venerdì 18 dicembre 2009

Toghe lucane

Quando vedo che le firme di questo appello sono sempre le stesse mi domando: possibile che così pochi abbiano il coraggio di firmare, per cercare di spostare dei funzionari pubblici da posti che non meritano? Perché si pretende così poco dalla collettività? Se i cittadini onesti continuano a lasciar correre, le consegunze saranno tutte sulle loro spalle, sempre di più.

Sign for Toghe Indegne

giovedì 17 dicembre 2009

Solidarietà piena a Marco Travaglio, a Il Fatto, a Santoro e ad Annozero.

Travaglio da anni racconta, quasi da solo, notizie che dovrebbero stare sulle prime pagine di tutti i quotidiani italiani e vengono invece semplicemente taciute. Meno male che adesso c'è anche il Fatto, una boccata d'aria in un oceano di disinformazione. A Travaglio e al Fatto tutta la mia solidarietà e la mia gratitudine.

giovedì 3 dicembre 2009

Fuorionda in casa pd

Dopo il fuorionda di Gianfranco Fini che, al Premio Borsellino, elogia i ragazzi di “Ammazzatecitutti” e commenta le rivelazioni dei pentiti, il Fatto è entrato in possesso di una conversazione rubata ad alcuni dirigenti del Pd al Premio Maria Angiolillo. Massimo: “…e poi, diciamo, ci sono questi preti antimafia che ci accusano di trascurare la questione morale. Pensassero a dare le estreme unzioni come una volta, invece di impicciarsi di politica. Lo Stato è laico, diciamo”. Pierluigi: “Soccmel, sono poco riformisti, non dialogano. E poi sempre contro, sempre anti: mi sa che al nostro tavolo per il dialogo fra mafia e antimafia non ci vengono…”. Giorgio: “State buoni, se potete. E i giudici devono starsi zitti”. Massimo: “Sì, grazie nonno, adesso però lasciaci lavorare…”. Enrico: “Ora ci si mettono pure i ragazzi antimafia di ‘Ammazzatecitutti’…”. Massimo: “Li chiamerei Limortacciloro, diciamo. Sono i nipotini di Micromega, quelli che mi fecero saltare la Bicamerale. Ah i Latorre, i Velardi, i Rondolino: quelli erano ragazzi giudiziosi”. Pierluigi: “Non sono cattivi, ma soccmel, non dialogano, sono poco riformisti. Sempre lì a difendere la Forleo e De Magistris”. Massimo: “Possibile che i genitori non gl’insegnino a farsi i fatti loro e che la piazza è un brutto posto?”. Enrico: “Già fatichiamo a educare i nostri elettori al garantismo e al diritto a difendersi dai processi. E quelli ce li scatenano contro, così poi votano Di Pietro…”. Pierluigi: “Però pure tu, Enrico, soccmel. Chi te l’ha fatto fare di dire quelle cose al Corriere? Non l’hai ancora capito che i panni sporchi si lavano al Quirinale, non sul giornale?”. Enrico: “Lascia perdere, me l’ha già detto lo zio Gianni: stava andando tutto così bene, ci eravamo accordati per salvare Silvio dai processi, poi tu e Violante andate a vantarvene in piazza”. Luciano: “Già, e mica son fesso: se non andavo a dire a Ballarò che per salvare la democrazia bisogna salvare Berlusconi, il merito se lo prendeva qualcun altro. Invece l’idea è mia, il pacco a Natale spetta a me…”. Giorgio: “State buoni, se potete. E i giudici devono starsi zitti”. Massimo: “Ok, nonnetto, ora lasciaci lavorare. Ma li hai sentiti, quei facinorosi? Dicono che nessun politico è eterno. Ma parlassero per sé: io sono qui da quando avevo i calzoni corti e qua resto per i prossimi cent’anni”. Pierluigi: “Solo se Silvio resiste, soccmel! Metti che salti e arrivi Fini: e chi ci vota più senza la paura dell’uomo nero? Manco col fucile puntato alla nuca ci rivotano”. Luciano: “Mica son fesso: apposta ho proposto di immunizzare le alte cariche. Manca pure che si dimetta Silvio e ci lasci qua con le pezze al culo”. Pierluigi: “Figurati che i nostri rimpiangono persino Prodi, solo perché ha battuto Berlusconi due volte su due, soccmel”. Massimo: “Bella forza: intanto lui sta a casa e noi che abbiamo sempre perso siamo sempre qui, freschi come rose”. Enrico: “Ma come si fa con Spatuzza e Ciancimino? Parlano e i giudici li lasciano parlare…”. Massimo: “Dai retta a chi sta qua dai tempi dell’asilo. Basta fare come me quando mi han beccato al telefono con Consorte: ho lasciato il Pd a Walter per due anni in prestito d’uso, e quando la gente s’è dimenticata tutto me lo sono ripreso. Andreotti faceva così e s’è sempre trovato bene”. Enrico: “Ma si parla di trattative Stato-mafia durante le stragi”. Massimo: “Trattative, che paroloni. Si dice ‘dialogo’: vedi che suona subito meglio? A proposito: devo lasciarvi, mi vedo con Cuffaro per dialogare con l’Udc”. Giorgio: “Ecco, ragazzi, dialogo. E i giudici devono starsi zitti”. Enrico: “Veramente non osano più nemmeno respirare”. Massimo: “Fa niente. Zitti e muti a prescindere. E zitti pure voi: se no gli elettori capiscono che non siamo come Fini, che dice in privato quel che dice in pubblico. Poi vengono a cercarci a casa e ci tocca iscriverci al Popolo della Libertà”.

mercoledì 18 novembre 2009

domenica 4 ottobre 2009

Anche questa volta mi trovo d'accordo con Di Pietro

E' vero che il governo può riproporre la stessa legge al Presidente e la seconda volta questi è obbligato a firmare, ma il veto ha un'altissima valenza simbolica nei confronti del Paese e dell'opinione pubblica.

dal blog di Antonio Di Pietro

3 Ottobre 2009
Firma che ti passa

“Nella Costituzione c'è scritto che il presidente promulga le leggi. Se non firmo oggi il Parlamento vota un'altra volta la stessa legge ed è scritto che a quel punto io sono obbligato a firmare. Se mi dite non firmare, non significa niente" queste sono le parole di un Presidente della Repubblica che in questa legislatura ha firmato di tutto e lo ha fatto spesso entro le 24 ore. Non è vero che “non firmare” non significa nulla, i gesti della prima carica dello Stato hanno una forte valenza per la democrazia e per l’immagine delle istituzioni. Se questo è il pensiero di chi la rappresenta oggi, mi domando allora cosa ci stia a fare Giorgio Napolitano dov’è. Se questa è la considerazione delle funzioni spettanti al suo ruolo, se firma perché “tanto poi dovrà firmare”, allora lasciamo promulgare le leggi al Parlamento e smettiamola con le pantomime. Il Capo dello Stato non avrebbe dovuto firmare l’amnistia fiscale, né tanto meno negarne la gravità prima di farlo. Questa porcata non andava promulgata, e se fosse stata ripresentata invariata, un Presidente della Repubblica, firmando, avrebbe dovuto spiegare alla nazione che l’arroganza del governo, e di una certa opposizione, privava delle sue prerogative anche la Presidenza della Repubblica.Il 2 ottobre il governo Berlusconi IV, con il voto di fiducia, avrebbe potuto togliere le tende e tornare a casa riportando il Paese alle urne. Per soli 20 voti l’Italia ha perso questo importante treno su cui viaggiava, oltre al proprio futuro, ed è stato approvato lo scudo fiscale. Venti voti di deputati del Pd e dell’Udc, e, con rabbia devo riconoscere, anche di un deputato Idv. Gli italiani sono stati fregati da 32 escort ‘da Parlamento’ che si sono svendute a questa vergogna. In quest’indimenticabile 2 ottobre ci sono stati 24 assenti del Pd, 7 dell’Udc ed uno dell’Idv, qualche ora prima, molte delle stesse facce avevano già boicottato il voto sulla mozione di costituzionalità dello scudo stesso. Non accetto lezioni sul rispetto delle istituzioni dai tanti doppiopetto che dicono di fare opposizione in Parlamento ma che al momento opportuno, quello del voto, ritirano la mano e l’unica a cosa che sanno fare è denigrare ed inveire contro chi l’opposizione, quella dei fatti, la conduce senza sosta dentro e fuori il Parlamento: l’Italia dei valori. Le lezioni impartite dal Pdl, Fini incluso, quelle sono il canto delle sirene di Ulisse, non bisogna ascoltarle, ma chi si traveste da salvatore della patria, manifestando in Piazza del Popolo per difendere la democrazia a parole, salvo poi assassinarla nei fatti in un’aula del Parlamento, non merita la stima dei giusti bensì l’ira degli onesti
Nasce il MOVIMENTO 5 STELLE: oggi ore 15 diretta streaming dal blog

Ieri ho partecipato alla manifestazione in Piazza del Popolo a Roma di cui ho trasmesso la diretta streaming dal mio blog e dal sito dell’Italia dei Valori. Un’imponente ed importante manifestazione che testimonia che il Paese c’è ancora e che aspetta un segnale per tornare a sperare, segnale che Italia dei Valori sta dando e darà ogni giorno più forte.
Oggi ci sarà un’altra manifestazione importante, che sta passando nel silenzio di regime, che non ha avuto trenta giorni di prime pagine di la Repubblica ma che son certo sarà seguita da migliaia di cittadini: la presentazione del Movimento a 5 Stelle di Beppe Grillo allo Smeraldo di Milano. Anche di questo evento trasmetterò la diretta streaming oggi alle 15:00 dal mio blog, ed anche di questo importante fatto politico spero che domani l’informazione, che è scesa in piazza per urlare la propria libertà ed indipendenza dal potere, dia il dovuto spazio nei propri servizi lunedì, altrimenti in Piazza del Popolo ieri si è celebrata la festa di una delle tante lobby dell’informazione. Auguri Beppe.

domenica 13 settembre 2009

L'unica cosa da fare per cambiare l'Italia

dal blog di Antonio Di Pietro, un commento sulle ultime dichiarazioni di Berlusconi, Schifani e Bossi sui PM antimafia

11 Settembre 2009
Un copione gia' visto
Cosa sta accadendo sulla vicenda delle stragi degli anni '90?
Perche' il Presidente del Consiglio e' così preoccupato per la riapertura dei fascicoli delle procure di Palermo, Milano e Firenze?
Forse conosce già gli esiti a cui porterebbero nuove indagini e, forse, sa quello che Spatuzza e Ciancimino hanno da dire.
E’ consapevole che le loro dichiarazioni sarebbero la combinazione di una cassaforte al cui interno si troverebbe il volto di quei mandanti di cui si è sempre parlato.
Io ritengo che la riapertura dei fascicoli delle stragi degli anni ‘90 stiano seguendo il copione tipico delle vicende di mafia con implicazioni politiche.
La storia d’Italia questo copione lo conosce e, i signori Spatuzza e Ciancimino sono metaforicamente nei panni dei nuovi Buscetta che, ai tempi, con le loro rivelazioni, aprirono nuovi scenari.
Ma qui mancano ancora i mandanti che sono sul punto di essere smascherati.
Mandanti ignoti ma che fanno così paura al Presidente del Consiglio da spingerlo a dire: “Con queste nuove indagini si buttano i soldi dei contribuenti”. Così paura da far intervenire il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, a far da paciere con l’Anm e da far sostenere al Presidente del Senato, Renato Schifani: “Mi piace di più quando la magistratura si occupa del contrasto diretto e senza quartiere alla mafia”, senza cercare i mandanti politici, aggiungo io.
Coloro che hanno dato una chiara interpretazione dei fatti sono il giornalista Lirio Abbate, ieri a ‘Linea Notte’ di RaiTre, in un’intervista che riporto in questo articolo, e Umberto Bossi quando afferma: "C'è la mafia dietro gli attacchi al governo". E’ vero, signor Bossi, c’è la mafia in gattabuia che si è rivoltata contro i suoi mandanti a piede libero.
Se la giustizia fosse riformata, così come la propone la nostra alternativa di governo, probabilmente questi mandanti avrebbero già un volto e l’Italia sarebbe un Paese diverso.
L’Italia dei Valori sta già guardando al dopo Berlusconi, ad un’alternativa credibile di governo che possa dar vita ad una terza Repubblica, che possa far piazza pulita delle solite facce che ammorbano la politica da mezzo secolo ed oltre.
Riporto di seguito gli obiettivi dell’Italia dei Valori in tema di Giustizia, venti proposte serie ed efficaci che questo governo equiparerebbe a scorie radioattive da cui tenersi ben lontani per sopravvivere:

