Sono riuscita ad organizzarmi e domani sarò al sit-in dabvanti alla Questura di ROMA (via Genova, tratto tra via San Vitale e via Piacenza), con Salvatore Borsellino, Sonia Alfano e Benny Calasanzio per manifestare in solidarietà di Gioacchino Genchi. La manifestazione è stata autorizzata.
venerdì 27 marzo 2009
mercoledì 25 marzo 2009
Occupiamoci dell'informazione
Che bellezza per una volta avere politici così intelligenti da votare! Non mi sembra neanche vero...
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Questura di Milano
Per Milano è stato creato un gruppo facebook che organizza la manifestazione davanti alla Questura (non ancora autorizzata però a quanto pare).
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Sit-in per Gioacchino Genchi, sabato 28 Marzo
Non so ancora se sabato sarò a Milano o a Potenza, ma intendo partecipare al sit-in davanti alla Questura di una di queste due città.
Mi pare di capire che però senza autorizzazioni (probabilmente non c'è il tempo di ottenerne) si possa solo transitare con cartelli al collo davanti alla questura, in gruppetti di max 4 persone, pena l'accusa di manifestazione non autorizzata o di adunata sediziosa (vedi commenti al post di Borsellino, Alfano e Calasanzio).
Non so ancora di organizzazioni già in atto in queste due città, se qualcuno sa qualcosa per favore lasci un messaggio qui oppure (meglio) sul blog di Salvatore Borsellino. Domani sera avrò le idee più chiare sui miei spostamenti.
Mi pare di capire che però senza autorizzazioni (probabilmente non c'è il tempo di ottenerne) si possa solo transitare con cartelli al collo davanti alla questura, in gruppetti di max 4 persone, pena l'accusa di manifestazione non autorizzata o di adunata sediziosa (vedi commenti al post di Borsellino, Alfano e Calasanzio).
Non so ancora di organizzazioni già in atto in queste due città, se qualcuno sa qualcosa per favore lasci un messaggio qui oppure (meglio) sul blog di Salvatore Borsellino. Domani sera avrò le idee più chiare sui miei spostamenti.
martedì 24 marzo 2009
Berlusconi ha impuesto su escala de disvalores
Una bella intervista di Miguel Mora a Marco Travaglio su El Paìs di ieri 23 Marzo 2009.
Trovate il pdf del cartaceo in coda a 'Zorro' di oggi su:
http://voglioscendere.ilcannocchiale.it/post/2203129.html
oppure l'edizione web sul sito di El Paìs.
Su 'Italia dall'Estero' è presente la traduzione dell'articolo.
Trovate il pdf del cartaceo in coda a 'Zorro' di oggi su:
http://voglioscendere.ilcannocchiale.it/post/2203129.html
oppure l'edizione web sul sito di El Paìs.
Su 'Italia dall'Estero' è presente la traduzione dell'articolo.
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P2, P3, P4... Uno alla volta, nottetempo, casa per casa
Sui sempre più inquietanti sviluppi dell'accanimento di Stato contro Gioacchino Genchi, pubblico un articolo del grande Carlo Vulpio, tratto dal suo blog.
24/03/2009
di Carlo Vulpio
P2, P3, P4... Uno alla volta, nottetempo, casa per casa
Occhi aperti. Quello su Genchi è solo un esperimento dei soliti noti.
Lo avevamo detto. Anzi lo avevamo predetto.Questa sospensione dalle funzioni di poliziotto del vicequestore Gioacchino Genchi - per aver risposto su Facebook a un cronista di Panorama che gli dava del bugiardo, e quindi per essersi difeso con la parola da un'accusa infamante - non sorprende, anche se rattrista.L'ultimo in ordine di tempo era stato Luigi de Magistris. Il giorno dopo l'annuncio della sua candidatura come indipendente nell'IdV, sono arrivate in contemporanea: la notizia dell'apertura di un'inchiesta a suo carico da parte della procura di Roma per concorso in abuso d'ufficio e interruzione di pubblico servizio, la "richiesta" del vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, di dimissioni dalla magistratura (cosa che Mancino non ha mai osato chiedere, né fatto notare a nessun altro, da Violante in poi), la notizia della richiesta di archiviazione, avanzata dalla stessa procura di Roma, della querela che Luigi de Magistris e Clementina Forleo presentarono contro Letizia Vacca, membro laico del Csm in quota Pdci, che definì i due magistrati "due figure negative, due cattivi magistrati", offendendoli e anticipando il giudizio prima ancora che se ne discutesse in Csm.
Oggi, tocca a Gioacchino Genchi. Vogliono fargliela pagare a tutti i costi perché è una persona onesta e ha dimostrato di avere carattere, non lasciandosi intimidire.
Lo avevamo detto. Anzi, predetto, che piano piano, uno alla volta, sarebbero venuti a cercarci, casa per casa, magari nottetempo, per portarci via "in nome della legge", o per farci sentire il loro fetido fiato sul collo.Stanno mettendo mano a ogni arma a disposizione. La stampa amica, i giudici disponibili, le forze dell'ordine condiscendenti, i killer politici a orologeria. Per ora, si fermano a questo. In attesa di capire come si metteranno le cose, e in quale direzione spirerà il vento. Per esempio, il vento delle elezioni prossime venture.Non meravigliamoci se faranno altro ancora, e se ne faranno di ancor più sporche.
Non sottovalutiamo. Ma non intimidiamoci. Teniamo gli occhi aperti e diciamo fin da ora a tutti - dagli osservatori inviati dall'OSCE in Italia per controllare la regolarità delle elezioni, ai vertici dei corpi armati dello Stato, dalla magistratura fino al Parlamento e ai cittadini - che non osino metterci le mani addosso. Nemmeno metaforicamente. Perché sappiamo chi sono e si saprebbe subito chi è stato.Genchi, purtroppo, è un altro caso da "esperimento". Ancora una volta, si vuol vedere "l'effetto che fa" e misurare il polso all'intero Paese, colpendo con una ingiusta persecuzione una persona che ha fatto solo il proprio dovere, dal giorno in cui scoprì da dove partirono i segnali per uccidere Falcone e Borsellino con le rispettive scorte fino a oggi, quando con le inchieste nate in Calabria e allargatesi in tutta Italia ha "rivisto" quelle stesse facce del piduismo elevato a potenza che stavano insanguinando l'Italia e continuano a spolparla dal di dentro.
Non sanno cos'altro inventarsi. Sono in grave difficoltà. Per questo adesso sono più deboli, e quindi più pericolosi.
Ma non ce la faranno. Questo forse è il loro ultimo giro.
Sospendere dal servizio un poliziotto onesto, o indagare un magistrato integerrimo, o fare qualsiasi altra cosa che assomigli a queste a qualcun altro, non gli servirà a nulla. La gente ha capito chi ha ragione e chi ha torto. game over.
24/03/2009
di Carlo Vulpio
P2, P3, P4... Uno alla volta, nottetempo, casa per casa
Occhi aperti. Quello su Genchi è solo un esperimento dei soliti noti.
Lo avevamo detto. Anzi lo avevamo predetto.Questa sospensione dalle funzioni di poliziotto del vicequestore Gioacchino Genchi - per aver risposto su Facebook a un cronista di Panorama che gli dava del bugiardo, e quindi per essersi difeso con la parola da un'accusa infamante - non sorprende, anche se rattrista.L'ultimo in ordine di tempo era stato Luigi de Magistris. Il giorno dopo l'annuncio della sua candidatura come indipendente nell'IdV, sono arrivate in contemporanea: la notizia dell'apertura di un'inchiesta a suo carico da parte della procura di Roma per concorso in abuso d'ufficio e interruzione di pubblico servizio, la "richiesta" del vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, di dimissioni dalla magistratura (cosa che Mancino non ha mai osato chiedere, né fatto notare a nessun altro, da Violante in poi), la notizia della richiesta di archiviazione, avanzata dalla stessa procura di Roma, della querela che Luigi de Magistris e Clementina Forleo presentarono contro Letizia Vacca, membro laico del Csm in quota Pdci, che definì i due magistrati "due figure negative, due cattivi magistrati", offendendoli e anticipando il giudizio prima ancora che se ne discutesse in Csm.
Oggi, tocca a Gioacchino Genchi. Vogliono fargliela pagare a tutti i costi perché è una persona onesta e ha dimostrato di avere carattere, non lasciandosi intimidire.
