giovedì 19 marzo 2009

La profezia di Salvatore Borsellino su Gioacchino Genchi

Pubblico una lettera, dai contenuti inquietanti, appena inviata da Benny Caslsanzio Borsellino a Micromega. L'operare del nostro Stato in difesa del potere è vergognoso; se Giacchino Genchi dovesse essere arrestato, non voglio che ciò accada anche in mio nome.

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La profezia di Salvatore Borsellino su Gioacchino Genchi
Lo diceva Salvatore Borsellino, ma pochi lo ascoltavano. Lo diceva lui che Genchi non stava pagando per Why Not, ma per cose molto più grandi. Ma né io né lui potevamo sapere che in quell’indagine emergevano nomi che Gioacchino Genchi aveva già incontrato durante le indagini su Via D’Amelio coordinate dalla procura di Caltanissetta. Ma Salvatore questo lo diceva da tempo, come se lo sentisse, come se fosse certo che tutti i guai di Genchi venivano da quella via e da quella data: Via D’Amelio, 19 luglio 1992. Certo, in Why Not e nelle inchieste calabresi Genchi aveva scomodato dall’impunità di Stato alcuni intoccabili, aveva portato alla luce frequentazioni deprecabili e comitati d’affari protetti dai politici più insospettabili. Ma forse, come sentiva Salvatore Borsellino, la madre di tutti i mali viene da quella via e da quella data: Via D’Amelio, 19 luglio 1992. E ora arriva anche la conferma dello stesso Gioacchino Genchi, che a poche ore dalla perquisizione nei suoi uffici e presso la sua abitazione da parte dei Ros dei carabinieri (lo stesso reparto operativo che OMISE di perquisire il covo di Totò Riina dopo il suo arresto), ha dichiarato: "Il motivo della mia delegittimazione nasce dalle inchieste sui mandanti esterni della strage di via D'Amelio in cui morì il giudice Borsellino e gli agenti della sua scorta. Nell'inchiesta Why not, in cui ho collaborato con il procuratore De Magistris, ho ritrovato, senza volerlo, le stesse persone in cui mi ero imbattuto nelle indagini di Caltanissetta sui mandanti esterni di quella strage". E’ una conferma atroce che la dice lunga su quello che c’è dietro quella strage. Chi tocca Via D’Amelio muore, chi fisicamente, chi professionalmente. E se Genchi sta parlando di questo, è perché è conscio che ormai rimane poco tempo per parlare, per raccontare. Qualcuno lo fermerà, in ogni modo, dalle manette a tutto il resto. Il copione atto a screditare il consulente tecnico più richiesto d’Italia prosegue la sua marcia, e ora anche la Polizia, per cui Genchi ha prestato servizio e da cui si era messo in aspettativa non retribuita, affila le armi: il dipartimento della Pubblica sicurezza ha avviato un procedimento disciplinare contro di lui, e rischia ora la sospensione dal servizio. Il procedimento disciplinare - secondo quanto si è appreso - si riferisce al contenuto di una intervista, definita "non autorizzata", che il funzionario ha rilasciato al settimanale Left. Tutto coincide, tutto ritorna. Come per Luigi De Magistris, il regime inizia a stritolare l’eretico, il rivoluzionario che svela l’imbarazzante nudità delle istituzioni. Dalla politica, che ha praticamente “dettato” questa perquisizione, come ha dichiarato l’avvocato Fabio Repici, legale di Genchi, continuano ad arrivare gli ordini di scuderia per magistrati e reparti speciali dei carabinieri. Maurizio Gasparri ha dichiarato: “Cosa aspettano ad arrestarlo”? Io non credo sia una fantasia. Il mio parere è che stiano cercando tutto il possibile per cambiare l’accusa in un qualche reato che preveda l’arresto. La cosa fondamentale di fronte a tutto questo è che tutti sappiano, è che ognuno di noi sia perfettamente cosciente del perché tutto questo sta avvenendo. Potrà accadere di tutto, dall’arresto di Genchi, alla sua diffamazione a reti unificate e a giornali uniti, alla sua delegittimazione per far sì che quello che ha scoperto diventi carta straccia. Ormai non resta che parlare e raccontare tutto, al di là di ogni rischio. Talvolta parlare, come fece De Magistris, ti può distruggere la carriera ma ti può salvare la vita. E’ avvilente e drammatico, ma dobbiamo tenere duro.

Benny Calasanzio

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