  • Semplificare il processo civile prevedendo ampie possibilità conciliatorie e ampliamento dei poteri d’ufficio del Giudice, con l’obiettivo di completare ogni singolo grado di giudizio nell’arco di un anno.
  • Prevedere la figura del giudice monocratico per i processi civili di appello
  • Eliminare nel settore civile ed in quello penale le norme che introducono inutili formalismi che rendono sempre più lontana nel tempo la decisione.
  • Prevedere filtri per i ricorsi in Cassazione
  • Individuare pene certe e processi penali più rapidi con possibilità di applicazione della pena dopo il secondo grado di giudizio
  • Stabilire la sospensione della prescrizione dei reati dopo il rinvio a giudizio

La mafia parla, lo Stato tace

Importante articolo di Marco Travaglio, pubblicato il 20 Luglio su L'Unità (Ora d'aria)

Ora che ne parla persino Totò Riina (a Bolzoni e Viviano, su la Repubblica di ieri), forse è il caso che anche i rappresentanti dello Stato dicano qualcosa sulle stragi del 1992-’93 e sulle trattative retrostanti. Dal 1996 sappiamo da Giovanni Brusca, poi confermato dagli interessati e da Massimo Ciancimino, che due ufficiali del Ros dei Carabinieri, il colonnello Mario Mori e il capitano Giuseppe De Donno, dopo la strage di Capaci andarono a “trattare” con Vito Ciancimino e, tramite lui, con i capi di Cosa Nostra: lo stesso Riina e Bernardo Provenzano. Sappiamo che Borsellino, dopo la morte dell’amico Giovanni Falcone, ingaggiò una forsennata lotta contro il tempo per individuare i mandanti di Capaci, e mentre interrogava uno dei primi pentiti, Gasparre Mutolo, fu convocato d’urgenza al Viminale dove si era appena insediato il ministro Nicola Mancino, poi tornò da Mutolo letteralmente sconvolto. Pochi giorno dopo, saltò in aria anche lui in via D’Amelio. Dopodichè la trattativa del Ros con Ciancimino e i corleonesi proseguì, tant’è che i secondi fecero pervenire ai due ufficiali un “papello” con le richieste della mafia per interrompere le stragi.Ora, dal racconto di Ciancimino jr., apprendiamo che suo padre ricevette tre lettere di Provenzano indirizzate a Silvio Berlusconi: una all’inizio del 1992, prima delle stragi; una nel dicembre ‘92, dopo Capaci e via d’Amelio e prima delle bombe di Roma (via Fauro, contro Costanzo), Firenze, Milano e Roma (basiliche); una nel 1994, dopo la discesa in campo del Cavaliere, non a caso chiamato “onorevole”.Nell’ultima lo Zu’ Binnu prometteva all’attuale presidente del Consiglio, che aveva appena fondato Forza Italia e vinto le elezioni, un sostanzioso “appoggio politico” in cambio della disponibilità di una delle sue reti tv, guardacaso protagoniste nei mesi successivi di feroci campagne contro i magistrati antimafia e in difesa di imputati eccellenti nei processi su mafia e politica. Sappiamo infine che nei momenti topici delle stragi si agitavano misteriosi soggetti dei servizi segreti, tra i quali uno col volto mostruosamente sfregiato. Ci stanno lavorando le Procure di Palermo e Caltanissetta, accerchiate dal silenzio tombale della politica e delle istituzioni. Eppure i protagonisti e comprimari di quella stagione dalla parte dello Stato sono vivi e vegeti, anzi han fatto carriera. Mancino, indicato da Brusca e Massimo Ciancimino come al corrente della trattativa, nega di aver mai visto o riconosciuto Borsellino nel fatidico incontro al Viminale, ed è vicepresidente del Csm. Mori - imputato di favoreggiamento mafioso per la mancata cattura di Provenzano nel 1996 dopo essere stato assolto con motivazioni severe dall’accusa di aver favorito la mafia non perquisendo il covo di Riina dopo la sua cattura - è stato a lungo comandante del Sisde e ora è consulente per la sicurezza del sindaco Alemanno. Gli ex procuratori di Palermo, Grasso e Pignatone, che nel 2005 trovarono a casa Ciancimino l’ultima lettera di Provenzano a Berlusconi e non ne fecero un bel nulla, sono rispettivamente procuratore nazionale antimafia e procuratore di Reggio Calabria. Ci raccontano qualcosa, per favore?

Il piduista ed i magistrati che indagano sulle stragi

Articolo di Luigi de Magistris pubblicato l'8 Settembre su l'Unità

Il Presidente del Consiglio, il piduista Berlusconi, ha affermato, con toni minacciosi ed inaccettabili per uno Stato di diritto, che vi sono magistrati di talune Procure della Repubblica che indagano sulle stragi di mafia cospirando e congiurando ai suoi danni. Le Istituzioni - quelle non ancora corrose dal crimine organizzato - e la parte sana della società civile non possono accettare intimidazioni di questo genere.
Attendiamo con speranza - sin dalle stragi di Capaci e di via D´Amelio - che venga scoperta tutta la verità sugli omicidi Falcone e Borsellino; vogliamo sapere perché la mafia ramificò la strategia della tensione militare piazzando bombe a Roma, Firenze e Milano; aspettiamo di sapere se pezzi deviati delle Istituzioni - che ancora operano nel Paese in continuità con una P2 mai morta ed anzi sempre più forte - trattarono con Cosa Nostra; vogliamo capire se esiste un rapporto tra la fine della strategia militare della mafia e la discesa in politica, da vincenti, di Dell`Utri, Berlusconi e della stessa nascita del partito di Forza Italia; chiediamo a gran voce di individuare coloro i quali hanno sottratto l´agenda rossa di Paolo Borsellino; intendiamo sapere chi ha favorito in questi anni l´istituzionalizzazione della mafia con il consolidamento della sua penetrazione nell´economia e nello Stato. Ed allora veniamo al punto: perchè Berlusconi minaccia i magistrati che stanno investigando svolgendo indagini difficili e pericolose? Ha in mente, forse, di creare le condizioni per isolare servitori dello Stato e magari per favorire l´intervento di menti istituzionali raffinatissime? Invia messaggi a qualcuno? Non so che cosa accadrà nel futuro - sulla mia pelle ho visto realizzarsi melmosi intrecci istituzionali mai visti e sentiti e forse nemmeno immaginati - ma so per certo che vigileremo in tantissimi affinchè non sia esercitata nessuna interferenza illecita che ostacoli il lavoro dei magistrati e delle forze dell´ordine e impedisca agli italiani di conoscere la verità, fosse pure una verità terribile e inquietante, forse la verità che ci farà capire perchè un ampio manipolo di golpisti con il grembiulino intende sovvertire le Istituzioni Repubblicane.

venerdì 4 settembre 2009

Agenda rossa: nuova manifestazione il 26 settembre 2009 a Roma

Agenda rossa, il fratello di Borsellino scende in piazza
Articolo di Benny Calasanzio (l'AnteFatto, 3 settembre 2009)
«Tremate tremate, le agende rosse sono tornate». Si alza forte il brusio del popolo del web, che pian piano risponde massicciamente all’appello «Resistenza». Dopo quella del 19 luglio in via D’Amelio, un’altra manifestazione con al centro l’agenda rossa «rubata» di Paolo Borsellino è già in cantiere. A darne notizia è Salvatore, fratello del giudice, che da anni si scaglia contro le istituzioni coinvolte nella trattativa stato-mafia che portò alla morte dell’unico ostacolo alla patto: quello stesso Paolo Borsellino che scrisse sulla sua seconda agenda, quella grigia, di aver incontrato Mancino il primo luglio del 1992, il giorno del suo insediamento come ministro dell’Interno e 18 giorni prima di morire.
«Lì a mio fratello venne proposta la trattativa con i boss e lui l’avrà rifiutata in maniera schifata. Oltre a Mancino, che continua a negare dando implicitamente del bugiardo a mio fratello, c’era anche Bruno Contrada, che poco prima il pentito interrogato da Paolo, Gaspare Mutolo, aveva additato come colluso con cosa nostra» ha detto Salvatore Borsellino.
Già il 19 luglio scorso, nel budello d’asfalto in cui era stato ucciso nel 1992 il procuratore aggiunto di Palermo assieme agli agenti di scorta Loi, Catalano, Li Muli, Cosina e Traina, l’ingegnere che vive ad Arese ormai da 40 anni era riuscito tramite il web e i social network a richiamare centinaia di persone da tutta Italia per una tre giorni all’insegna non delle lacrime, bensì della «rabbia costruttiva».
Manifestazione, quella del 19 luglio, disertata quasi completamente dalla gente di Palermo, boicottata ormai ufficialmente dalle grandi associazioni antimafia e soprattutto dai media, se si esclude Enrica Maio del Gr Rai e Silvia Resta di La7. Ora Borsellino torna a suonare la carica: il 26 settembre sarà la volta della capitale. Alle 14 il corteo si riunirà in piazza della Repubblica (Esedra) e da lì il corteo concluderà il suo corso in piazza Barberini. La marcia sarebbe dovuta passare dapprima davanti la sede del Consiglio Superiore della Magistratura, per ossimoro ubicata in Piazza Indipendenza, e poi al Quirinale, la sede della presidenza della Repubblica; a causa del protocollo sulla sicurezza che vige sulle manifestazioni romane, al Quirinale si potrà recare solo una delegazione di una cinquantina di persone. «Questa manifestazione è la continuazione ideale di quella che abbiamo fatto il 20 luglio davanti al palazzo di Giustizia di Palermo in sostegno di quei magistrati che, a rischio della propria vita, stanno combattendo per arrivare alla Verità sulle stragi del 92 e del 93. Non dobbiamo dare tregua agli assassini ed ai loro complici. Mobilitiamoci tutti, ognuno di noi si impegni a far venire quante altre persone può, in una catena che non deve avere fine. Adesso hanno paura e si stanno muovendo, cominciano a muovere le loro pedine, Rutelli, Violante, il Pg di Caltanissetta Barcellona; noi dobbiamo agire più rapidamente di loro, impedire che fermino Sergio Lari, Antonio Ingroia, Nino Di Matteo. Non lasciamoli soli, impediamo che chiudano la bocca a Massimo Ciancimino, che si muova il CSM, facciamogli capire che dovranno passare sui nostri corpi, che dopo 17 anni non ci lasceremo strappare ancora una volta la verità. Il 19 luglio in via d'Amelio abbiamo fatto scoccare la scintilla, ora è necessario l'incendio» ha spiegato il fratello del giudice che terrà aggiornati i partecipanti tramite il suo sito, http://www.19luglio1992.com/.

sabato 29 agosto 2009

Liberà di Stampa: L'APPELLO DEI TRE GIURISTI. Firmate!