Lo avevamo detto. Anzi, predetto, che piano piano, uno alla volta, sarebbero venuti a cercarci, casa per casa, magari nottetempo, per portarci via "in nome della legge", o per farci sentire il loro fetido fiato sul collo.Stanno mettendo mano a ogni arma a disposizione. La stampa amica, i giudici disponibili, le forze dell'ordine condiscendenti, i killer politici a orologeria. Per ora, si fermano a questo. In attesa di capire come si metteranno le cose, e in quale direzione spirerà il vento. Per esempio, il vento delle elezioni prossime venture.Non meravigliamoci se faranno altro ancora, e se ne faranno di ancor più sporche.
Non sottovalutiamo. Ma non intimidiamoci. Teniamo gli occhi aperti e diciamo fin da ora a tutti - dagli osservatori inviati dall'OSCE in Italia per controllare la regolarità delle elezioni, ai vertici dei corpi armati dello Stato, dalla magistratura fino al Parlamento e ai cittadini - che non osino metterci le mani addosso. Nemmeno metaforicamente. Perché sappiamo chi sono e si saprebbe subito chi è stato.Genchi, purtroppo, è un altro caso da "esperimento". Ancora una volta, si vuol vedere "l'effetto che fa" e misurare il polso all'intero Paese, colpendo con una ingiusta persecuzione una persona che ha fatto solo il proprio dovere, dal giorno in cui scoprì da dove partirono i segnali per uccidere Falcone e Borsellino con le rispettive scorte fino a oggi, quando con le inchieste nate in Calabria e allargatesi in tutta Italia ha "rivisto" quelle stesse facce del piduismo elevato a potenza che stavano insanguinando l'Italia e continuano a spolparla dal di dentro.
Non sanno cos'altro inventarsi. Sono in grave difficoltà. Per questo adesso sono più deboli, e quindi più pericolosi.
Ma non ce la faranno. Questo forse è il loro ultimo giro.
Sospendere dal servizio un poliziotto onesto, o indagare un magistrato integerrimo, o fare qualsiasi altra cosa che assomigli a queste a qualcun altro, non gli servirà a nulla. La gente ha capito chi ha ragione e chi ha torto. game over.
'Auguri a tutti i papà, in una Patria che ormai sembra rimasta orfana ... L'affetto e l'abbraccio dei miei figli mi consola e mi aiuta a combattere'
Le accuse che vengono mosse a Gioacchino Genchi sono di una genericità spaventosa, proprio come si usa nelle peggiori dittature, e contrastano con la precisione delle sue repliche, la precisione di chi svolge il proprio lavoro con passione, senza tralasciare nessun dettaglio.
Genchi sospeso dal servizio dalla Polizia di Stato
link alla terribile notizia, dal Blog di Gioacchino Genchi.
lunedì 23 marzo 2009
Rai, Gelli candidato ideale di Re Silvio
dal blog di Giuseppe Giulietti, che con molta arguzia descrive la drammatica realtà del controllo dell'informazione in Italia:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/220309-rai-gelli-candidato-ideale-di-re-silvio/
22.03.09
Silvio Berlusconi sta cercando un presidente della Rai che lo garantisca davvero. Il centro sinistra continua a provocarlo, si fa per dire, con nomi che non gli piacciono. Franceschini, almeno per ora, ha deciso di non fare altri nomi eppure si potrebbe fare uno sforzo per individuare un candidato che non disturbi il povero Silvio.
Noi ci abbiamo provato e siamo partiti dalla ricerca di una biografia possibile e condivisibile anche dal signore di Arcore.Il candidato che vi proporremo ha già superato gli ottanta anni e, dunque risponde alla classe anagrafica più gettonata in queste ore. Non vi è dubbio alcuno che si tratti di un esperto della materia perché al tema informazione ha dedicato una attenzione davvero maniacale, suggerendo progetti e piani. Ultimamente ha anche tentato la strada della conduzione tv. A suo modo lo possiamo definire un cultore della Costituzione, anche se non condividiamo le sue ricette per farla a pezzi. Non è certo un uomo di sinistra ma coltivava buoni rapporti con alcuni dei socialisti felicemente approdati nella casa delle libertà. Stando alle indiscrezioni avrebbe anche fatto parte di una associazione privata che spesso indica i suoi soci nei posti di comando delle aziende pubbliche e private. In nessuna occasione, inoltre, ha mai osato criticare l’amico presidente, anzi lo ha più volte indicato come l’unico erede riconosciuto.Per tutte queste ragioni vi è un solo candidato che potrebbe essere condiviso da re Silvio senza esitazione alcuna: Licio Gelli.Ci auguriamo che il presidente editore superi le ultime incertezze e dia il via libera ad un vecchio amico che non lo ha mai tradito.Giuseppe Giulietti
http://temi.repubblica.it/micromega-online/220309-rai-gelli-candidato-ideale-di-re-silvio/
22.03.09
Silvio Berlusconi sta cercando un presidente della Rai che lo garantisca davvero. Il centro sinistra continua a provocarlo, si fa per dire, con nomi che non gli piacciono. Franceschini, almeno per ora, ha deciso di non fare altri nomi eppure si potrebbe fare uno sforzo per individuare un candidato che non disturbi il povero Silvio.
Noi ci abbiamo provato e siamo partiti dalla ricerca di una biografia possibile e condivisibile anche dal signore di Arcore.Il candidato che vi proporremo ha già superato gli ottanta anni e, dunque risponde alla classe anagrafica più gettonata in queste ore. Non vi è dubbio alcuno che si tratti di un esperto della materia perché al tema informazione ha dedicato una attenzione davvero maniacale, suggerendo progetti e piani. Ultimamente ha anche tentato la strada della conduzione tv. A suo modo lo possiamo definire un cultore della Costituzione, anche se non condividiamo le sue ricette per farla a pezzi. Non è certo un uomo di sinistra ma coltivava buoni rapporti con alcuni dei socialisti felicemente approdati nella casa delle libertà. Stando alle indiscrezioni avrebbe anche fatto parte di una associazione privata che spesso indica i suoi soci nei posti di comando delle aziende pubbliche e private. In nessuna occasione, inoltre, ha mai osato criticare l’amico presidente, anzi lo ha più volte indicato come l’unico erede riconosciuto.Per tutte queste ragioni vi è un solo candidato che potrebbe essere condiviso da re Silvio senza esitazione alcuna: Licio Gelli.Ci auguriamo che il presidente editore superi le ultime incertezze e dia il via libera ad un vecchio amico che non lo ha mai tradito.Giuseppe Giulietti
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Genchi diffidato, Manganelli intervenga: firma anche tu!
Importantissimo appello da firmare, tratto dal blog di Salvatore Borsellino:
http://www.19luglio1992.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1199:genchi-diffidato-manganelli-intervenga-firma-anche-tu&catid=2:editoriali&Itemid=4
Scritto da Marco Bertelli
Domenica 22 Marzo 2009 19:13
La redazione di www.19luglio1992.com invita tutti gli utenti del sito a sottoscrivere e sostenere con forza la lettera aperta inviata dal direttore di ANTIMAFIADuemila Giorgio Bongiovanni al capo della Polizia dott. Antonio Manganelli presso il link:
GENCHI DIFFIDATO, MANGANELLI INTERVENGA: FIRMA ANCHE TU!
Le firme ed i commenti verrano raccolti e recapitati al dott. Manganelli per testimoniare la preoccupazione dell´opinione pubblica sugli sviluppi del cosiddetto “caso Genchi”, ovvero un caso creato ad arte da singoli esponenti delle istituzioni e del mondo dell´informazione per coprire con una cortina fumogena i gravissimi fatti ed indizi di responsabilità penale che stavano emergendo a carico di alcuni indagati nell´ambito dell´inchiesta WHY NOT condotta dal PM di Catanzaro Luigi de Magistris ed a questi avocata in modo illeggittimo il 20 ottobre 2007 (leggi il decreto di sequestro probatorio emesso dalla Procura della Repubblica di Salerno il 2 dicembre 2008).
Abbiamo appreso il 13 marzo 2009 che il dipartimento della Pubblica sicurezza del Ministero dell´Interno ha avviato un procedimento disciplinare a carico del funzionario di polizia Gioacchino Genchi che rischia ora la sospensione dal servizio. Il procedimento disciplinare si riferisce al contenuto di un´intervista, definita "non autorizzata", che il vice-questore Genchi ha rilasciato al giornalista Pietro Orsatti del settimanale LEFT. Il dott. Genchi é stato anche diffidato a rilasciare altre interviste senza preventiva autorizzazione.
