitalia per compilare in tempo le liste. Nemmeno il suo sucessore, il Popolo della Libertà, è un partito, ma un alluvione di consiglieri mediocri, gestori sommessi e bei visi senza tradizione, ideologia, basi. La televisione e la pubblicità come unica politica; e la politica si fa in televisione. Italia continua ad essere il paradiso della raccomandazione, chi non ha un amico è orfano, ed il grande capo si chiama Silvio. Silvio aggiustatutto.
Ascoltate l'ex professoressa di Noemi Letizia: "È molto logico, lui la aiuterà, a tutti conviene avere amici, un medico che ti scrive le ricette".
Il benefattore è Berlusconi; le scuole e le case sono pieni zeppi di belle Uranite, e il luogho in cui si mettono sotto tiro è Villa Certosa.
Elisa Alloro, una delle veline che sono state nella casa madre, ha pubblicato questa settimana un interessante libro intitolato Noi, le ragazze di Silvio. In esso rivela che anche lei e non solo lei, chiama Berlusconi Papi da molto prima che facesse la sua apparizione nella vita del Cavaliere la cenerentola Noemi.
"È una miniera di saggezza" scrive sul lider massimo la velina giornalista, 32 anni. Nata a Reggio Calabria, Alloro ha partecipato al corso di formazione politica di 25 giovani veline organizzato in vista delle elezioni europee dal PDL, con professori ilustri, fra gli altri il ministro degli Esteri, Franco Frattini, e il vicepresidente dell'Europarlamento, Mario Mauro, a richiesta del primo ministro.
Presentatrice, Alloro è stata prescelta dal Cavaliere insieme a, fra le altre, Eleonora Gaggioli, aspirante attrice; Camilla Ferranti, aspirante presentatrice, Angela Sozio, rossa di Grande Fratello fotografata da Zappadu nel 2007 sulle ginocchia del premier (insieme ad altre quattro), e Barbara Matera, partecipante del concorso Miss Italia della Puglia, amica del dottor Letta e finalmente (dopo l'"io accuso" di Verónica Lario) l'unica candidata velina fra le 25 precandidate.
La prima a chiamare Berlusconi Papi, rivela Alloro, è stata Renata, una velina brasiliana e milanista. Il soprannome si è espanso come un virus. "E adesso, molte ragazze si rivolgono a lui con questo nome; "è un'abitudine, forse il frutto di un accordo tacito, una specie di nome in codice nato, forse, dall'atavico timore ad essere intercettati (dagli ascolti telefonici)", dice a Il Corriere della Sera.
Il libro, di 100 pagine, è scritto sotto forma di lettera a Verónica Lario, rifiuta le accuse di "ciarpame" e difende il capo: "Ogni minuto passato con lui è come un dono divino". Il suo racconto narra che ha conosciuto Berlusconi nel 2004, mentre lavorava a Mediaset. Doveva intervistarlo sul ponte dello Stretto di Messina, ma in un batter d'occhio si è vista catapultata in Sardegna, "ad un pranzo di lavoro con professionisti dello staff presidenziale, io l'unica donna", scrive Il Corriere.
Sono partiti insieme dall'aeroporto romano di Ciampino, sede dei voli di Stato, a bordo dell'aereo presidenziale; durante il viaggio ha scoperto che Berlusconi sapeva tutto su di lei ("mi ha fatto vedere un voluminoso dossier"), e gli ha fatto un'offerta di lavoro che lei ha rifiutato. "Mi ha spiegato che stava organizzando una task force di 50 giovani giornaliste per stabilire un ufficio stampa ponte tra Roma e Bruxelles. Al tuo curriculo converrebbe enormemente, mi disse..."
Finito il pranzo, di nuovo in volo nell'aereo di stato verso San Siro, dove giocava il Milan. Scorta di auto ufficiali, sirene spiegate e poi di nuevo in viaggio aereo verso Ciampino. Dopo aver lasciato Mediaset, Elisa ha continuato a vedere Berlusconi: "Alcune volte mi ha invitato ad andare a Villa Certosa, assistere a cene con decine di invitati". Di Noemi ha un vago ricordo: "Ci hanno presentato fugacemente nel trascorso di una festa", racconta.
Ma impossibile dimenticare, scrive, le due gemelline montenegrine che hanno inscenato "un ballo pazzo e spropositato davanti agli occhi di un costernato primo ministro". E le altre apparizioni non annunciate, femminili e no, alla porta della sue stanze".
Questa è l'Italia, lo ha già detto la first lady Verónica Lario, molto meno indispettita che stanca, Lisistrata, patriota e rivoluzionaria, nel condannare il marciume del berlusconismo-velinismo: "Genitori pronti ad offrire al Drago le loro vestali", "ciarpame politico e maschilista senza pudore", un marito e premier che "frequenta minorenni e non sta bene". Impossibile dire di piú con meno parole.
Lo staff del Cavaliere è attento alle sue necessità. I giornalisti che seguono le mosse del premier raccontano che c'è una bella ragazza nella sua squadra stampa che viaggia con lui ovunque, anche se non sa fare un bel niente. La sua consulente d'immagine copre le debolezze alla meglio e cerca di fare in modo che il Cesare sembri onesto.
C'è un altro personaggio misterioso, una donna quarentenne, bruna, bella, vestita sempre con tailleur, che Zappadu ha fotografato molto spesso nell'aeroporto di Olbia. Si tratta di Sabina Began (SB), la preferita: i pettegoli romani la chiamano l'ape regina.