Invito a firmare, sul sito di Repubblica, l'appello dei giuristi Franco Cordero, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, qui di seguito riportato:

L’attacco a "Repubblica", di cui la citazione in giudizio per diffamazione è solo l’ultimo episodio, è interpretabile soltanto come un tentativo di ridurre al silenzio la libera stampa, di anestetizzare l’opinione pubblica, di isolarci dalla circolazione internazionale delle informazioni, in definitiva di fare del nostro Paese un’eccezione della democrazia. Le domande poste al Presidente del Consiglio sono domande vere, che hanno suscitato interesse non solo in Italia ma nella stampa di tutto il mondo. Se le si considera "retoriche", perché suggerirebbero risposte non gradite a colui al quale sono rivolte, c’è un solo, facile, modo per smontarle: non tacitare chi le fa, ma rispondere. Invece, si batte la strada dell’intimidazione di chi esercita il diritto-dovere di "cercare, ricevere e diffondere con qualsiasi mezzo di espressione, senza considerazioni di frontiere, le informazioni e le idee", come vuole la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, approvata dal consesso delle Nazioni quando era vivo il ricordo della degenerazione dell’informazione in propaganda, sotto i regimi illiberali e antidemocratici del secolo scorso.Stupisce e preoccupa che queste iniziative non siano non solo stigmatizzate concordemente, ma nemmeno riferite, dagli organi d’informazione e che vi siano giuristi disposti a dare loro forma giuridica, senza considerare il danno che ne viene alla stessa serietà e credibilità del diritto.

venerdì 24 luglio 2009

Una bellissima notizia

Luigi de Magistris è stato eletto presidente della Commissione Bilancio europea. E' un primo grande successo di questa Italia diversa che ha voluto (e potuto, grazie a Luigi De Magistris, Beppe Grillo, ecc...) finalmente emergere!


mercoledì 15 luglio 2009

Mai avrei pensato di fare, un giorno, una cosa del genere...

Ho appena richiesto la tessera del PD. Terribile, perché: 1) ho mai avuto tessere di partito; 2) attualmente questo è un partito terribile. L'ho fatto perché è l'unico modo per poter sostenere formalmente la candidatura di Beppe Grillo a segretario e lanciare così un messaggio a questo partito che dovrebbe essere (e attualmente non è) il punto di riferimento per chi si considera laico e di sinistra.
Invito chi mi legge a fare altrettanto. Sul blog di Beppe Grillo tutte le istruzioni necessarie.

giovedì 2 luglio 2009

La mosca tze-tze

Articolo di oggi tratto dalla nuova rubrica quotidiana di Marco Travaglio su Micromega-online, 'La mosca tze-tze'.
Tutti coloro che - non tesserati - speravano di votare Debora Serracchiani o Benny Calasanzio come nuovo segretario del PD, sperando di riportare in vita questa parte del parlamento italiano, rimarranno ancora una volta delusi.
Pd, Partito decrepiti
Postato in Articoli il 1 luglio, 2009
di Marco Travaglio*
Debora Serracchiani non si candida a leader del Pd. Ha capito che l’avrebbero massacrata, come accade a chiunque non sia un boss di apparato, non stia in Parlamento da almeno trent’anni e piaccia almeno un pochino agli elettori (guardate come hanno ridotto Sergio Cofferati). Ma, siccome ha deciso di non sparire dalla circolazione e ha osato financo rilasciare un’intervista a Curzio Maltese su Repubblica contro D’Alema e il suo prestanome Bersani, la massacrano lo stesso. Il presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, il fratello di Montalbano, la prende in giro per aver detto che Franceschini “è il più simpatico”: “Se questo è il criterio, peccato che siano morti Totò e Tina Pica. Erano molto simpatici e sarebbero stati un ticket straordinario”.
Si fa vivo persino Marco Follini, già segretario dei giovani Dc dal 1977 all’80; membro della Direzione nazionale Dc dal 1980 all’86; consigliere di amministrazione della Rai dal 1986 al ‘93; membro della Direzione nazionale del Ccd dal ‘94; segretario dell’Udc dal 2001 al 2005; vicepremier del governo Berlusconi-2 nel 2004; dopo aver votato tutte le leggi vergogna di Berlusconi, nel 2007 è passato al centrosinistra ed è deputato da quattro legislature.
Bene, questo campione del nuovo che avanza, anzi del vecchio che è avanzato, fa lo spiritoso: “Ho letto una densa e pensosa intervista di Deborah Serracchiani che annuncia che voterà Franceschini ‘perché’ è più simpatico. Ora finalmente so a cosa serve il rinnovamento: a sbaragliare gli antipatici”. Anche un altro giovine virgulto come Barbara Pollastrini, che nel ‘68 era maoista con Servire il Popolo, poi 40 anni fa entrò nel Pci, poi fu consigliere comunale a Milano, poi deputata dal 1992 (siamo alla sesta legislatura) e due volte ministro, ce l’ha con la Serracchiani: “Potrei rispondere che preferisco Bersani perché sa cantare…’. Ma per favore, non scherziamo! Cerchiamo di rispettarci di più e di saperci ascoltare”. Poteva mancare l’illuminato parere del pregiudicato Enzo Carra? No che non poteva, e infatti ecco l’ex portavoce di Forlani, deputato da tre legislature e condannato in Cassazione per false dichiarazioni al pool Mani Pulite sulla maxitangente Enimont: “La ‘promessa’ Debora Serracchiani ha rivelato di stare dalla parte di Franceschini ‘perché è il più simpatico’. Un buon motivo, non c’è dubbio.
Ma basta per la leadership di un grande partito? Nel mondo di Debora il leader è biondo, bello, di gentile aspetto. E la colonna sonora è dell’orchestra Casadei: ‘Tu sei la mia simpatia’…”. Roberto Giachetti, ex radicale, poi margherito, ora pidino, celebre per aver invitato Giuliano Ferrara come libero docente alla scuola quadri del Pd, in Parlamento da tre legislature, esprime solidarietà al povero D’Alema, minacciato dalla terribile Debora: “Sento la necessità di esprimere pubblicamente, attraverso il blog, tutta la mia stima nei confronti di Massimo D’Alema anche in ragione del contributo sincero che ha dato alla costruzione del Pd”.
Naturalmente la Serracchiani non ha detto di aver scelto Franceschini solo per la simpatia, ma soprattutto perché lo ritiene il più “bravo, innovativo, coraggioso” fra i candidati su piazza (che sono due), mentre “dall’altra parte c’è D’Alema” e “l’apparato”. Poi ha parlato di “laicità, questione morale, conflitto d’interessi, riforma del Welfare” e soprattutto di “difendere le primarie da chi vorrebbe abolirle”, per “aprire il partito al rinnovamento” e “chiamare gente nuova”. E’ comprensibile che le muffe di cui sopra, al solo sentire parole come “primarie”, “questione morale”, “rinnovamento” e “gente nuova”, mettano mano alla fondina. Presto per dire se Debora abbia scelto l’amico giusto, Franceschini. Ma una cosa è certa: i nemici se li sa scegliere benissimo.

domenica 21 giugno 2009

Referendum elettorale

Sarei per votare sì al quesito n.3, ma sono andata a vedere l’art. n.19 del DPR 361 del '57 aggiornato e, togliendo le parole “nella stessa”, come recita il quesito referendario, la frase non ha più alcun senso!!!
qualcuno mi può aiutare a capire?!?
ps. che il quorum non c'è lo vedo, ma è comunque utile capire di che si tratta
pps. ovviamente astenersi o votare no per i quesiti 1 e 2, pena favorire i 2 peggiori partiti che abbiamo in Italia (PDL e PD)
ppps. l'astensione è una pratica che trovo detestabile, per quanto troppo spesso utile; per combattere l'astensionismo e quindi garantire la giusta dignità all'istituto del referendum, basterebbe abolire il quorum, così sarebbe rispettata la volontà di tutti coloro che si informano ma, nel contempo, non intendono rinunciare ad esercitare il proprio diritto-dovere di voto.

lunedì 15 giugno 2009

Processo d'Appello Dell'Utri

Non sapevo o non ricordavo che il senatore Marcello Dell'Utri è addirittura stato condannato a 9 anni di carcere!!!! (in primo grado e ora anche in appello, per concorso esterno in associazione mafiosa, questo sì che me lo ricordavo...).