Riteniamo che un provvedimento disciplinare a carico del dott. Genchi per le dichiarazioni rilasciate sia totalmente ingiustificato. Il dott. Genchi si trova in questo momento al centro di una pericolosa campagna di delegittimazione basata sul nulla di fatto, in quanto la Procura della Repubblica di Salerno ha già accertato con il decreto di sequestro probatorio del 2 dicembre 2008 la perfetta legittimitá dell´operato del dott. de Magistris e del suo consulente informatico Genchi nell´ambito dell´inchiesta WHY NOT. In particolare riguardo all´avocazione dell´incarico al consulente da parte del procuratore generale ff. Dolcino Favi i magistrati di Salerno Luigi Apicella, Gabriella Nuzzi e Dionigi Verasani scrivono: “Gli approfondimenti esperiti da questo ufficio hanno evidenziato una serie di gravi patologie. Si evidenziano, in primis, i gravi profili di illiceità inficianti il modus operandi del procuratore generale avocante, dr. Dolcino Favi, che, dopo aver illegalmente avocato a sé il procedimento c.d. Why Not, disponeva la revoca con effetto immediato dell’incarico di consulenza del dr. Genchi, sulla base di un provvedimento privo di sostanziale motivazione, né sorretto da alcun dato concreto, documentale e/o informativo, di riscontro effettivo alle asserite presunte illegittimità ascrivibili al consulente nell’espletamento del mandato e alla eccessiva onerosità delle sue prestazioni professionali” (leggi anche "Caso De Magistris: il Csm punisce Apicella, Nuzzi e Verasani. Il pericolo autonomia e indipendenza della magistratura" di Monica Centofante, ANTIMAFIADUEMILA gennaio 2009). Va infine ricordato che il Tribunale del riesame di Salerno ha confermato il 9 gennaio 2009 la piena conformitá del decreto di sequestro probatorio emesso dalla Procura salernitana allora diretta dal dott. Apicella.
Questi sono i fatti alla luce dei quali riteniamo totalmente infondate le accuse di abuso d´uffico e violazione della privay che vengono mosse dalla procura della Repubblica di Roma al dott. Genchi. Ci appelliamo pertanto al capo della Polizia dott. Manganelli che conosce personalmente la professionalitá e la correttezza dell´operato del dott. Genchi dimostrate in vent´anni di lavoro al fianco delle forze dell´ordine perchè si attivi presso i responsabili del dipartimento di P. S. al fine di revocare il provvedimento disciplinare avviato a carico del dott. Genchi. Le pressioni di alcuni esponenti politici per continuare a montare uno scandalo sul nulla giuridico sono certamente insistenti (vedi agenzie di stampa in basso), ma è necessario dare un chiaro segnale a tutti coloro che non possono assistere indifferenti alla delegittimazione ed all´aggressione degli uomini delle Istituzioni che cercano solo di poter fare il proprio dovere ed applicare la legge in modo eguale per tutti.
AGENZIE DI STAMPA DEL 10 MARZO SUL "CASO" GENCHI:
GENCHI: GASPARRI, CASO INQUIETANTE SERVE COMMISSIONE INCHIESTA (AGI) - Roma, 10 mar. - 'La relazione di Rutelli nell'Aula del Senato sullo scandalo Genchi ci parla di una vicenda inquietante. Sono stati sventrati con attivita' illecite apparati di sicurezza, servizi segreti, ambasciate, procura antimafia e Parlamento. Una mostruosa e illegale banca dati e' ancora esistente nonostante gli evidenti e reiterati reati connessi da Genchi e non solo da lui. Quali sono le responsabilita' di De Magistris? Il Capo della polizia a quali compiti ha ora adibito Genchi? Perche' non e' stato sospeso dal servizio? Come ci si puo' fidare di una magistratura che lascia ancora operare De Magistris? Le procure spesso cosi' attive nell'uso delle manette come mai non aprono le porte del carcere a chi lo merita? Occorre una Commissione di inchiesta parlamentare su questa vicenda vergognosa. Chiedo intanto a Manganelli di fare il suo dovere. Allontando stasera stessa chi va cacciato. Anche per evitere proprie responsabilita'. E spero si muova il Csm. Certe persone non possono agire tuttora nello Stato'. Lo dichiara il presidente del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri.
ARCHIVIO GENCHI: CAPO POLIZIA CHIEDE INCONTRO A RUTELLI (ANSA) - ROMA, 10 MAR - Sulle vicende legate al cosiddetto archivio Genchi -il megacontenitore di dati estratti da tabulati telefonici- il capo della polizia, prefetto Antonio Manganelli, ha chiesto questa sera un incontro al presidente del Copasir Francesco Rutelli. Secondo quanto si e' appreso, con questa richiesta, il Dipartimento della pubblica sicurezza e il ministero dell'Interno intendono veder chiaro sulla regolarita' dei comportamenti tenuti da un dipendente -Gioacchino Genchi- a lungo ritenuto apprezzato consulente e perito di numerosi magistrati di varie parti d'Italia.
http://www.19luglio1992.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1199:genchi-diffidato-manganelli-intervenga-firma-anche-tu&catid=2:editoriali&Itemid=4
Scritto da Marco Bertelli
Domenica 22 Marzo 2009 19:13
La redazione di www.19luglio1992.com invita tutti gli utenti del sito a sottoscrivere e sostenere con forza la lettera aperta inviata dal direttore di ANTIMAFIADuemila Giorgio Bongiovanni al capo della Polizia dott. Antonio Manganelli presso il link:
GENCHI DIFFIDATO, MANGANELLI INTERVENGA: FIRMA ANCHE TU!
Le firme ed i commenti verrano raccolti e recapitati al dott. Manganelli per testimoniare la preoccupazione dell´opinione pubblica sugli sviluppi del cosiddetto “caso Genchi”, ovvero un caso creato ad arte da singoli esponenti delle istituzioni e del mondo dell´informazione per coprire con una cortina fumogena i gravissimi fatti ed indizi di responsabilità penale che stavano emergendo a carico di alcuni indagati nell´ambito dell´inchiesta WHY NOT condotta dal PM di Catanzaro Luigi de Magistris ed a questi avocata in modo illeggittimo il 20 ottobre 2007 (leggi il decreto di sequestro probatorio emesso dalla Procura della Repubblica di Salerno il 2 dicembre 2008).
Abbiamo appreso il 13 marzo 2009 che il dipartimento della Pubblica sicurezza del Ministero dell´Interno ha avviato un procedimento disciplinare a carico del funzionario di polizia Gioacchino Genchi che rischia ora la sospensione dal servizio. Il procedimento disciplinare si riferisce al contenuto di un´intervista, definita "non autorizzata", che il vice-questore Genchi ha rilasciato al giornalista Pietro Orsatti del settimanale LEFT. Il dott. Genchi é stato anche diffidato a rilasciare altre interviste senza preventiva autorizzazione.
Riteniamo che un provvedimento disciplinare a carico del dott. Genchi per le dichiarazioni rilasciate sia totalmente ingiustificato. Il dott. Genchi si trova in questo momento al centro di una pericolosa campagna di delegittimazione basata sul nulla di fatto, in quanto la Procura della Repubblica di Salerno ha già accertato con il decreto di sequestro probatorio del 2 dicembre 2008 la perfetta legittimitá dell´operato del dott. de Magistris e del suo consulente informatico Genchi nell´ambito dell´inchiesta WHY NOT. In particolare riguardo all´avocazione dell´incarico al consulente da parte del procuratore generale ff. Dolcino Favi i magistrati di Salerno Luigi Apicella, Gabriella Nuzzi e Dionigi Verasani scrivono: “Gli approfondimenti esperiti da questo ufficio hanno evidenziato una serie di gravi patologie. Si evidenziano, in primis, i gravi profili di illiceità inficianti il modus operandi del procuratore generale avocante, dr. Dolcino Favi, che, dopo aver illegalmente avocato a sé il procedimento c.d. Why Not, disponeva la revoca con effetto immediato dell’incarico di consulenza del dr. Genchi, sulla base di un provvedimento privo di sostanziale motivazione, né sorretto da alcun dato concreto, documentale e/o informativo, di riscontro effettivo alle asserite presunte illegittimità ascrivibili al consulente nell’espletamento del mandato e alla eccessiva onerosità delle sue prestazioni professionali” (leggi anche "Caso De Magistris: il Csm punisce Apicella, Nuzzi e Verasani. Il pericolo autonomia e indipendenza della magistratura" di Monica Centofante, ANTIMAFIADUEMILA gennaio 2009). Va infine ricordato che il Tribunale del riesame di Salerno ha confermato il 9 gennaio 2009 la piena conformitá del decreto di sequestro probatorio emesso dalla Procura salernitana allora diretta dal dott. Apicella.