Il giorno della Liberazione d'Italia, il 25 aprile 2008, durante i festeggiamenti per la vittoria elettorale di Berlusconi, il presidente del Senato, Renato Schifani, Apicella ed altri gerarchi erano circondati da un mazzeto di ragazze sinuose: Don Silvio non aveva occhi che per SB, che si è fatta tatuare su una gamba "SB, l'incontro che mi ha cambiato la vita". Mentre la teneva sulle ginocchia e le canticchiava Malafemmena, Berlusconi ha detto: "Se ci fosse qui un fotografo questa foto varrebbe 100.000 euro".
Come affermato da Lario, la storia politica in gioco va molto più in là del caso Noemi; la povera Noemi è solo l'ultima vittima di questo Grande Fratello. Sará la casa, Villa Certosa, come nelle Mille e una notti, un bunker di lusso un po'volgare con giochi erotici o è Berluscolandia qualcosa di peggio e di più lussurioso?
Probabilemente, nessuna e le tre cose insieme, rispondono diverse fonti sarde e le fotografie di Zappadu, che ci introducono in questo sottomondo. Berluscolandia è bella, non si può non ammettere, anche se la natura sarda è molto piú agreste e meno fittizia che nelle cartoline dall'erba ben segata, quell'orto di erbe medicinali rotondo, quelle torri di imitazione. La prima cosa che sorprende è la smisuratezza.
Sessanta ettari di terreno sono molti. Soprattutto nella costa Smeralda. Ci stanno due spiagge private, tre laghi artificiali, mezza dozzina di piscine, l'anfiteatro in cui si rappresentano gli spettacoli di Apicella (il cantautore che scrive per Berlusconi), delle ballarine, e delle bailaoras (il pubblico del flamenco si chiede ancora chi sia e cosa faceva lì quell'intrusa).
Da una parte della tenuta c'è il Country, uno dei posti prediletti del premier, una discoteca con candele, tappeti orientali ed un riservato chiamato Harem. Non soffrano le anime candide. Nessuno delle migliaia di visitatori di Villa Certosa ha mai parlato di sesso. Lì non c'è sesso. Al massimo, gelato.
Beppe Severgnini, cronista di Il Corriere, lo ha spiegato in questo modo: "Villa Certosa sta adottando, nelle fantasie nazionali, una grandezza leggendaria. Gli amici del protagonista, cercando di minimizzare, contribuiscono ad arricchire la messinscena. Marcello Dell'Utri: "C'è una gelateria. Ti servono tutto il gelato che vuoi. Gratis. Se ci si pensa, è una trovata molto divertente". Flavio Briatore: "C'è il gioco del vulcano. Si parla del più e del meno e quando il gruppo si avvicina al lago, Berlusconi fa finta di preoccuparsi, dice che la Sardegna si trova in una zona volcanica. E in quel momento si sente un'esplosione incredibile, ci sono effetti speciali tipo fiamme...". Sandro Bondi, ministro della Cultura, cercando di spiegare la nudità di Topolanek, l'ex premier ceco: "Bah... D'altronde, pensate che la villa si trova a pochi metri dal mare. Un mare, come lei sicuramente sa, di una bellezza assoluta".
Dell'Utri non ha potuto negare che oltre a gelato e pizza, nella villa ci sono sempre tante giovinette bellissime che passeggiano, fanno il bagno, la doccia, si esibiscono. Il più difficile per Berlusconi non sarà giustificare queste fotografie, che ha già definito "inutili". Il vero problema sarebbe l'esistenza di altre più compromettenti. "Berlusconi sa che c'è una talpa a Villa Certosa. Qualcuno ha tradito dall'interno, ma non sa chi è", spiega Marco Mostallino, un giornalista locale. "Berlusconi crede che si trova probabilmente tra le guardie di sicurezza. Non per caso ha accusato sua moglie dal giornale di suo fratello di farsela con una sua guardia del corpo".
Villa Certosa è vigilata 24 ore su 24 da militari e carabinieri, come fosse una fortezza. Inoltre, ci sono guardie private ed altre che arrivano da tutte le parti. La storia della sicurezza nella Costa Smeralda è collegata al agá Jan, il primo promotore turistico della Sardegna, ed è iniziata con i vigilantes. "Jan ha assunto tutti gli uomini disponibili, e molti di loro avevano precedenti criminali", assicura Mostallino.
Alcuni anni dopo, Berlusconi è arrivato all'isola. "È arrivato con suo fratello Paolo intorno al 1981 o 1982", ricorda il politico sardo. "La sua idea era di costruire due millione di metri cubi sul mare, in un terreno di 200 ettari a sud di Olbia, tra Le Saline e Capo Cerasso. Per fare impressione, arrivava con due libri enormi che diceva contenevano la valutazione dell'impatto economico. Viaggiava con un seguito di architetti, ingegneri, consulenti fiscali, economisti. Fino all'approvazione del progetto sono passati dieci anni, ed è stato concesso solo un cuarto dell'estensione originale, e questo in montagna, lontano dal mare. Ma quando è stato approvato non aveva soldi. Era il 1993 e subito dopo è entrato in politica".
Silvio e Paolo hanno costruito la villa nei primi anni novanta. Con il tempo l'hanno trasformata pian piano in una casa degna di un film di James Bond. L'ironico Severgnini ha scritto sul Corriere della Sera che un giorno qualcuno scriverà la storia di Villa Certosa: "La cinica flessibilità italiana permetterebbe di raccontare molto, se non tutto. L'ultimo scoglio è la coerenza ufficiale. I politici, anche quelli che hanno meno pregiudizi, non sono ancora pronti ad ammettere quello che fanno, perchè hanno paura che qualcuno lo metta a confronto con ciò che dicono".