Dal blog di Antonio Di Pietro, post di oggi:
Ho voluto avviare l'iniziativa "Li seguiamo per te" per poter informare e tenere aggiornati i cittadini riguardo a tutti quei processi sui quali altrimenti sarebbe calata la spessa cortina del silenzio mediatico. Ho iniziato con il processo al governatore della Campania, Antonio Bassolino, al quale si sono aggiunti quello al corrotto David Mills e al suo - in assenza di lodo - corruttore Silvio Berlusconi. Ora ne aggiungo un terzo: il processo d'appello a Marcello Dell'Utri ripreso il 15 maggio 2009. Quello a Dell'Utri e' un processo capace di spiegare, se non ha gia' spiegato con la condanna in primo grado, larga parte della genesi di Forza Italia, oggi Pdl, e dell'ascesa nel panorama nazionale di un corruttore oggi Presidente del Consiglio.
Processi come questi non ne vedremo più: la legge sulle intercettazioni ed il bavaglio all’informazione, che questa legge comporta, hanno messo la parola fine alla possibilità di risalire a qualsiasi reato, se non per circostanze fortuite. I media non ne parlavano già prima, ora avranno persino un buon motivo per continuare a non farlo. In aula a Palermo venerdì scorso, durante la seconda udienza d’appello, tolti i giudici, c’erano solo tre cittadini in aula, uno di questi era il nostro inviato. Da oggi con questo video qualche migliaia di cittadini in più verrà a conoscenza di questo processo, che già entro l’estate potrebbe portare ad una sentenza definitiva.
Riporto di seguito il testo del video e la parte finale della sentenza a carico del senatore Marcello Dell’Utri così come la si legge nelle 1771 pagine di documenti ufficiali del processo di primo grado risalente all’11 dicembre 2004. Una condanna che lascia ben pochi dubbi sulla gravità dei reati di cui quest’uomo è accusato e della complicità prestata, oltre che della consapevolezza riguardo ai fatti, da parte dell’ambiente che lo circondava.
[da pagina 1761 secondo capoverso]
Gli elementi probatori emersi dall’indagine dibattimentale espletata
hanno consentito di fare luce:
sulla posizione assunta da Marcello Dell’Utri nei confronti di esponenti
di “cosa nostra”, sui contatti diretti e personali con alcuni di essi (Bontate,
Teresi, oltre a Mangano e Cinà),
sul ruolo ricoperto dallo stesso
nell’attività di costante mediazione, con il coordinamento di Cinà Gaetano,
tra quel sodalizio criminoso, il più pericoloso e sanguinario nel panorama
delle organizzazioni criminali operanti al mondo, e gli ambienti
imprenditoriali e finanziari milanesi con particolare riguardo al gruppo
FININVEST;
sulla funzione di “garanzia” svolta nei confronti di Silvio Berlusconi, il
quale temeva che i suoi familiari fossero oggetto di sequestri di persona,
adoperandosi per l’assunzione di Vittorio Mangano presso la villa di
Arcore dello stesso Berlusconi, quale “responsabile” (o “fattore” o
“soprastante” che dir si voglia) e non come mero “stalliere”, pur
conoscendo lo spessore delinquenziale dello stesso Mangano sin dai tempi
di Palermo (ed, anzi, proprio per tale sua “qualità”), ottenendo l’avallo
compiaciuto di Stefano Bontate e Teresi Girolamo, all’epoca due degli
“uomini d’onore” più importanti di “cosa nostra” a Palermo;
sugli ulteriori rapporti dell’imputato con “cosa nostra”, favoriti, in alcuni
casi, dalla fattiva opera di intermediazione di Cinà Gaetano, protrattisi per
circa un trentennio nel corso del quale Marcello Dell’Utri ha continuato
l’amichevole relazione sia con il Cinà che con il Mangano, nel frattempo
assurto alla guida dell’importante mandamento palermitano di Porta
Nuova, palesando allo stesso una disponibilità non meramente fittizia,
incontrandolo ripetutamente nel corso del tempo, consentendo, anche
grazie a Cinà, che “cosa nostra” percepisse lauti guadagni a titolo estorsivo
dall’azienda milanese facente capo a Silvio Berlusconi, intervenendo nei
momenti di crisi tra l’organizzazione mafiosa ed il gruppo FININVEST
(come nella vicenda relativa agli attentati ai magazzini della Standa di
Catania e dintorni), chiedendo al Mangano ed ottenendo favori dallo stesso
(come nella “vicenda Garraffa”) e promettendo appoggio in campo politico
e giudiziario.
Queste condotte sono rimaste pienamente ed inconfutabilmente provate
da fatti, episodi, testimonianze, intercettazioni telefoniche ed ambientali di
conversazioni tra lo stesso Dell’Utri e Silvio Berlusconi, Vittorio
Mangano, Gaetano Cinà ed anche da dichiarazioni di collaboratori di
giustizia; la pluralità dell’attività posta in essere, per la rilevanza causale
espressa, ha costituito un concreto, volontario, consapevole, specifico e
prezioso contributo al mantenimento, consolidamento e rafforzamento di
“cosa nostra” alla quale è stata, tra l’altro, offerta l’opportunità, sempre con
la mediazione di Marcello Dell’Utri, di entrare in contatto con importanti
ambienti dell’economia e della finanza, così agevolandola nel
perseguimento dei suoi fini illeciti, sia meramente economici che, lato
sensu, politici.
Non c’è dubbio alcuno, alla luce delle considerazioni che precedono e di
tutto quanto oggetto di analisi nei singoli capitoli ai quali si rinvia, che le
condotte tenute dai prevenuti si sussumono nelle fattispecie previste e
sanzionate dagli artt. 416 e 416 bis c.p. delle quali ricorrono tutti gli
elementi costitutivi.
Ma ricorrono, anche, le contestate aggravanti di cui ai commi 4° e 6°
dell’art. 416 bis c.p.
Ed invero, la sussistenza di tali aggravanti va ritenuta qualora il reato de
quo sia contestato agli appartenenti ad una “famiglia” aderente a “cosa
nostra” od al concorrente esterno, in quanto l’esperienza storica e
giudiziaria consentono di ritenere il carattere armato di detta
organizzazione criminale (Cass. 14.12.99, D’Ambrogio, CP 01,845) e la
sua prerogativa di operare nel campo economico utilizzando ed investendo
i profitti di delitti che tipicamente pone in essere in esecuzione del divisato
programma criminoso (Cass. 28.1.00, Oliveti, CED 215908, CP 01, 844).
TRATTAMENTO SANZIONATORIO
Per quanto attiene alla determinazione della pena, tenuti presenti i
parametri ed i criteri direttivi di cui all’art. 133 c.p., le condotte di Gaetano
Cinà, consapevoli e reiterate nel tempo, devono essere sanzionate con una
pena che il Collegio ritiene congruo quantificare in anni sette di reclusione,
in considerazione della continuità del suo apporto a “cosa nostra”, alla
quale è stato organico nei termini sopra evidenziati, dell’importante
risultato, economico e non, conseguito dall’organizzazione, grazie alla sua
costante disponibilità, consistita nel coltivare il suo rapporto di amicizia
con Marcello Dell’Utri anche in una dimensione illecita e funzionale alle
richieste ed esigenze degli uomini d’onore della “famiglia” di riferimento e
dei capi del sodalizio.
(pena così determinata:, anni sei, mesi sei di reclusione per il reato di cui
all’art. 416 bis c.p. aggravato, aumentata di mesi sei di reclusione ex art. 81
c.p.
Per quanto attiene a Marcello Dell’Utri, la pena deve essere ancora più
severa e deve essere determinata in anni nove di reclusione, dovendosi
negativamente apprezzare la circostanza che l’imputato ha voluto
mantenere vivo per circa trent’anni il suo rapporto con l’organizzazione
mafiosa (sopravvissuto anche alle stragi del 1992 e 1993, quando i
tradizionali referenti, non più affidabili, venivano raggiunti dalla
“vendetta” di “cosa nostra”) e ciò nonostante il mutare della coscienza
sociale di fronte al fenomeno mafioso nel suo complesso e pur avendo, a
motivo delle sue condizioni personali, sociali, culturali ed economiche,
tutte le possibilità concrete per distaccarsene e per rifiutare ogni
qualsivoglia richiesta da parte dei soggetti intranei o vicini a “cosa nostra”.
Si ricordi, sotto questo profilo, anche l’indubitabile vantaggio di essersi
allontanato dalla Sicilia fin dagli anni giovanili e di avere impiantato
altrove tutta la sua attività professionale.
Ancora, deve essere negativamente apprezzata la già sottolineata
importanza del suo consapevole contributo a “cosa nostra”, reiteratamente
prestato con diverse modalità, a seconda delle esigenze del momento ed in
relazione ai singoli episodi esaminati nei precedenti capitoli.
Inoltre, il Collegio ritiene assai grave la condotta tenuta dall’imputato nel
corso del processo, avuto riguardo al tentativo di inquinamento delle prove
a suo carico, così come risulta dimostrato dalla disamina della vicenda
“Cirfeta-Chiofalo”, come pure la circostanza che egli, contando sulla sua
amicizia con Vittorio Mangano, gli abbia chiesto favori in relazione alla
sua attività imprenditoriale, come emerge dall’analisi della vicenda
“Garraffa”.
Infine, si connota negativamente la sua disponibilità verso
l’organizzazione mafiosa attinente al campo della politica, in un periodo
storico in cui “cosa nostra” aveva dimostrato la sua efferatezza criminale
attraverso la commissione di stragi gravissime, espressioni di un disegno
eversivo contro lo Stato, e, inoltre, quando la sua figura di uomo pubblico
e le responsabilità connesse agli incarichi istituzionali assunti, avrebbero
dovuto imporgli ancora maggiore accortezza e rigore morale, inducendolo
ad evitare ogni contaminazione con quell’ambiente mafioso le cui
dinamiche egli conosceva assai bene per tutta la storia pregressa legata
all’esercizio delle sue attività manageriali di alto livello.
(pena così determinata: anni otto e mesi sei di reclusione per il reato
aggravato di cui all’art. 416 bis c.p., elevata di mesi sei di reclusione per
art. 81 c.p.).
I due imputati vanno condannati, altresì, al pagamento in solido delle
spese processuali ed il Cinà Gaetano anche a quelle del suo
mantenimento in carcere durante la custodia cautelare, nonchè entrambi
vanno dichiarati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici ed in stato di
interdizione legale durante l’esecuzione della pena.
Alla condanna consegue per legge e, in ogni caso, anche in relazione
all’intrinseca pericolosità desunta dalle considerazioni che precedono,
l’applicazione a ciascuno degli imputati della misura di sicurezza della
libertà vigilata per la durata di anni due (tenuta presente la gravità dei reati
contestati), da eseguirsi dopo che la pena è stata scontata o è altrimenti
estinta.
Infine, entrambi gli imputati vanno condannati in solido:
al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, in favore delle
costituite parti civili, Provincia Regionale di Palermo e Comune di
Palermo, rigettando le richieste di pagamento di provvisionali
immediatamente esecutive;
al pagamento delle spese processuali sostenute dalle medesime parti
civili che si liquidano in complessivi euro ventimila per il Comune di
Palermo ed euro cinquantamila per la Provincia di Palermo, somme
comprensive di onorari e spese.
In considerazione della particolare complessità della stesura della
motivazione, dovuta alla gravità delle imputazioni ed alla notevolissima
mole degli atti processuali acquisiti, si indica in novanta giorni il termine
per il deposito della sentenza.
DICHIARA
DELL’UTRI MARCELLO e CINA’ GAETANO colpevoli dei reati loro
rispettivamente contestati e, ritenuta la continuazione tra gli stessi,
CONDANNA
DELL’UTRI MARCELLO alla pena di anni nove di reclusione e CINA’
GAETANO alla pena di anni sette di reclusione ed entrambi, in solido, al
pagamento delle spese processuali, nonché il CINA’ anche a quelle del
proprio mantenimento in carcere durante la custodia cautelare.
Visti gli artt. 28, 29,32 e 417 c.p.,
DICHIARA
Entrambi gli imputati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici, nonché in
stato di interdizione legale durante l’esecuzione della pena.
APPLICA
A ciascuno degli imputati la misura di sicurezza della libertà vigilata per
la durata di anni due, da eseguirsi a pena espiata.
Visti gli artt. 539 e 541 c.p.p.,
CONDANNA
Entrambi gli imputati in solido al risarcimento dei danni in favore delle
costituite parti civili, Provincia Regionale di Palermo e Comune di
Palermo, da liquidarsi in separato giudizio, rigettando le richieste di
pagamento di provvisionali immediatamente esecutive.
Condanna, infine, gli imputati in solido al pagamento delle spese
sostenute dalle medesime parti civili che liquida in complessivi euro
ventimila per il Comune di Palermo ed euro cinquantamila per la Provincia
Regionale di Palermo, somme comprensive di onorari e spese.

Passaparola di oggi

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DDL intercettazioni - Limitazioni per i blogger

Dalla sezione 'diritto e internet' di punto-informatico.it
Chiuso per rettifica
giovedì 11 giugno 2009
Roma - Il Governo pone la fiducia sul discusso disegno di legge in materia di intercettazioni e la blogosfera ne fa le spese rischiando di essere "chiusa per rettifica". È questo il senso di quanto è accaduto nelle scorse ore in Parlamento, dove per effetto dell'approvazione del maxi-emendamento presentato dal Governo sta per diventare legge l'idea - di cui si è già discusso sulle colonne di questa testata - di obbligare tutti "i gestori di siti informatici" a procedere, entro 48 ore dalla richiesta, alla rettifica di post, commenti, informazioni ed ogni altro genere di contenuto pubblicato.Non dar corso tempestivamente all'eventuale richiesta di rettifica potrà costare molto caro a blogger, gestori di newsgroup, piattaforme di condivisione di contenuti e a chiunque possa rientrare nella vaga, generica e assai poco significativa definizione di "gestore di sito informatico": la disposizione di legge, infatti, prevede, in tal caso, una sanzione da 15 a 25 milioni di vecchie lire.Tanto per esser chiari e sicuri di evitare fraintendimenti quello che accadrà all'indomani dell'entrata in vigore della nuova legge è che chiunque potrà inviare una mail a un blogger, a Google in relazione ai video pubblicati su YouTube, a Facebook o MySpace o, piuttosto al gestore di qualsiasi newsgroup o bacheca elettronica amatoriale o professionale che sia, chiedendo di pubblicare una rettifica in testo, video o podcast a seconda della modalità di diffusione della notizia da rettificare. È una brutta legge sotto ogni profilo la si guardi ed è probabilmente frutto, in pari misura, dell'analfabetismo informatico, della tecnofobia e della ferma volontà di controllare la Rete degli uomini del Palazzo.