Questi sono i fatti alla luce dei quali riteniamo totalmente infondate le accuse di abuso d´uffico e violazione della privay che vengono mosse dalla procura della Repubblica di Roma al dott. Genchi. Ci appelliamo pertanto al capo della Polizia dott. Manganelli che conosce personalmente la professionalitá e la correttezza dell´operato del dott. Genchi dimostrate in vent´anni di lavoro al fianco delle forze dell´ordine perchè si attivi presso i responsabili del dipartimento di P. S. al fine di revocare il provvedimento disciplinare avviato a carico del dott. Genchi. Le pressioni di alcuni esponenti politici per continuare a montare uno scandalo sul nulla giuridico sono certamente insistenti (vedi agenzie di stampa in basso), ma è necessario dare un chiaro segnale a tutti coloro che non possono assistere indifferenti alla delegittimazione ed all´aggressione degli uomini delle Istituzioni che cercano solo di poter fare il proprio dovere ed applicare la legge in modo eguale per tutti.
AGENZIE DI STAMPA DEL 10 MARZO SUL "CASO" GENCHI:
GENCHI: GASPARRI, CASO INQUIETANTE SERVE COMMISSIONE INCHIESTA (AGI) - Roma, 10 mar. - 'La relazione di Rutelli nell'Aula del Senato sullo scandalo Genchi ci parla di una vicenda inquietante. Sono stati sventrati con attivita' illecite apparati di sicurezza, servizi segreti, ambasciate, procura antimafia e Parlamento. Una mostruosa e illegale banca dati e' ancora esistente nonostante gli evidenti e reiterati reati connessi da Genchi e non solo da lui. Quali sono le responsabilita' di De Magistris? Il Capo della polizia a quali compiti ha ora adibito Genchi? Perche' non e' stato sospeso dal servizio? Come ci si puo' fidare di una magistratura che lascia ancora operare De Magistris? Le procure spesso cosi' attive nell'uso delle manette come mai non aprono le porte del carcere a chi lo merita? Occorre una Commissione di inchiesta parlamentare su questa vicenda vergognosa. Chiedo intanto a Manganelli di fare il suo dovere. Allontando stasera stessa chi va cacciato. Anche per evitere proprie responsabilita'. E spero si muova il Csm. Certe persone non possono agire tuttora nello Stato'. Lo dichiara il presidente del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri.
ARCHIVIO GENCHI: CAPO POLIZIA CHIEDE INCONTRO A RUTELLI (ANSA) - ROMA, 10 MAR - Sulle vicende legate al cosiddetto archivio Genchi -il megacontenitore di dati estratti da tabulati telefonici- il capo della polizia, prefetto Antonio Manganelli, ha chiesto questa sera un incontro al presidente del Copasir Francesco Rutelli. Secondo quanto si e' appreso, con questa richiesta, il Dipartimento della pubblica sicurezza e il ministero dell'Interno intendono veder chiaro sulla regolarita' dei comportamenti tenuti da un dipendente -Gioacchino Genchi- a lungo ritenuto apprezzato consulente e perito di numerosi magistrati di varie parti d'Italia.
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domenica 22 marzo 2009
Caso De Magistris: Genchi diffidato, Manganelli intervenga
Pubblico una Lettera aperta del direttore di ANTIMAFIADuemila al Capo della Polizia Manganelli dopo i nuovi risvolti del “caso Genchi”. La persecuzione di Stato in atto nei confronti di Gioacchino Genchi sta diventando ogni giorno più grave e pericolosa per i precedenti che sta creando. Ora gli viene interdetto di difendersi, con 'metodologie tipiche della polizia di stampo fascista', come spiega Giorgio Bongiovanni. Speriamo di riuscire a fermare questa deriva, che è in continua accelerazione.
di Giorgio Bongiovanni – 21 marzo 2009
tratto da
http://www.antimafiaduemila.com/content/view/14084/78/
Egregio Dott. Antonio Manganelli,
mi rivolgo in nome della sua amicizia con Giovanni Falcone e per la sua grande professionalità dimostrata tra l’altro con la cattura del boss Nitto Santapaola. “Un regalo per Giovanni” come lei stesso ebbe a dire.
Apprendiamo che con una lettera di diffida e una serie di addebiti contestati dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno si vuole impedire al Dott. Gioacchino Genchi, in qualità di consulente e di perito dell’Autorità Giudiziaria e, ora, di indagato della procura di Roma, di difendersi legittimamente dalle violente, infondate ed illecite accuse perpetrate ai suoi danni. Con una vera e propria persecuzione mediatico -politico-giudiziaria basata sul nulla giuridico, così come hanno dimostrato le indagini condotte dalla procura di Salerno e riportate in un documento (il decreto di sequestro probatorio sfociato nelle perquisizioni dello scorso 2 dicembre) ritenuto perfettamente legittimo dal Tribunale del Riesame di Salerno.La preghiamo pertanto, in quanto massimo rappresentante dell’organo della Polizia, di attivarsi presso i suoi dipendenti degli uffici del dipartimento di P.S. al fine di impedire che vengano attuati provvedimenti disciplinari di per sé pericolosi per la Democrazia del nostro Paese poiché mettono in atto metodologie tipiche della polizia di stampo fascista.
Atti che potrebbero, anche, compromettere le importanti indagini in corso per le quali il Dott. Genchi svolge ancora la sua attività di consulente. Attività che negli anni ha dimostrato di saper condurre con estrema correttezza portando a notevoli e fondamentali successi investigativi. Cito per tutti quelli che riguardano l’identificazione dei responsabili materiali delle stragi del 1992 in cui persero la vita proprio Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e gli uomini delle loro scorte.
Dopo una attenta lettura delle carte che riguardano la vicenda del Dott. Genchi mi sento di poter serenamente dichiarare che i provvedimenti disciplinari enunciati dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza, se attuati, correrebbero il rischio di contribuire al rafforzamento di un vero e proprio clima di regime. Che già si respira e che rischia di riportare il nostro Paese agli anni bui del fascismo.Fiducioso nella sua trasparenza e conscio delle possibili pressioni politiche che in questo momento difficile possono gravare sulla sua persona, attendo un suo riscontro e cordialmente saluto
Giorgio Bongiovanni
di Giorgio Bongiovanni – 21 marzo 2009
tratto da
http://www.antimafiaduemila.com/content/view/14084/78/
Egregio Dott. Antonio Manganelli,
mi rivolgo in nome della sua amicizia con Giovanni Falcone e per la sua grande professionalità dimostrata tra l’altro con la cattura del boss Nitto Santapaola. “Un regalo per Giovanni” come lei stesso ebbe a dire.
Apprendiamo che con una lettera di diffida e una serie di addebiti contestati dal Dipartimento di Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno si vuole impedire al Dott. Gioacchino Genchi, in qualità di consulente e di perito dell’Autorità Giudiziaria e, ora, di indagato della procura di Roma, di difendersi legittimamente dalle violente, infondate ed illecite accuse perpetrate ai suoi danni. Con una vera e propria persecuzione mediatico -politico-giudiziaria basata sul nulla giuridico, così come hanno dimostrato le indagini condotte dalla procura di Salerno e riportate in un documento (il decreto di sequestro probatorio sfociato nelle perquisizioni dello scorso 2 dicembre) ritenuto perfettamente legittimo dal Tribunale del Riesame di Salerno.La preghiamo pertanto, in quanto massimo rappresentante dell’organo della Polizia, di attivarsi presso i suoi dipendenti degli uffici del dipartimento di P.S. al fine di impedire che vengano attuati provvedimenti disciplinari di per sé pericolosi per la Democrazia del nostro Paese poiché mettono in atto metodologie tipiche della polizia di stampo fascista.
Atti che potrebbero, anche, compromettere le importanti indagini in corso per le quali il Dott. Genchi svolge ancora la sua attività di consulente. Attività che negli anni ha dimostrato di saper condurre con estrema correttezza portando a notevoli e fondamentali successi investigativi. Cito per tutti quelli che riguardano l’identificazione dei responsabili materiali delle stragi del 1992 in cui persero la vita proprio Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e gli uomini delle loro scorte.
Dopo una attenta lettura delle carte che riguardano la vicenda del Dott. Genchi mi sento di poter serenamente dichiarare che i provvedimenti disciplinari enunciati dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza, se attuati, correrebbero il rischio di contribuire al rafforzamento di un vero e proprio clima di regime. Che già si respira e che rischia di riportare il nostro Paese agli anni bui del fascismo.Fiducioso nella sua trasparenza e conscio delle possibili pressioni politiche che in questo momento difficile possono gravare sulla sua persona, attendo un suo riscontro e cordialmente saluto
Giorgio Bongiovanni
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"I no longer will sit on the sidelines"
Pubblico un post tratto da
http://my.barackobama.com/page/community/post/obamaforamerica/gGx5XW/commentary#comment-gGL3pn
e il commento che ho inviato a Jayne.
By Christopher Hass - Mar 21st, 2009 at 11:59 pm EDT
Jayne has been an Obama supporter from the beginning. Despite never having been involved in politics before, she leaped at the chance to start the first MyBO group in Boca Raton, Florida the day Barack announced his candidacy. Nearly two years later, on the morning after the election, she wrote:
'One thing that I know - this process has changed me. I no longer will sit on the sidelines. I will stay involved. I will participate. I now know the power we have when we unite in a purpose. I feel so powerful this morning - I hadn't felt that way in a very long time. Never again will I let my power be taken away - this government is mine - it belongs to all of us. In order for that to remain true, all of us must stay involved and active.'
Today she and the group were back at it, gathering signatures in the rain. She was, as she described it, glad to be "back in the saddle - though I never left it!"
'Today it was raining like crazy but several of us still went out and managed to get 212 pledges signed - not bad considering the weather. I was heartened by the strong support President Obama still enjoys locally. We got tee shirts made up for the occasion that have the Obama emblem and "President Obama - We Pledge Our Support" on them.
... Our President told us we have to stay involved if we expect the changes we voted for to happen. The special interests will be active - we have to be twice as active as they are!
Hosts have until Tuesday night to enter the information from their signed pledges, but if you hosted an event today, please take a few minutes tonight to report your total number of pledges and the number of volunteers that participated. We'll have more coverage of today's events tomorrow . . .'
Il mio commento
Dear Jayne,
I just wannna tell you that what you're saying and doing gives a great hope even miles and miles away. I am Italian, my Country is being destroyed every day more by corruption, our government (and opposition, say our politicians and local administrators) is stealing the future of young people. I don't know if we will be so lucky to have a BO one day, but for myself I totally agree with you and I am decided:
I no longer will sit on the sidelines.
People must not be lazy nor hopeless, they must participate in THEIR gogvernment.
Thank you for making us believe in the possibility of a change,
Valeria
ps. my blog is written in italian (...) but you may know this italian blog (beppegrillo.it) which is translated in english too and is the meetup point for the italians who really want to participate and change Italy.
http://my.barackobama.com/page/community/post/obamaforamerica/gGx5XW/commentary#comment-gGL3pn
e il commento che ho inviato a Jayne.
By Christopher Hass - Mar 21st, 2009 at 11:59 pm EDT
Jayne has been an Obama supporter from the beginning. Despite never having been involved in politics before, she leaped at the chance to start the first MyBO group in Boca Raton, Florida the day Barack announced his candidacy. Nearly two years later, on the morning after the election, she wrote:
'One thing that I know - this process has changed me. I no longer will sit on the sidelines. I will stay involved. I will participate. I now know the power we have when we unite in a purpose. I feel so powerful this morning - I hadn't felt that way in a very long time. Never again will I let my power be taken away - this government is mine - it belongs to all of us. In order for that to remain true, all of us must stay involved and active.'
Today she and the group were back at it, gathering signatures in the rain. She was, as she described it, glad to be "back in the saddle - though I never left it!"
'Today it was raining like crazy but several of us still went out and managed to get 212 pledges signed - not bad considering the weather. I was heartened by the strong support President Obama still enjoys locally. We got tee shirts made up for the occasion that have the Obama emblem and "President Obama - We Pledge Our Support" on them.
... Our President told us we have to stay involved if we expect the changes we voted for to happen. The special interests will be active - we have to be twice as active as they are!
Hosts have until Tuesday night to enter the information from their signed pledges, but if you hosted an event today, please take a few minutes tonight to report your total number of pledges and the number of volunteers that participated. We'll have more coverage of today's events tomorrow . . .'
Il mio commento
Dear Jayne,
I just wannna tell you that what you're saying and doing gives a great hope even miles and miles away. I am Italian, my Country is being destroyed every day more by corruption, our government (and opposition, say our politicians and local administrators) is stealing the future of young people. I don't know if we will be so lucky to have a BO one day, but for myself I totally agree with you and I am decided:
I no longer will sit on the sidelines.
People must not be lazy nor hopeless, they must participate in THEIR gogvernment.
Thank you for making us believe in the possibility of a change,
Valeria
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giovedì 19 marzo 2009
Sonia Alfano in Europa
Pubblico il video di autopresentazione di Sonia Alfano, un'altra Italiana di cui possiamo essere orgogliosi e che vale davvero la pena di mandare a Bruxelles.
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Flores d’Arcais: De Magistris, un magistrato esemplare, un candidato esemplare
Concordo appieno con tutte le posizioni espresse da Paolo Flores nell'intervista che segue. Anch'io ho creduto e sperato in una lista di 'Micromega' da affiancare a Idv; in mancanza di questa, mi auguro comunque che Luigi De Magistris, Carlo Vulpio e Sonia Alfano riescano a portare in Europa il grido disperato della Società Civile italiana.
Da:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/flores-darcais-de-magistris-candidato-esemplare/
Elezioni europee
Flores d’Arcais: De Magistris, un magistrato esemplare, un candidato esemplare
di Alessandro Calvi, da il Riformista, 19 marzo 2009
Non ha neppure fatto in tempo a candidarsi che risulta indagato dalla Procura di Roma per concorso in abuso d’ufficio e interruzione di pubblico servizio insieme ad altri sette magistrati della procura di Salerno. Ma quella di Luigi De Magistris è, spiega Paolo Flores d’Arcais, una candidatura «ottima». Da sola, però, non sarà in grado di evitare la «dissipazione del patrimonio potenziale» al quale l’Italia dei Valori avrebbe potuto puntare se avesse accolto la proposta ricevuta proprio da Flores d’Arcais e da Andrea Camilleri. L’"incidente" con Di Pietro, però, è ormai chiuso. Mentre il Pd resta quello di sempre, nonostante l’arrivo di Franceschini.
Cosa ne pensa della candidatura di De Magistris?
Ottima.
Però De Magistris è indagato. Non era Di Pietro a chiedere di lasciare fuori dalle liste elettorali indagati e condannati?
Una domanda di questo genere è tipica di chi ormai descrive il mondo alla rovescia, come è avvenuto a proposito di queste vicende…
Si riferisce alla "guerra" tra le procure?
Non c’è nessuna guerra tra procure, c’è una procura, quella di Salerno, che si comporta come è scritto in ogni tribunale - "La legge è uguale per tutti" - e una procura, quella di Catanzaro, della quale la procura di Salerno dimostra la sistematica violazione di quel principio. Nessuna guerra, questa è disiniformacija, da scrivere alla russa, messa in atto dalla maggior parte del giornalismo italiano. De Magistris in tutte queste vicende è una vittima, un perseguitato, oltre che un magistrato esemplare. O forse proprio perché magistrato esemplare.
Lui ha spiegato che non tornerà in magistratura.
Mi sembra una posizione esemplare, proprio come fu esemplare quella di Di Pietro che si dimise da magistrato prima di entrare in politica.
Già, ma su questo è tornato ad accendersi il dibattito. Il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, ha chiesto che «venga stabilito il divieto di rientrare nel mondo giudiziario e garantita, a domanda, la mobilità nella pubblica amministrazione», con ruolo diverso. «La pubblica amministrazione - ha spiegato - recupera un patrimonio di esperienze e professionalità e la magistratura perde un giudice divenuto parte».
Da anni scrivo che un magistrato una volta che si candidi per una carica politica dovrebbe uscire dalla magistratura. Gli unici due magistrati che lo hanno fatto sono stati Di Pietro ieri e De Magistris oggi. Evidentemente, Mancino considera questi due magistrati come l’esempio che tutti gli altri dovrebbero seguire. Quello che invece mi sembra censurabile nelle affermazioni di Mancino è la seconda parte, come se nella pubblica amministrazione non ci fosse il dovere della imparzialità.
Di Pietro ieri ha annunciato anche il giornalista del Corriere della Sera Carlo Vulpio. Ritiene soddisfacente il profilo che il leader dell’Idv sta dando alla lista che presenterà alle europee?