Provo a riassumere le ragioni di un giudizio tanto severo.L'intervento normativo in commento mira, nella sostanza, a rendere applicabile a qualsiasi forma di comunicazione o diffusione di informazioni online - avvenga essa in un contesto amatoriale o professionale e per scopo personale, informativo o piuttosto commerciale - la vecchia disciplina sulla stampa dettata con la Legge n. 47 dell'8 febbraio 1948 e, in particolare, il suo art. 8 relativo ad uno degli istituti più controversi introdotti nel nostro ordinamento con tale legge: l'obbligo di rettifica.La legge sulla stampa, tuttavia - come probabilmente è noto ai più - costituisce una delle poche leggi vigenti scritte e discusse direttamente in seno all'assemblea costituente ormai oltre sessant'anni fa ed ha, pertanto, già mostrato in diverse occasioni un'evidente inadeguatezza a trovare applicazione nel moderno mondo dei media che poco o nulla ha a che vedere con quello avuto presente dai padri costituenti. Si tratta, per questo, di una legge che avrebbe richiesto un intervento di "aggiornamento" urgente, competente ed approfondito o, piuttosto, meritato di essere mandata in pensione dopo oltre mezzo secolo di onorato servizio. Contro ogni legittima aspettativa, invece, Governo e Parlamento hanno deciso di affidarle addirittura la disciplina della Rete ovvero della protagonista indiscussa di una delle più grandi rivoluzioni del mondo dell'informazione nella storia dell'uomo. Difficile, in tale contesto, condividere la scelta del Palazzo.Ma c'è di più.Sono anni che si discute ad ogni livello - nelle università, nelle aule di giustizia e, persino, in Parlamento ed a Palazzo Chigi - della possibilità e opportunità di estendere in tutto o in parte la disciplina sulla stampa e, in particolare, le disposizioni dettate in materia di obbligo di registrazione delle testate, a talune forme di comunicazione e diffusione delle informazioni online senza che, sin qui, si sia arrivati ad alcuna conclusione sicura e condivisa.La brutta ed ambigua riforma dell'editoria introdotta con la legge n. 62 del 2001, il famoso DDL Levi ribattezzato l'ammazza blog presentato e poi ritirato, il DDL Cassinelli ovvero il "salvablog" tuttora in attesa di essere discusso alla Camera dei Deputati e la "storica" condanna dello storico Carlo Ruta per stampa clandestina pronunciata dal Tribunale di Modica in relazione alla pubblicazione del blog dello studioso siciliano sono solo alcuni dei provvedimenti e delle iniziative che hanno, negli ultimi anni, alimentato - in Rete e fuori dalla Rete - un dibattito complesso ed articolato senza vincitori né vinti. L'entrata in vigore della nuova disciplina sulle intercettazioni vanificherà e polverizzerà il senso di questo dibattito stabilendo, una volta per tutte, che la disciplina sulla stampa - o almeno una parte importante di essa - si applica a qualsiasi forma di comunicazione e diffusione di informazioni nel cyberspazio.Difficile resistere alla tentazione di definire dilettantistica, approssimativa ed irresponsabile la scelta del legislatore che è entrato "a gamba tesa" in questo dibattito ultradecennale ignorandone premesse, contenuti e questioni e che ora rischia di infliggere - non so dire se volontariamente o inconsapevolmente - un duro colpo alla libertà di manifestazione del pensiero nel cyberspazio modificandone, per sempre, protagonisti e dinamiche.Nel Palazzo, domani, qualcuno - nel tentativo di giustificare questo monstrum giuridico liberticida e anti-Internet - dirà che è giusto pretendere anche da blogger, gestori di piattaforme di condivisione di contenuti e titolari di qualsiasi altro tipo di sito Internet la pubblicazione di una rettifica laddove loro stessi o i propri utenti pubblichino contenuti non veritieri o ritenuti lesivi dell'altrui reputazione o onore. Libertà fa rima con responsabilità è il ritornello che sento già risuonare nel Palazzo.Il problema non è, tuttavia, il ritornello che non si può non condividere, quanto, piuttosto, le altre strofe della canzone per restare nella metafora ovvero le modalità attraverso le quali il legislatore ha preteso di raggiungere tale ambizioso risultato. Provo a riassumere il mio punto di vista.The web is not the press (or tv) si potrebbe dire con uno slogan e non è, pertanto, possibile né opportuno applicare ad ogni forma di comunicazione online la speciale disciplina dettata per l'informazione professionale. Dovrebbe essere evidente ma così non è. Gestire le richieste di rettifica, valutarne la fondatezza e, eventualmente, darvi seguito è un'attività onerosa che mal si concilia con la dimensione "amatoriale" della più parte dei blog che costituiscono la blogosfera e rischia di costituire un elemento disincentivante per un blogger che, pur di sottrarsi a tali incombenti e alle eventuali responsabilità da ritardo (una multa da 25 milioni di vecchie lire per aver tardato a leggere la posta significa la chiusura di un blog!), preferirà tornare a limitarsi a leggere il giornale o, piuttosto postare solo su argomenti a basso impatto mediatico, politico e sociale e, come tali, insuscettibili di "disturbare" chicchessia. Allo stesso modo, il gestore di una piattaforma di condivisione di contenuti o, piuttosto, di social networking che, per definizione, non produce le informazioni che diffonde, ricevuta una richiesta di rettifica non potrà, in nessun caso, in 48 ore, verificare con l'autore del contenuto la veridicità dell'informazione diffusa e, quindi, l'effettiva sussistenza o meno dell'azionato diritto di rettifica.Risultato: o si doterà - peraltro non a costo zero - di una struttura idonea a pubblicare d'ufficio tutte le rettifiche ricevute o, peggio ancora, deciderà di rimuovere tutti i contenuti che formino oggetto di un altrui istanza di rettifica tanto per porsi al riparo da eventuali contestazioni circa la forma, i caratteri e la visibilità della rettifica stessa.Sembra, in altre parole, evidente che la nuova legge produrrà quale effetto pressoché immediato quello di abbattere sensibilmente la vocazione all'informazione diffusa che ha, sin qui, costituito la forza del web come primo spazio davvero libero - o quasi-libero - di divulgazione di quello straordinario patrimonio di pensieri e notizie che, sin qui, i media professionali non hanno in parte potuto e in più parte voluto lasciar filtrare per effetto dei forti ed innegabili condizionamenti che i poteri politici ed economici da sempre esercitano sulle testate giornalistiche cartacee, radiofoniche o televisive che siano. Da domani, quindi, i nemici della libertà di informazione avranno un pericoloso strumento per far passare la voglia a tanti blogger nostrani di dire la loro ed ad altrettanti "giornalisti diffusi" di raccontare storie inedite via Facebook, YouTube o MySpace.Ma c'è ancora di più.Il senso dell'obbligo di rettifica previsto nella vecchia legge sulla stampa risiede nella circostanza che in sua assenza il cittadino che si senta diffamato o avverta l'esigenza di "rettificare" un'informazione diffusa da un giornale non potrebbe farlo o meglio resterebbe esposto all'arbitrio del direttore della testata, libero di pubblicare o non pubblicare la rettifica. Non è così, tuttavia, nella più parte dei casi in Rete dove - salvo eccezioni - chiunque può pubblicare una precisazione, un commento, un altro video o, piuttosto, condividere un link su un profilo di Facebook per replicare e/o rettificare l'altrui pensiero. È questo il bello dell'informazione non professionale online ed è questa una delle ragioni per le quali l'informazione in Rete è - sebbene ancora per poco - più libera di quanto non lo sia quella tradizionale.E per finire, dopo il danno la beffa.Mentre, infatti, la nuova legge impone a chiunque utilizzi la Rete per comunicare o diffondere contenuti e/o informazioni gli obblighi caratteristici dei produttori professionali di informazione, continua a non riconoscergli pari diritti: primo tra tutti l'insequestrabilità di ogni contenuto informativo diffuso a mezzo Internet alla stessa stregua di un giornale. In questo modo si sarebbe, almeno, potuto dire "onori e oneri" mentre, così, l'informazione in Rete finisce con l'essere svilita ad un'attività pericolosa, onerosa e mal retribuita o, nella più parte dei casi, non retribuita affatto. Basterà la passione ad indurre i protagonisti del cosiddetto web 2.0 a resistere anche a tale ulteriore aggressione o, questa volta, getteranno la spugna consegnando la Rete ai padroni dell'informazione di sempre?Chiediamocelo e, soprattutto, chiediamolo a chi ha voluto questa nuova inaccettabile legge ammazza-Internet.
Guido Scorza
http://www.politicheinnovazione.eu/

sabato 13 giugno 2009

Il Fatto Quotidiano - Notte bianca "No Bavaglio" a Roma

Ottima iniziativa lanciata da Antonio Padellaro e Marco Travaglio dal blog Voglioscendere, cerchiamo di essere in tanti. Io farò di tutto per esserci.

E’ il momento di tornare a farci sentire, le raccolte di firme non bastano più. Con la controriforma delle intercettazioni e della cronaca giudiziaria, il regime punta a salvare i delinquenti e a privare i cittadini della necessaria informazione: vuole espropriarci di quel diritto che Luigi Einaudi definiva “conoscere per deliberare”. Per questo il Fatto Quotidiano ha deciso di esordire in pubblico, prim’ancora di uscire nelle edicole, organizzando subito una notte bianca “No Bavaglio”. Perché la ragione sociale del nostro giornale è proprio questa: informare.Ci troveremo tutti insieme la sera di mercoledì 8 luglio a Roma (il luogo lo stiamo scegliendo, per non lasciare fuori nessuno), per incontrarci e dire no alla legge eversiva e golpista del Signor P2 che mira a disarmare la magistratura e a imbavagliare la libera stampa. Inviteremo sul palco giornalisti, scrittori e artisti per un grande happening di protesta, di satira, di testimonianza, ma soprattutto di informazione. Spiegheremo la controriforma nel dettaglio, leggeremo e faremo ascoltare in originale le intercettazioni e le carte giudiziarie, anche inedite, dei grandi scandali politico-finanziari che il regime vuole nascondere ai cittadini. I partiti e i politici di opposizione che vorranno aderire e partecipare tra il pubblico saranno i benvenuti. Tenetevi liberi, invitate gli amici e restate in contatto con i nostri blog: ogni giorno vi aggiorneremo sugli sviluppi dell’iniziativa. Più siamo, più il bavaglio si allontana.
Antonio Padellaro e Marco Travaglio

Preferenze Idv Circoscrizione Nord-Ovest

Grazie al forum degli "Amici di Beppe Grillo" di Roma ho scoperto l'arcano sulla non-elezione di Vulpio. Il forum titola: 'CARLO VULPIO SACRIFICATO DA IDV!...era il quinto in assoluto come numero di preferenze su 7 eletti! Ma Di Pietro che mi combini? Criteri trasparenti please! Non mosse di partito!'
Dobbiamo sempre controllare i nostri eletti. Non per demolire il loro (probablmente difficile?) operato, ma per non farci prendere in giro DA NESSUNO.

Ecco le preferenze di Idv nella circoscrizione Nord Ovest, dal sito del Ministero dell'Interno

Candidato
Luogo e data di nascita
Preferenze

DE MAGISTRIS LUIGI
NAPOLI, 20 Giugno 1967
86.198
eletto
DI PIETRO ANTONIO
MONTENERO DI BISACCIA (CB), 02 Ottobre 1950
81.768
eletto
ALFANO SONIA
MESSINA, 15 Ottobre 1971
28.104

VATTIMO GIANTERESIO DETTO GIANNI
TORINO, 04 Gennaio 1936
14.951

VULPIO CARLO
ALTAMURA (BA), 28 Luglio 1960
8.791

venerdì 12 giugno 2009

URGENTE: aderiamo in massa all'appello di Repubblica

Sono già state raccolte 112000 firme, dobbiamo aderire TUTTI, magari così Napolitano stavolta non firma.
Tra qualche giorno: manifestazione di dissenso davanti a Palazzo Madama (il ddl, passato alla camera con voto di fiducia, dovrà essere approvato anche in Senato).

I giornali hanno il dovere di informare
I cittadini hanno il diritto di sapere
Firma l'appello di Repubblica

I giornali hanno il dovere di informare perché i cittadini hanno il diritto di conoscere e di sapere. La nuova legge sulle intercettazioni telefoniche è incostituzionale, limita fortemente le indagini, vanifica il lavoro di polizia e magistrati, riduce la libertà di stampa e la possibilità di informare i cittadini. Per questo va fermata.
Ecco cosa dice l'emendamento al ddl

Il virus benefico della libertà è la nostra “smodata” ambizione

Dal blog di Carlo Vulpio, il suo commento sui risultati elettorali interni a Idv. Io, ripeto, non voglio occuparmi di polemiche purtroppo sterili, vorrei invece andare avanti nelle battaglie, ad esempio quella per la libertà di informazione, così urgente oggi. Questo anche con il contributo, secondo me fondamentale, di Carlo. Cercherò di capire come fare, dicendo come sempre apertamente, se è il caso, a Di Pietro o a Beppe Grillo quello che c'è da dire.