Non si fanno, ovviamente, valutazioni in blocco. Ma anche la candidatura di Vulpio mi pare ottima. Se De Magistris incarna perfettamente il magistrato-magistrato, Vulpio incarna perfettamente il giornalista-giornalista, quello che ha come bussola il rispetto delle verità dei fatti. Proprio per aver raccontato con scrupolo ed esattezza quanto avveniva nell’ambito di quelle inchieste, quell’incarico gli è stato tolto dal suo giornale, il Corriere della Sera. Noi su Micromega le vicende dei magistrati-magistrati le abbiamo sempre raccontate come elementi del quotidiano affossamento della democrazia italiana. Che persone così vadano in Europa sulla spinta di un mare di voti di cittadini democratici - come mi auguro - avrà un doppio valore perché aiuterà un’Europa disattenta a conoscere le macerie in cui il regime di Berlusconi sta riducendo l’Italia.
Sembra soddisfatto di come si sta muovendo Di Pietro. Ma tra lei e il leader dell’Idv ultimamente qualcosa era andato storto con il rifiuto della sua proposta elettorale.
La proposta fu avanzata a una tavola rotonda pubblica insieme ad Andrea Camilleri. Di Pietro era sembrato molto disponibile. L’idea era che un settore della società civile si autoorganizzasse e desse vita a una lista nuova insieme all’Idv. Poi, Di Pietro ha detto che per lui questo era impossibile. Penso che sia un errore, glielo ho ripetuto in tutti i modi perché, come dicono tutti i sondaggi, esiste un settore di delusi dal Pd, quantificato da Ilvo Diamanti in 4 o 5 milioni di elettori che non voteranno più Pd e che devono decidere se restare a casa o votare altro. Quello che farà Di Pietro, che comunque è meritorio, convincerà solo una parte di quegli elettori, purtroppo. E quindi dissiperà l’altra parte del patrimonio potenziale.
E quel patrimonio potenziale potrebbe tornare al "nuovo" Pd di Franceschini?
Il Pd di Franceschini è ancora il Pd di D’Alema, Rutelli, Veltroni, Marini, e Binetti. Tanto è vero che su questo orrore medioevale che è la legge Calabrò che ci toglie il diritto di decidere persino sull’ultimo periodo della nostra vita, parte dei parlamentari del Pd voteranno a favore o si asterranno e non verranno cacciati con disgusto dal partito. Anzi, si parlerà di libertà di coscienza. Il fatto che sono bastate alcune parole - ancora prive di riscontro nei fatti - non più subalterne alla logica dell’inciucio per far risalire di 3 punti il Pd nei sondaggi è l’ennesima dimostrazione che il centrosinistra potrebbe tornare a vincere se seguisse proprio quella politica che inutilmente con Camilleri, Travaglio, Tabucchi da anni su Micromega cerchiamo di esporre come l’unica politica democratica in Italia.
Anche con Di Pietro e De Magistris?
Anche con Di Pietro e De Magistris, ovviamente.
(19 marzo 2009)
Da:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/flores-darcais-de-magistris-candidato-esemplare/
Elezioni europee
Flores d’Arcais: De Magistris, un magistrato esemplare, un candidato esemplare
di Alessandro Calvi, da il Riformista, 19 marzo 2009
Non ha neppure fatto in tempo a candidarsi che risulta indagato dalla Procura di Roma per concorso in abuso d’ufficio e interruzione di pubblico servizio insieme ad altri sette magistrati della procura di Salerno. Ma quella di Luigi De Magistris è, spiega Paolo Flores d’Arcais, una candidatura «ottima». Da sola, però, non sarà in grado di evitare la «dissipazione del patrimonio potenziale» al quale l’Italia dei Valori avrebbe potuto puntare se avesse accolto la proposta ricevuta proprio da Flores d’Arcais e da Andrea Camilleri. L’"incidente" con Di Pietro, però, è ormai chiuso. Mentre il Pd resta quello di sempre, nonostante l’arrivo di Franceschini.
Cosa ne pensa della candidatura di De Magistris?
Ottima.
Però De Magistris è indagato. Non era Di Pietro a chiedere di lasciare fuori dalle liste elettorali indagati e condannati?
Una domanda di questo genere è tipica di chi ormai descrive il mondo alla rovescia, come è avvenuto a proposito di queste vicende…
Si riferisce alla "guerra" tra le procure?
Non c’è nessuna guerra tra procure, c’è una procura, quella di Salerno, che si comporta come è scritto in ogni tribunale - "La legge è uguale per tutti" - e una procura, quella di Catanzaro, della quale la procura di Salerno dimostra la sistematica violazione di quel principio. Nessuna guerra, questa è disiniformacija, da scrivere alla russa, messa in atto dalla maggior parte del giornalismo italiano. De Magistris in tutte queste vicende è una vittima, un perseguitato, oltre che un magistrato esemplare. O forse proprio perché magistrato esemplare.
Lui ha spiegato che non tornerà in magistratura.
Mi sembra una posizione esemplare, proprio come fu esemplare quella di Di Pietro che si dimise da magistrato prima di entrare in politica.
Già, ma su questo è tornato ad accendersi il dibattito. Il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, ha chiesto che «venga stabilito il divieto di rientrare nel mondo giudiziario e garantita, a domanda, la mobilità nella pubblica amministrazione», con ruolo diverso. «La pubblica amministrazione - ha spiegato - recupera un patrimonio di esperienze e professionalità e la magistratura perde un giudice divenuto parte».
Da anni scrivo che un magistrato una volta che si candidi per una carica politica dovrebbe uscire dalla magistratura. Gli unici due magistrati che lo hanno fatto sono stati Di Pietro ieri e De Magistris oggi. Evidentemente, Mancino considera questi due magistrati come l’esempio che tutti gli altri dovrebbero seguire. Quello che invece mi sembra censurabile nelle affermazioni di Mancino è la seconda parte, come se nella pubblica amministrazione non ci fosse il dovere della imparzialità.
Di Pietro ieri ha annunciato anche il giornalista del Corriere della Sera Carlo Vulpio. Ritiene soddisfacente il profilo che il leader dell’Idv sta dando alla lista che presenterà alle europee?
Non si fanno, ovviamente, valutazioni in blocco. Ma anche la candidatura di Vulpio mi pare ottima. Se De Magistris incarna perfettamente il magistrato-magistrato, Vulpio incarna perfettamente il giornalista-giornalista, quello che ha come bussola il rispetto delle verità dei fatti. Proprio per aver raccontato con scrupolo ed esattezza quanto avveniva nell’ambito di quelle inchieste, quell’incarico gli è stato tolto dal suo giornale, il Corriere della Sera. Noi su Micromega le vicende dei magistrati-magistrati le abbiamo sempre raccontate come elementi del quotidiano affossamento della democrazia italiana. Che persone così vadano in Europa sulla spinta di un mare di voti di cittadini democratici - come mi auguro - avrà un doppio valore perché aiuterà un’Europa disattenta a conoscere le macerie in cui il regime di Berlusconi sta riducendo l’Italia.
Sembra soddisfatto di come si sta muovendo Di Pietro. Ma tra lei e il leader dell’Idv ultimamente qualcosa era andato storto con il rifiuto della sua proposta elettorale.
La proposta fu avanzata a una tavola rotonda pubblica insieme ad Andrea Camilleri. Di Pietro era sembrato molto disponibile. L’idea era che un settore della società civile si autoorganizzasse e desse vita a una lista nuova insieme all’Idv. Poi, Di Pietro ha detto che per lui questo era impossibile. Penso che sia un errore, glielo ho ripetuto in tutti i modi perché, come dicono tutti i sondaggi, esiste un settore di delusi dal Pd, quantificato da Ilvo Diamanti in 4 o 5 milioni di elettori che non voteranno più Pd e che devono decidere se restare a casa o votare altro. Quello che farà Di Pietro, che comunque è meritorio, convincerà solo una parte di quegli elettori, purtroppo. E quindi dissiperà l’altra parte del patrimonio potenziale.
E quel patrimonio potenziale potrebbe tornare al "nuovo" Pd di Franceschini?
Il Pd di Franceschini è ancora il Pd di D’Alema, Rutelli, Veltroni, Marini, e Binetti. Tanto è vero che su questo orrore medioevale che è la legge Calabrò che ci toglie il diritto di decidere persino sull’ultimo periodo della nostra vita, parte dei parlamentari del Pd voteranno a favore o si asterranno e non verranno cacciati con disgusto dal partito. Anzi, si parlerà di libertà di coscienza. Il fatto che sono bastate alcune parole - ancora prive di riscontro nei fatti - non più subalterne alla logica dell’inciucio per far risalire di 3 punti il Pd nei sondaggi è l’ennesima dimostrazione che il centrosinistra potrebbe tornare a vincere se seguisse proprio quella politica che inutilmente con Camilleri, Travaglio, Tabucchi da anni su Micromega cerchiamo di esporre come l’unica politica democratica in Italia.
Anche con Di Pietro e De Magistris?
Anche con Di Pietro e De Magistris, ovviamente.
(19 marzo 2009)
La profezia di Salvatore Borsellino su Gioacchino Genchi
Pubblico una lettera, dai contenuti inquietanti, appena inviata da Benny Caslsanzio Borsellino a Micromega. L'operare del nostro Stato in difesa del potere è vergognoso; se Giacchino Genchi dovesse essere arrestato, non voglio che ciò accada anche in mio nome.
Cara MicroMega.net - Lettere alla redazione
La profezia di Salvatore Borsellino su Gioacchino Genchi
Lo diceva Salvatore Borsellino, ma pochi lo ascoltavano. Lo diceva lui che Genchi non stava pagando per Why Not, ma per cose molto più grandi. Ma né io né lui potevamo sapere che in quell’indagine emergevano nomi che Gioacchino Genchi aveva già incontrato durante le indagini su Via D’Amelio coordinate dalla procura di Caltanissetta. Ma Salvatore questo lo diceva da tempo, come se lo sentisse, come se fosse certo che tutti i guai di Genchi venivano da quella via e da quella data: Via D’Amelio, 19 luglio 1992. Certo, in Why Not e nelle inchieste calabresi Genchi aveva scomodato dall’impunità di Stato alcuni intoccabili, aveva portato alla luce frequentazioni deprecabili e comitati d’affari protetti dai politici più insospettabili. Ma forse, come sentiva Salvatore Borsellino, la madre di tutti i mali viene da quella via e da quella data: Via D’Amelio, 19 luglio 1992. E ora arriva anche la conferma dello stesso Gioacchino Genchi, che a poche ore dalla perquisizione nei suoi uffici e presso la sua abitazione da parte dei Ros dei carabinieri (lo stesso reparto operativo che OMISE di perquisire il covo di Totò Riina dopo il suo arresto), ha dichiarato: "Il motivo della mia delegittimazione nasce dalle inchieste sui mandanti esterni della strage di via D'Amelio in cui morì il giudice Borsellino e gli agenti della sua scorta. Nell'inchiesta Why not, in cui ho collaborato con il procuratore De Magistris, ho ritrovato, senza volerlo, le stesse persone in cui mi ero imbattuto nelle indagini di Caltanissetta sui mandanti esterni di quella strage". E’ una conferma atroce che la dice lunga su quello che c’è dietro quella strage. Chi tocca Via D’Amelio muore, chi fisicamente, chi professionalmente. E se Genchi sta parlando di questo, è perché è conscio che ormai rimane poco tempo per parlare, per raccontare. Qualcuno lo fermerà, in ogni modo, dalle manette a tutto il resto. Il copione atto a screditare il consulente tecnico più richiesto d’Italia prosegue la sua marcia, e ora anche la Polizia, per cui Genchi ha prestato servizio e da cui si era messo in aspettativa non retribuita, affila le armi: il dipartimento della Pubblica sicurezza ha avviato un procedimento disciplinare contro di lui, e rischia ora la sospensione dal servizio. Il procedimento disciplinare - secondo quanto si è appreso - si riferisce al contenuto di una intervista, definita "non autorizzata", che il funzionario ha rilasciato al settimanale Left. Tutto coincide, tutto ritorna. Come per Luigi De Magistris, il regime inizia a stritolare l’eretico, il rivoluzionario che svela l’imbarazzante nudità delle istituzioni. Dalla politica, che ha praticamente “dettato” questa perquisizione, come ha dichiarato l’avvocato Fabio Repici, legale di Genchi, continuano ad arrivare gli ordini di scuderia per magistrati e reparti speciali dei carabinieri. Maurizio Gasparri ha dichiarato: “Cosa aspettano ad arrestarlo”? Io non credo sia una fantasia. Il mio parere è che stiano cercando tutto il possibile per cambiare l’accusa in un qualche reato che preveda l’arresto. La cosa fondamentale di fronte a tutto questo è che tutti sappiano, è che ognuno di noi sia perfettamente cosciente del perché tutto questo sta avvenendo. Potrà accadere di tutto, dall’arresto di Genchi, alla sua diffamazione a reti unificate e a giornali uniti, alla sua delegittimazione per far sì che quello che ha scoperto diventi carta straccia. Ormai non resta che parlare e raccontare tutto, al di là di ogni rischio. Talvolta parlare, come fece De Magistris, ti può distruggere la carriera ma ti può salvare la vita. E’ avvilente e drammatico, ma dobbiamo tenere duro.
Benny Calasanzio
Cara MicroMega.net - Lettere alla redazione
La profezia di Salvatore Borsellino su Gioacchino Genchi
Lo diceva Salvatore Borsellino, ma pochi lo ascoltavano. Lo diceva lui che Genchi non stava pagando per Why Not, ma per cose molto più grandi. Ma né io né lui potevamo sapere che in quell’indagine emergevano nomi che Gioacchino Genchi aveva già incontrato durante le indagini su Via D’Amelio coordinate dalla procura di Caltanissetta. Ma Salvatore questo lo diceva da tempo, come se lo sentisse, come se fosse certo che tutti i guai di Genchi venivano da quella via e da quella data: Via D’Amelio, 19 luglio 1992. Certo, in Why Not e nelle inchieste calabresi Genchi aveva scomodato dall’impunità di Stato alcuni intoccabili, aveva portato alla luce frequentazioni deprecabili e comitati d’affari protetti dai politici più insospettabili. Ma forse, come sentiva Salvatore Borsellino, la madre di tutti i mali viene da quella via e da quella data: Via D’Amelio, 19 luglio 1992. E ora arriva anche la conferma dello stesso Gioacchino Genchi, che a poche ore dalla perquisizione nei suoi uffici e presso la sua abitazione da parte dei Ros dei carabinieri (lo stesso reparto operativo che OMISE di perquisire il covo di Totò Riina dopo il suo arresto), ha dichiarato: "Il motivo della mia delegittimazione nasce dalle inchieste sui mandanti esterni della strage di via D'Amelio in cui morì il giudice Borsellino e gli agenti della sua scorta. Nell'inchiesta Why not, in cui ho collaborato con il procuratore De Magistris, ho ritrovato, senza volerlo, le stesse persone in cui mi ero imbattuto nelle indagini di Caltanissetta sui mandanti esterni di quella strage". E’ una conferma atroce che la dice lunga su quello che c’è dietro quella strage. Chi tocca Via D’Amelio muore, chi fisicamente, chi professionalmente. E se Genchi sta parlando di questo, è perché è conscio che ormai rimane poco tempo per parlare, per raccontare. Qualcuno lo fermerà, in ogni modo, dalle manette a tutto il resto. Il copione atto a screditare il consulente tecnico più richiesto d’Italia prosegue la sua marcia, e ora anche la Polizia, per cui Genchi ha prestato servizio e da cui si era messo in aspettativa non retribuita, affila le armi: il dipartimento della Pubblica sicurezza ha avviato un procedimento disciplinare contro di lui, e rischia ora la sospensione dal servizio. Il procedimento disciplinare - secondo quanto si è appreso - si riferisce al contenuto di una intervista, definita "non autorizzata", che il funzionario ha rilasciato al settimanale Left. Tutto coincide, tutto ritorna. Come per Luigi De Magistris, il regime inizia a stritolare l’eretico, il rivoluzionario che svela l’imbarazzante nudità delle istituzioni. Dalla politica, che ha praticamente “dettato” questa perquisizione, come ha dichiarato l’avvocato Fabio Repici, legale di Genchi, continuano ad arrivare gli ordini di scuderia per magistrati e reparti speciali dei carabinieri. Maurizio Gasparri ha dichiarato: “Cosa aspettano ad arrestarlo”? Io non credo sia una fantasia. Il mio parere è che stiano cercando tutto il possibile per cambiare l’accusa in un qualche reato che preveda l’arresto. La cosa fondamentale di fronte a tutto questo è che tutti sappiano, è che ognuno di noi sia perfettamente cosciente del perché tutto questo sta avvenendo. Potrà accadere di tutto, dall’arresto di Genchi, alla sua diffamazione a reti unificate e a giornali uniti, alla sua delegittimazione per far sì che quello che ha scoperto diventi carta straccia. Ormai non resta che parlare e raccontare tutto, al di là di ogni rischio. Talvolta parlare, come fece De Magistris, ti può distruggere la carriera ma ti può salvare la vita. E’ avvilente e drammatico, ma dobbiamo tenere duro.