Data articolo 11/06/2009
Autori Carlo Vulpio
Cari amici vicini e lontani, grazie.
Grazie, perché da adesso in avanti sappiamo che non siamo più soli. Anzi, che siamo esattamente 37.499. Un consenso enorme, di cui sono fiero, perché è un consenso che va moltiplicato almeno per cinque, in quanto è arrivato: 1) senza televisioni, 2) senza radio, 3) senza giornali, 4) senza apparati di partito, 5) senza quei blog che, al pari delle tv, berlusconiane e non, trasformano in “prodotto politico” persino un fustino di detersivo.

Sono, questi voti che mi avete dato, non 38.000, ma 200.000.

Sento il bisogno di ringraziarvi uno per uno, non solo perché mi avete votato, ma anche perché con me avete scelto una strada in salita. Una strada, come avevo detto “prima” delle elezioni, che non doveva “necessariamente” portare a occupare uno scranno a Strasburgo o altrove, ma che aveva la “smodata” ambizione di aprire un cammino nuovo in tutto il Paese. Una strada le cui pietre miliari sono i principi di democrazia, libertà, uguaglianza, legalità - effettivamente praticati, non soltanto declamati -, anche quando questo dovesse dispiacere a coloro che sono schierati dalla propria parte.

Democrazia, libertà, uguaglianza e legalità, però, non possono mai essere disgiunte dall’esercizio del senso critico di ognuno di noi, e questo vuol dire agire sempre con indipendenza di giudizio e autonomia di pensiero. Come, se permettete, ho fatto io - prima, durante e dopo questa mia avventura elettorale. E come, lasciatemelo dire, avete fatto voi, che mi avete scelto proprio perché non mi avete seguito “fideisticamente” (alla maniera di chi ieri recitava i pensieri di Mao o di Lenin, oggi gli slogan delle tv, o domani quelli dei blog, compreso il mio), ma mettendo in discussione tutto, con domande, interventi, repliche, dissensi, a volte vere e proprie “requisitorie” che volevano verificare la coerenza delle parole con i comportamenti.

E’ ovvio che per tenere fermi questi principi si pagano dei prezzi. Sempre. Nella sfera privata e nella sfera pubblica. Ma per questi principi – lo abbiamo visto persino in questa nostra campagna elettorale “eroica e in solitaria”, come l’ha definita il mio amico Francesco Toscano – vale la pena lottare. D’altronde, non è proprio per questi obiettivi che io stesso mi sono candidato? E allora, quanto vale un seggio in parlamento, in qualsiasi parlamento, di fronte al fatto che siamo riusciti a “mettere in circolo” il virus benefico della libertà, della trasparenza, della coerenza – anche in politica, sì -, e a dire ciò che avevamo da dire e diremo ancora, a quelli “di destra” e a quelli “di sinistra”, ai “nemici” e agli “amici”, agli “alleati” e agli “avversari”?

“Quel fresco profumo di libertà”, noi, non lo abbiamo smarrito e anzi cercheremo di estenderne il desiderio a tutti quelli che lo vorranno.

E dunque, opzioni “tecniche” ma alquanto frettolose per un seggio in una circoscrizione; “dissociazioni” in pubblico su ciò che si condivide in privato; sguardi dei tuoi amici che si girano dall’altre parte mentre nel pieno della battaglia le tue immagini e il tuo nome vengono cancellati da foto, filmati e manifesti; accordi plurimi e sottobanco di chi non penseresti mai andrebbe proprio con quello o quell’altro; sono brutte cose, certo, ma fanno parte della grande “Commedia Umana”, figuriamoci se possa restarne immune proprio l’agone politico e la sua macelleria quotidiana…

Ma tutte assieme, queste cose, non saranno in grado di abbattere ciò che abbiamo appena cominciato a costruire e che crescerà sano e forte perché noi 38.000 che ne valiamo 200.000 sappiamo ragionare. Ve lo avevo detto. La mia ambizione era molto, molto più grande di una qualunque campagna elettorale: era, ed è, quella di riprenderci in mano questo nostro Paese, a cominciare da ciò che ognuno di noi sa far meglio. E poiché io faccio il giornalista, cosa che credo di saper far meglio, questo vi dovevo anche in termini di “libertà e trasparenza dell’informazione”.

Infine, ma non ultima, eccovi la prova che Dio esiste ed è grande. A Ceppaloni ho preso ben cinque voti di preferenza. Tra qualche giorno torno lì e ringrazio anche loro.
Scadenza

Commenti
Il virus benefico della libertà è la nostra “smodata” ambizione

Avrei preferito leggere altrove di Carlo Vulpio

Trovo sul blog di Carlo Vulpio e pubblico un articolo tratto da Il Giornale. Ciò che qui si denuncia è allucinante, sebbene non estraneo alle comuni logiche di partito. Vorrei che qualcuno (magari proprio Carlo) pubblicasse TUTTI i numeri relativi ai voti di preferenza in tutte le circoscrizioni, perché io non ne capisco più nulla; effettivamente Di Pietro ne ha pubblicato solo una parte.
Quello che non mi va però è che ora ci si divida anziché andare avanti. Troviamo il modo di essere costruttivi, sono troppe le emergenze che dobbiamo risolvere. Da parte mia, continuo ad appoggiare Carlo Vulpio e così credo tutti i 37000 italiani che lo hanno votato.

Vulpio: «Di Pietro, che fretta c’era di farmi fuori?»

Data articolo 11/06/2009
Fonte Il Giornale
Autori Felice Manti
«Che fretta c’era...» sorride amaro a caldo Carlo Vulpio. La sua esclusione eccellente dagli eletti Idv a Strasburgo brucia. Un’altra amarezza per il giornalista del Corriere della Sera «allontanato» per sua stessa ammissione dall’allora direttore di via Solferino, Paolo Mieli, dalle inchieste di Luigi De Magistris. L’ex pm a Strasburgo ci è andato alla grandissima, forte di oltre 380mila moti. Vulpio è rimasto vittima più che delle preferenze (37mila in 4 collegi) di un gioco di opzioni che ha portato all’elezione dell’ex Margherita Giommaria Uggias nella Circoscrizione Isole per la rinuncia di Sonia Alfano a rappresentare la «sua» circoscrizione. La figlia del giornalista ucciso dalla mafia siciliana ha scelto il Nord Est. «Una scelta tecnica - ha detto la Alfano - non politica in quanto voglio continuare a lavorare su tutto il territorio nazionale». Avesse scelto l’opzione Sicilia-Sardegna com’era forse più naturale, e non il Nord Est, Uggias (quinto dei votati) sarebbe rimasto a casa e Vulpio sarebbe andato in Europa. Il giornalista non parla, mentre Leoluca Orlando si gonfia il petto: «Siamo l’unico partito a mandare un sardo a Bruxelles, sarò in Sardegna a festeggiare con lui», ha detto il portavoce Idv. «Che fretta c’era - insiste Vulpio - perché confermare le opzioni a urne appena chiuse, quando ci sono 15 giorni di tempo per decidere». In effetti, la short list dei sette Idv è uscita in agenzia alle 17.38 minuti di martedì 9. Quando ancora le Corti d’appello non hanno neppure ricevuto le urne e iniziato il conteggio «reale» dei voti. Visto che in molti casi (nell’Idv come in altri partiti) la distanza tra eletti e non eletti è racchiusa in un pugno di voti e le sorprese sono dietro l’angolo.La «fretta» di chiudere i giochi a urne calde non è piaciuta soprattutto agli elettori dipietristi. I sito antoniodipietro.it, italiadeivalori.it e beppegrillo.it sono letteralmente invasi da commenti di proteste per l’esclusione di Vulpio. «Vergogna, è una bestemmia, vogliamo una spiegazione della sua esclusione - si legge -. L’Idv ha puntato parecchio sulla libertà di informazione, Vulpio ci ha messo la faccia in centinaia di incontri e manifestazioni in tutta Italia, ottiene 37mila voti in tutta Italia e si preferisce far passare Uggias con 17mila voti... se vi pare giusto. Estromesso dal Corriere e da Italia dei valori, la prossima volta scordatevi il mio voto». I nomi dei prescelti, tranne Vattimo e Arlacchi, suscitano più di un dubbio. «Prima la Rame e De Gregorio, ora Uggias e Iovine, uno che sembra il Binetti dell’Idv, altro che facce nuove e giovani. Far fuori Vulpio è un bizantinismo della peggiore Dc». E ancora: «Ha pagato di suo per tenere la schiena dritta ma resta fuori, Iovine forse fa un importante lavoro di retroguardia, tipo montare i tubi innocenti e l’amplificazione a Piazza Navona e a Piazza Farnese...». E infine: «Passano i burocrati, non Vulpio. Siete feccia come tutti gli altri partiti. Ho la sensazione che dia fastidio a qualcuno. I fatti probabilmente lo confermeranno nei prossimi mesi», scrive sarcastico un altro grillino. Mentre Stanco_Mavoglio si rivolge direttamente a Grillo, e sul sito del comico genovese e rincara la dose: «Beppe, mi piacerebbe sapere cos’hai contro Carlo Vulpio».In effetti, tranne l’estemporaneo endorsement all’ex Corriere di Grillo durante un incontro in Campania, Vulpio non ha mai goduto di buona «stampa» dipietrista, e ancora oggi sui siti il suo nome non compare. Né a lui né allo stesso Di Pietro sono andati giù certi attacchi all’establishment Idv al Sud e soprattutto - raccontano fonti interne al movimento dei grillini - Vulpio non è mai piaciuto al vero dominus dell’asse Grillo-Di Pietro: l’editore Gianroberto Casaleggio, ex amministratore delegato della controllata Telecom Webegg (venduta alla Value Partners per 43 milioni di euro) e a capo delle organizzazioni Meet-up, l’uomo dei blog di Grillo e Di Pietro, che nel 2004 convinse il comico a investire sulla Rete. Oggi la sua Casaleggio Associati è la spina dorsale del movimento, e il peso dell’editore nelle scelte politiche dei due Masanielli del web sarebbe sempre più forte. Forse tanto da decidere chi merita l’euroscranno e chi no.

giovedì 11 giugno 2009

I 7 Europarlamentari di Idv

Sonia Alfano, Pino Arlacchi, Luigi de Magistris, Vincenzo Iovine, Niccolò Rinaldi, Giommaria Uggias, Gianteresio Vattimo
dal blog di Antonio Di Pietro
9 Giugno 2009

Criminali in parlamento

Da Voglioscendere, postato da Peter Gomez
I piduisti amici del boss mafioso Vittorio Mangano e di altri noti criminali ce l'hanno fatta. Tra ieri e oggi, nel silenzio complice di buona parte della stampa italiana, è stata abolita la libertà di parola. D'ora in poi, salvo ripensamenti del Senato, sarà impossibile raccontare sulla base di atti giudiziari i fatti e i misfatti delle classi dirigenti. Chi lo farà rischierà di finire in prigione da 6 mesi a tre anni, di essere sospeso dall'ordine dei giornalisti e, soprattutto, dal suo giornale, visto che gli editori andranno incontro a multe salatissime, fino a un massimo di 465.000 euro.Il plurimputato e pluriprescritto Silvio Berlusconi per raggiungere il risultato è stato costretto a ricorrere al voto di fiducia. Le nuove norme contenute nel disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche sono infatti talmente indecenti da risultare indigeste persino a un pezzo importante della sua maggioranza. Da una parte, s'interviene sul diritto-dovere d'informare con disposizioni grossolane e illiberali stabilendo, per esempio, che le lettere di rettifica vadano pubblicate integralmente (anche dai blog) senza possibilità di replica. Insomma, se un domani Tizio scriverà a un giornale per negare di essere stato arrestato, la sua missiva dovrà finire in pagina, in ogni caso e senza commenti, pur se inviata dal carcere di San Vittore. Dall'altra, per la gioia di delinquenti di ogni risma e colore, si rendono di fatto impossibili le intercettazioni. Gli ascolti saranno infatti autorizzati, con una procedura farraginosa e lentissima, solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Cioè quando ormai si è sicuri che l'intercettato è colpevole. E in ogni caso non potranno durare più di due mesi. Inoltre le microspie potranno essere piazzate solo nei luoghi in cui si è certi che vengano commessi dei reati: detto in altre parole, è finita l'epoca in cui le cimici nascoste nelle auto e nei salotti dei mafiosi ci raccontavano i rapporti tra Cosa Nostra e la politica.
Che Berlusconi e un parlamento formato da nominati e non da eletti dal popolo, in cui sono presenti 19 pregiudicati e una novantina tra indagati e miracolati dalla prescrizione e dall'amnistia, approvi sia pure tra qualche mal di pancia leggi del genere non sorprende. A sorprendere sono invece le reazioni (fin qui pressoché assenti) di quasi tutti i direttori dei quotidiani e dei comitati di redazione dei telegiornali (dai direttori dei tg, infatti, non ci si può aspettare più nulla). Quello che sta accadendo in parlamento dovrebbe essere la prima notizia del giorno. E invece a tenere banco è la visita di Gheddafi e le polemiche intorno alla sua figura di dittatore. Così a furia di parlare di Libia nessuno si accorge di come il vero suk sia ormai qui, a Roma, tra Montecitorio, Palazzo Madama e Palazzo Chigi. E di come, tra poco, nessuno potrà più raccontarlo.

“Idv punto di riferimento per tutta la sinistra”

Intervista audio a Luigi De Magistris da Micromega on-line

Di Pietro spiega la non-elezione di Carlo Vulpio

Dal blog di Antonio Di Pietro
Non volto le spalle a Carlo Vulpio
Leggo dal blog che molti sostenitori sono rimasti delusi dall’esclusione del giornalista Carlo Vulpio dal Parlamento europeo e chiedono spiegazioni. Sono semplici da dare.
La mancata elezione di Carlo non è dovuta a decisioni adottate dal partito, ma si spiega alla luce di motivi prettamente tecnici e correlati al meccanismo delle preferenze.Vulpio si è candidato in quattro circoscrizioni: Nord-Ovest, Nord-Est, Centro e Sud. Nelle ultime tre non poteva essere eletto perché altri candidati della lista dell’Idv hanno ottenuto più preferenze.
Apparentemente poteva essere eletto nel Nord-Ovest se Luigi de Magistris e Sonia Alfano avessero optato per l’elezione in un’altra circoscrizione. Purtroppo però il tecnicismo della legge elettorale ci mette di fronte ad una realtà diversa.
L’Italia dei Valori, come prevede l’articolo 12 della legge elettorale per le europee (24 gennaio 1979, n.18) si è apparentata prima delle elezioni con la lista valdostana Autonomie Libertè Democratie. L’apparentamento, meccanismo consentito dalla legge, prevede che, qualora la lista rappresentativa di minoranze linguistiche apparentata non riesca ad eleggere un suo deputato con almeno 50.000 preferenze, i voti ottenuti da questa lista vengano attribuiti a quella con cui si è apparentata.
Così i 27.086 voti ottenuti dalla lista valdostana nota anche come Alleanza Galletto sono stati attribuiti interamente all’Italia dei Valori nel conteggio dei voti offrendo un importante contributo all’elezione dei nostri eurodeputati, infatti senza apparentamento avremmo eletto un deputato in meno. L’apparentamento, così come previsto dalla legge, dispone inoltre che, se la lista rappresentativa di minoranze linguistiche non elegge alcun deputato autonomamente, i candidati di questa sono inseriti in un’unica graduatoria con i candidati della lista con cui è apparentata (art. 22 legge 24 gennaio 1979, n.18).
In parole semplici, ai fini dell’assegnazione dei due seggi spettanti all’Idv, nella circoscrizione Nord-Ovest è stata composta un’unica graduatoria tra candidati dell’Idv e quelli del Galletto. Eliminati me, de Magistris e Sonia Alfano, il primo degli eletti sarebbe stato Gianni Vattimo e il secondo Louvin Roberto con 9.028 preferenze, terzo Carlo Vulpio con 8.716. Dunque Carlo non sarebbe risultato eletto neppure se Sonia Alfano e de Magistris avessero optato per un’altra circoscrizione.
Non c’è stata e non ci poteva essere alcuna possibilità di eleggere Vulpio.
Detto ciò, a Carlo non volto le spalle, come ho detto anche ieri riferendomi a tutti i candidati del 6 e 7 giugno. Verrà coinvolto nel rinnovamento del partito e nelle istituzioni appena ve ne sarà occasione se vorrà continuare a sostenere un progetto che vedeva la sua candidatura come parte di un disegno molto più ampio. A Carlo ribadisco la mia stima e lo invito a non lasciarsi trarre in inganno da interviste di organi votati alla disinformazione sistematica e di cercare il dialogo con chi crede in lui, senza prestare il fianco a chi strumentalizza la sua delusione per denigrare i valori in cui lui stesso crede.
Anzi proprio oggi, prima di scrivere questo articolo, ho a lungo dialogato con Luigi de Magistris e altri dirigenti dell’Italia dei Valori sulla necessità di realizzare, al nostro interno, una nuova fonte di informazione, stampata e di broadcasting anche attraverso il web. E già questa rappresenta la prima occasione in cui il contributo di Carlo sarebbe determinante per il successo dell’iniziativa.
Graduatoria Preferenze Circoscrizione Nord Ovest:
de Magistris Luigi 85.771
Di Pietro Antonio 81.276
Alfano Sonia 27.891
Vattimo Gianni 14.853
Louvin Roberto (Galletto) 9.028
Vulpio Carlo 8.716
Fusco Marylin 8.093
Zipponi Maurizio 4.091Schltze Giorgio 4.193Bardi Gloria 2.863Rocchi Emanuela 2.677Muttillo Giovanni 2.246Beretta Ilaria 2.188Piredda Maruska 2.106Cusati Aniello 1.091Ferrante Luigi 1.515Vezza Lorella 1.485Bernacconi Massimo 608Farina Corrado 490Paladini Manuela 454

Il presidente Napolitano e i magistrati “protagonisti”

Ripeto: Napolitano ha perso l'ennesima ottima occasione per stare zitto. Ecco un articolo di Marco Travaglio in proposito, su l'Unità di oggi.

Mentre il presidente del Consiglio definisce «grumi eversivi» e «nemici politici» i giudici che han condannato il suo amico David Mills per essere stato corrotto da lui, impunito e impunibile per Lodo ricevuto; mentre racconta che suo padre, grande educatore, «mi diceva sempre: se vuoi far del male al prossimo devi fare il delinquente, o il pm, o il giornalista»; mentre impone alle Camere di abolire, senza discutere, le intercettazioni e la cronaca giudiziaria; mentre il procuratore di Napoli sottrae al pmtitolare, avoca a sé e stralcia le indagini sul sottosegretario Bertolaso per la truffa dei rifiuti «per non intralciare l’azione del governo»; mentre il procuratore di Verona che indaga sui nazisti viene pestato in strada dai nazisti; mentre partiti mandano al Parlamento europeo 4 pregiudicati e una decina di indagati, anche per mafia; mentre la Procura di Roma si arrampica sugli specchi per far archiviare il caso Berlusconi-Saccà e sequestrare per «violazione della privacy» le foto che ritraggono il premier con nani e ballerine aviotrasportati su aerei di Stato; mentre non si trova quasi più nessun pm che indaghi sui potenti o protesti contro le leggi che lo disarmano; mentre l’Anm non osa neanche pronunciare la parola «sciopero» e il Csm si dedica a cacciare anziché a difendere le poche toghe scomode superstiti; ecco, mentre accade tutto ciò, il capo dello Stato va al Csm e denuncia il «comportamento impropriamente protagonistico» di certi magistrati e gli «elementi di disordine e tensione che purtroppo si sono clamorosamente manifestati in talune procure». Magari.

Indignati e indagati


Dal blog di Beppe Grillo

Secondo il TG1, ieri in Commissione Affari Costituzionali del Senato è andato in scena un mio show. Le parole che ho detto avrebbero indignato il presidente Schifani. Cosa lo indigna di più, il fatto che quattro membri della camera che presiede siano stati raggiunti da altrettanti avvisi di garanzia per "concorso in corruzione aggravato dal favoreggiamento della mafia", o il fatto che 350.000 cittadini pretendano la discussione della legge per un Parlamento Pulito?

Parlamento Pulito in Commissione al Senato

Ieri alle ore 14.30 Beppe Grillo è stato ricevuto dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato per discutere della proposta di legge di iniziativa popolare "Parlamento Pulito" che giace al Senato da 18 mesi.

Testo dell'intervento: Quasi due anni dopo la raccolta delle firme per la legge di iniziativa popolare Parlamento Pulito ho l'onore di essere ricevuto e ascoltato come primo firmatario della proposta di legge. Due anni per parlare alla Commissione Affari Costituzionali. Una Commissione che valuterà le tre richieste: nessun condannato in Parlamento, limite di due legislature per ogni parlamentare, elezione nominale del candidato. Due anni di attesa per una legge firmata da 350.000 persone. E' uno scandalo che 350.000 cittadini italiani non siano stati neppure considerati per due anni. E' uno scandalo che in Parlamento siano presenti 20 condannati in via definitiva e prescritti come Berlusconi, D'Alema, Andreotti. E' uno schifo che 70 tra i nostri rappresentanti siano condannati in primo e secondo grado o indagati. Cuffaro e Dell'Utri sono senatori per meriti giudiziari, condannati in primo grado per relazioni mafiose. Questa Commissione, questo Parlamento, non hanno nulla a che fare con la democrazia. sei persone hanno deciso i nomi di chi doveva diventare deputato e senatore. Hanno scelto 993 amici, avvocati e scusate il termine, qualche zoccola, e li hanno eletti. Li hanno eletti loro, non i cittadini che non hanno potuto scegliere il loro rappresentante. Cari membri della Commissione, siete illegali, incostituzionali, anti democratici. Per rispetto a voi stessi e agli italiani dovreste dimettervi al più presto. Luigi De Magistris e Sonia Alfano sono due italiani per bene eletti da tanti cittadini per bene. Dovreste cominnciare a preoccuparvi di questi cittadini. De Magistris ha avuto 450.000 voti, il secondo in Italia, Alfano 165.000 voti, la prima donna in Italia. Chi si è recato alle urne ha potuto sceglierli. Perchè questo non deve essere possibile anche per il Parlamento italiano? I partiti hanno occupato la democrazia, è tempo che tolgano il disturbo. La politica non è un mestiere. Due legislature sono dieci anni. Un lungo periodo, più che sufficiente per servire il Paese, lo fu per De gasperi, poi si ritorna alla propria professione. Voi che mi ascoltate sapete molto bene che molti deputati e senatori hanno il doppio stipendio come Mavalà Ghedini che prende i soldi da deputato e da avvocato dello psiconano. I parlamentari percepiscono un lauto stipendio pagato con le nostre tasse per lavorare per noi in Parlamento, non per lavorare in nero.Oggi, mentre sono qui per chiedere la semplice attuazione della democrazia e il rispetto della Costituzione, oggi viene approvata in Parlamento una legge che limita le inttercetttazioni e mette il bavaglio all'informazione. Io farò disubbidienza civile. Il primo pensiero dello psiconano non è il Paese, ma sempre e solo non farsi beccare. Avete approvato il Lodo Alfano per evitare che Berlusconi finisse in galera e adesso volete limitare il diritto del cittadino di essere informato.La marea sta montando, lo psiconano può fare comizi ormai solo nelle piazze chiuse, in cui fa entrare, come a Firenze, come a Prato, solo la sua claque. Lo difendono la sua scorta e gli avvocati. Gli sono rimastti solo quelli insieme a uno stuolo di giornalisti definiti "servi" dalla stampa estera. Gli italiani non stanno più con lui e tanto meno con chi gli ha permesso come Violante e Fassino per quindici anni di superare ogni conflitto di interessi.Lì fuori c'è qualche milione di persone che vuole restaurare la democrazia. Non vi chede di dargli ascolto. Ve lo ordina. Vi ordina, perchè voi siete loro dipendenti, di portare la proposta di legge Parlamento Pulito al più presto in Senato e di farla discutere pubblicamente. In modo che ogni italiano tragga le sue conclusioni e sappia chi è contro la democrazia e chi no. E' una delle ultime occasioni che avete per salvarvi almeno la faccia. Io ho fiducia negli italiani. Sapranno cacciare, spero con metodi democratici, chi oggi occupa abusivamente le istituzioni e ci rende lo zimbello del mondo. Il tempo e gli eventi stanno precipitando. La disoccupazione è diventate un'epidemia. Mentre voi incassate il vostro stipendio per girarvi dall'altra parte operai e imprenditori si suicidano. Persino il Gran Consiglio seppe cacciare Mussolini per istinto di sopravvivenza. Ascoltate la voce del Paese finchè siete ancora in tempo."

Ecco perché mi vergogno del Capo dello Stato italiano

Sono stata colpita (ancora una volta negativamente) dalle parole di Giorgio Napolitano sull'argomento magistratura e ancora una volta sono vicina a Luigi De Magistris: Napolitano faccia nomi e cognomi.
Dal sito di AntimafiaDuemila traggo questa ANSA:
De Magistris: ''Pm protagonisti? si facciano i nomi e cognomi''
Roma, 10 giugno 2009
Il neo-eletto all'Europarlamento ... ... Luigi De Magistris (Idv), ai microfoni di Radio Radio, prende posizione sul monito del presidente Napolitano. L'ex pm ha premesso che intanto occorre distinguere tra pm protagonisti "oggettivi" che lo diventano per aver contrastato il crimine come Falcone e Borsellino e protagonisti "soggettivi" che, invece, sono in cerca soltanto di una ribalta mediatica. "Non so - ha affermato De Magistris - perché Napolitano abbia sentito l'esigenza di parlare di protagonismo della magistratura in questo modo: si facciano nomi e cognomi di quei giudici che usano in modo improprio la loro funzione". Rincarando la dose, l'ex pm ha puntato il dito contro il Csm, a suo avviso "poco attento a quelle sacche di delittuosità, connivenza e collusione che ci sono all'interno della magistratura e che fino ad ora non sono state individuate con la stessa solerzia con la quale sono stati colpiti alcuni giudici come la dottoressa Forleo e i magistrati di Salerno".ANSA

mercoledì 10 giugno 2009

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No comment


Da sconfini.eu
Il 15 giugno sarò da Obama. E invece ci ritroviamo Gheddafi a Roma.
L'arrivo in Italia del dittatore sanguinario Gheddafi, osannato da tutti i politici romani, è davvero la rappresentazione della tragicomica condizione della diplomazia italiana. Ma facciamo un passo indietro. Visto l'aumentare dei mugugni degli italiani per la totale indifferenza di Obama verso Berlusconi e l'Italia, il 31 maggio il cavaliere se ne esce con una sparata divertentissima: "Mi recherò da Obama per discutere sulle nuove regole dell'economia e della finanza mondiale". Una barzelletta degna del libro di Totti.
Insomma, c'era l'invito di Barack. Berlusconi risponde all'appello dell'amico "abbronzato" e si dice pronto ad andare a trovarlo. C'è addirittura la data: il 15 giugno. Gli italioti beoti ingollano anche l'ennesima panzana e in cuor loro credono che Obama e Berlusconi si sentono e si stimano. Niente di più ridicolo. Sono molti i motivi per cui Obama prova disgusto per il premier italiano e sono il motivo per cui se ne inventa sempre una per non incontrarlo.
Il 15 giugno sta arrivando, la promessa di Berlusconi è l'ennesimo bluff. Ma chi ci ritroviamo con la sua tenda a Roma? Il sanguinario dittatore libico Gheddafi, osannato da una parte di popolo ammaestrato e accolto con eccessive carinerie nei palazzi della Repubblica.
Berlusconi si atteggia e si pavoneggia sul tappeto rosso come fosse un grande statista e Napolitano si sbilancia: "Da Gheddafi, parole di grande moderazione sull'Africa"Intanto il dittatore prende letteralmente per il culo tutti sfilando con al petto la foto di Omar Al Mukhtar, eroe nazionale libico che guidò la rivolta anti italiana tra il 1923 e il 1931. Il "leone del deserto", come era soprannominato, venne catturato dagli italiani e condannato a morte.
Insomma, dovevamo andare a trovare Obama. E invece ci ritroviamo Gheddafi nel centro di Roma con la sua tenda beduina, che ci prende in giro e dice di aver accettato l'invito perché "abbiamo chiesto scusa". Che triste parabola per la diplomazia italiana.

martedì 9 giugno 2009

Guardate chi è Sonia Alfano!

Mamma mia... Non vedo l'ora di vederla all'opera...

La cosa assurda è che accanto a lei e a De Magistris siederà Clemente Mastella... Meglio non pensarci...

Dal Blog di Grillo:

Sonia Alfano è stata eletta al Parlamento Europeo. La sua elezione è la prova provata che la rivoluzione della Rete è iniziata. Senza passaggi televisivi, senza che la stampa ne parlasse, Sonia ha raccolto oltre 150.000 preferenze. Ora dice di voler portare la mafia in Europa, esattamente come Mastella. Ma lei vuole eliminarla.

Sonia Alfano Europarlamentare

Dal sito di Sonia Alfano
Grazie a tutti!
Grazie a Beppe Grillo, ai meetup, ad Antonio di Pietro, alla mia famiglia, al mio staff e a tutte quelle persone che hanno reso possibile questo straordinario risultato; tutti quelli che hanno volantinato e che hanno fatto campagna elettorale.
Vorrei dedicare questo risultato a tutte le persone morte per questo paese e a tutte le forze dell'ordine!!
Sonia Alfano

Grazie

Luigi De Magistris ringrazia i suoi elettori sul sito di AntimafiaDuemila
di Luigi de Magistris - 9 giugno 2009
Abbiamo raggiunto un risultato storico. Utilizzo il plurale perché senza il sostegno della rete e della società civile oggi non sentirei spirare questo vento di cambiamento che invece si diffonde per il Paese. L’ho sentito e lo sento, questo vento di cambiamento, aleggiare nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro; tra la gente dei mercati e delle strade con cui ho parlato; tra gli studenti delle scuole e delle università con cui mi sono confrontato. Dal Nord al Sud il desiderio di un’altra Italia, trasparente e pulita, onesta e giusta, è cresciuto giorno dopo giorno. Come pianta nuova, i semi per questa nascita sono stati gettatti da ciascuno di voi. Siete stati la marea che mi ha trasportato in due mesi intensi, senza sosta, senza risparmio di energie ed entusiasmo. Qualcosa di insperato, che faccio fatica ancora adesso ad accettare come possibile, in queste ore in cui si concretizza un risultato elettorale straordinario. Di questo vi ringrazio e di questo mi faccio carico con l’impegno a continuare su questa strada su cui ci siamo incamminati. Dal Nord al Sud, in tutto il Paese, la forza del nostro sogno è infatti una ricchezza che non possiamo permetterci di disperdere, che non potete permettervi di disperdere. Il sogno di una Italia nuova comincia a farsi realtà già da oggi. Una realtà che abbiamo costruito insieme e che soprattutto costruiremo nel futuro. In una sola parola: GRAZIE.

Purtroppo non avremo Carlo Vulpio in UE, ma continuerà a lavorare per noi spero!

Ho appena ricevuto questa mail inviata da Dario Sulpizio al gruppo di persone che ha sostenuto (e sostiene) Carlo Vulpio su facebook. Io non sono altrettanto alterata, benché dispiaciuta, perché penso che c'è da fare un sacco di lavoro anche fuori dal Parlamento europeo, che Carlo è molto prezioso in Italia e che io continuo a contare su di lui e molto!
Oggetto: Elezioni, Carlo non ce l'ha fatta: da domani nulla cambia, si continua a divulgare informazione
Ringrazio tutti per l'impegno, sono molto contento di questa esperienza.
Purtroppo Carlo non ce l ha fatta, 250 voti ci hanno impedito di mandare in Europa, a mio parere, il giornalista più coraggioso d' Italia. Questo però non cambierà le cose: 50'000 elettori hanno affidato a lui una loro preferenza, e penso che gliele avrebbero date anche tutte e 3. Conoscendo Carlo Vulpio, posso essere certo di dire che non deluderà i suoi elettori, continuando a fare ancora meglio il suo lavoro, per cercare di liberare dalle catene invisibili questo dannato paese, fatto di vallette (Barbara Matera), politici professionisti (De Mita), indegni della patria (Borghezio), cantanti ( Iva Zanicchi), attacchini abusivi (Mastella), conduttrici televisive (Gardini). Queste persone andranno a rappresentarci a Bruxelles, come se Berlusconi presidente non fosse già abbastanza umiliante. (già immagino l' El Pais di domani).Questo mi motiva ancor più per impegnarmi a cambiare questo paese, partendo dalla mia città e dal mio circolo giovanile. Vi invito a fare lo stesso. Carlo non è rientrato, con ciò significa che la sua candidatura era giusta e soprattutto la più importante, dato che l' obbiettivo dei suoi avversari era proprio quello di non divulgare la sua vicenda, e di annientarlo politicamente. CI SONO RIUSCITI, ma adesso siamo DECISI, MOTIVATI E INCAZZATI. Un abbraccio a tutti, Dario,

Europee, intervista di Carlo Vulpio a Polisblog: "In corsa per legittima difesa"

In attesa di sapere se Carlo Vulpio è tra gli eletti, pubblico una sua intervista rilasciata a Polisblog (un sito di informazione che non conoscevo e che mi sembra molto interessante), il 4 Maggio scorso
E’ uno dei candidati di Di Pietro alle Europee di giugno. Un indipendente che scende nell’arena per “legittima difesa”. E così dopo la “triste” vicenda che lo ha visto protagonista, Carlo Vulpio sceglie la politica e corre con l’Idv per uno scranno all’Europarlamento. E’ candidato con Sonia Alfano, Luigi De Magistris e Antonio Di Pietro in tutte le circoscrizioni tranne quella insulare. Polisblog lo ha incontrato.
Dal Corriere della Sera a Strasburgo. Perchè si candida alle Europee?
“Per due ragioni. La prima, di “legittima difesa”, perché sono stato delegittimato, isolato e “precipitato” in un cono d’ombra: dopo che il mio giornale mi ha tolto senza un motivo valido le inchieste a cui stavo lavorando, il mondo della malapolitica, della malagiustizia e della malaeconomia aveva a disposizione un bersaglio facile da colpire. La seconda ragione è più politica e possiamo riassumerla così: il nostro Paese è a un bivio cruciale - o si rimette in piedi o non ri rialzerà più - e la parte di società civile ancora reattiva ha il dovere di non defilarsi. Poiché sono anch’io “società civile”, come cittadino e come giornalista, l’idea di una candidatura da indipendente al servizio dei valori di uguaglianza, legalità, libertà e laicità mi è piaciuta molto”.
Quanto la sua recente esperienza al Corriere (dove le è stato vietato di occuparsi delle toghe lucane) ha influito sulla sua scelta?
“Molto. Perché ormai non si trattava più di sostenere uno dei tanti contrasti realtivi alla pubblicazione di un servizio o di un’inchiesta. Si trattava di chinare il capo per tutti quei fatti, e sono quelli che fanno la differenza, all’incrocio tra politica, giustizia ed economia. Un incrocio molto pericoloso”.