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mercoledì 18 marzo 2009
Luigi De Magistris: 'Perché mi candido'
video tratto da
http://www.youtube.com/user/AntimafiaDuemila
>
http://www.youtube.com/user/AntimafiaDuemila
>
Carlo Vulpio in Europa
Ecco un'altra candidatura eccellente. Bisogna ammettere che Di Pietro sta raccogliendo intorno a sé il meglio della società civile italiana. Ripeto, spero che molti Italiani si rendano conto che questa è un'opportunità UNICA per poter almeno sperare in un cambiamento della nostra politica.
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martedì 17 marzo 2009
Luigi De Magistris in Europa
Ho appena appreso della candidatura di Luigi De Magistris alle elezioni europee, come indipendente nelle liste di Italia dei Valori. Credo che questa è per il nostro Paese un'opportunità da non perdere.
Pubblico il video di autopresentazione di LDM, tratto da http://www.antoniodipietro.com/2009/03/luigi_de_magistris_in_europa.html
insieme al commento che ho inviato al blog di Antonio Di Pietro.
"Questa sì che è una bella notizia. Luigi De Magistris è l'icona di un'Italia diversa, pulita e coraggiosa, e quindi è una grande speranza per chi vorrebbe cambiare questo Paese. Spero che molti Italiani se ne rendano conto. Desidero anche esprimere la mia solidarietà a Sonia Alfano per le minacce da lei ricevute, insieme ad una grande preoccupazione per l'indifferenza di chi dovrebbe proteggerla."
Pubblico il video di autopresentazione di LDM, tratto da http://www.antoniodipietro.com/2009/03/luigi_de_magistris_in_europa.html
insieme al commento che ho inviato al blog di Antonio Di Pietro.
"Questa sì che è una bella notizia. Luigi De Magistris è l'icona di un'Italia diversa, pulita e coraggiosa, e quindi è una grande speranza per chi vorrebbe cambiare questo Paese. Spero che molti Italiani se ne rendano conto. Desidero anche esprimere la mia solidarietà a Sonia Alfano per le minacce da lei ricevute, insieme ad una grande preoccupazione per l'indifferenza di chi dovrebbe proteggerla."
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mercoledì 4 marzo 2009
La macchina del complotto perpetuo
Pubblico video e testo di Passaparola di Marco Travaglio di lunedì scorso 2 Marzo
Blog: http://voglioscendere.ilcannocchiale.it/
Testo:
"Buongiorno a tutti.
Oggi diamo un po' di notizie che sui giornali avete trovato taroccate, ribaltate o addirittura taciute.
Sono notizie che appartengono tutte a una nuova tendenza del giornalismo italiano, sempre con le dovute e sempre più rare eccezioni, cioè che se un processo va a finire male per un uomo potente non se ne parla o si minimizza, se va a finire bene per l'uomo potente che ne esce in qualche modo allora grande enfasi.
Se ne parla con grande strepitio e strombazzamento; viceversa, i processi ai poveracci possono andare solo in una direzione: male per loro, perché se vanno bene per loro è uno scandalo e immediatamente si insorge contro le scarcerazioni facili, le assoluzioni facili e il buonismo.
Cosa che peraltro accade sempre quando sotto processo c'è un potente: i processi ai potenti si concludono regolarmente con polemiche furibonde sui magistrati, sia che il processo sia finito con un'assoluzione, un'archiviazione o un proscioglimento sia che il processo si concluda con una condanna o un rinvio a giudizio."
La macchina del complotto perpetuo
Perché dico questo? Perché hanno inventato la macchina del complotto perpetuo. Faccio un esempio: se un potente viene indagato e rinviato a giudizio, ecco la polemica sull'appiattimento del giudice che si siede sulla linea del pubblico ministero, ne sposa acriticamente le tesi e quindi bisogna separare le carriere perché il fatto che il giudice dia ragione al PM indica che c'è stato un complotto fra magistrati. Questo nel caso di condanna o rinvio a giudizio, insomma di esito negativo per il potente.
Se uno viene indagato e poi archiviato o prosciolto o assolto, polemiche perché è stato perseguitato per anni e ora finalmente un giudice ha riconosciuto la verità, ha fatto cadere il teorema dei PM. E' la prova che c'era un complotto.
Se un processo va male a un potente è la prova che c'è il complotto, se il processo va bene al potente è la prova che c'era un complotto e meno male che il giudice, sia pur tardivamente dopo anni di calvario, ha sventato il complotto ai danni del potente.
Questo è la tendenza, ricorderete che a dicembre eravamo continuamente perseguitati da una serie di notizie e da una serie di commenti: le notizie erano quelle che riguardavano uomini politici nazionali, regionali e locali che finivano sotto inchiesta per vari scandali - c'era stato un addensarsi di scandali che coinvolgevano, tra l'altro, molte giunte di centrosinistra come il caso di Napoli, dell'Abruzzo, di Pescara, di Firenze, della Basilicata, della Calabria – dopodiché alcune vicende vanno avanti, altre si fermano, altre vengono ridimensionate com'è fisiologico nei processi.
Noi avevamo tutti i giorni questi articoloni sul Corriere della Sera di questi super tromboni che parlano di giustizia senza nemmeno sapere di cosa stanno parlando, questi giuristi per caso che parlano della giustizia come i cazzari nei bar e nei biliardi fanno la formazione della nazionale di Calcio, i quali non la finivano più di dire: “ecco, il GIP ha ridimensionato l'accusa del Pubblico Ministero” oppure “il PM li voleva mettere dentro e il GIP li ha messi fuori” oppure “il GIP li ha messi dentro ma è intervenuto il Riesame e quindi è la prova che le Procure complottano, che bisogna separare le carriere”.
Sublime stupidaggine perché stavano appunto parlando di Riesami che si stavano dissociando dai GIP o di GIP che si dissociavano dai PM, a dimostrazione del fatto che la dialettica c'è e che non è vero che gli uni danno sempre ragione agli altri solo perché sono colleghi nella stessa carriera.
Questo era quello che ci dicevano fino a un paio di mesi fa.
Poi silenzio e naturalmente adesso arrivano notizie di quelle indagini di cui si parlava allora, e anche di indagini di cui si parlava un anno fa.
Che fine hanno fatto i processi ai Mastella?
Per esempio: tredici mesi fa, credo fosse il 16 gennaio 2008, apprendemmo, una mattina, che avevano arrestato la moglie di Clemente Mastella.
La signora Sandra Lonardo, presidente del Consiglio Regionale della Campania, era finita agli arresti domiciliari con l'accusa di concussione e altri reati.
Era stata indagato lo stesso giorno Clemente Mastella, era stato messo ai domiciliari il loro consuocero, l'ingegner Carlo Camilleri, e avevano arrestato e/o indagato una dozzina di esponenti dell'Udeur, per lo più amministratori pubblici di regione, comune di Napoli e comuni della Campania dell'Udeur, il partito di Mastella, che era ministro della Giustizia.
E' bene ripeterselo perché è talmente grossa che Mastella abbia fatto il ministro della Giustizia che uno magari se ne dimentica o pensa sia una battuta: no, Mastella era veramente il ministro della Giustizia nel governo di centro sinistra che poi, naturalmente, ha ceduto il passo a Berlusconi.
Bene, tredici mesi dopo la notizia l'ho trovata sulla cronaca locale di Napoli del Mattino, non è una notizia che avete potuto leggere salvo forse qualche microscopico trafiletto di quelli che si riescono a individuare col microscopio elettronico.
La notizia è che tredici mesi dopo l'esplodere dello scandalo a Santa Maria Capua Vetere la procura di Napoli ha chiuso le indagini, ha depositato gli atti. Questo è il titolo del Mattino di Napoli dell'altro giorno: “Concussione, Mastella verso il processo. Avvisi di chiusura indagini per l'ex guardasigilli, la moglie e altri ventidue indagati”.
Il problema è che quando fu avviata l'indagine, quando si arrivò a scoprire che c'era l'indagine, cioè quando furono compiuti i primi atti pubblici, l'arresto e gli avvisi di garanzia, e si lessero le carte di questo processo, si lesse il mandato di cattura, si lessero gli avvisi di garanzia, gli inviti a comparire, c'erano ovviamente le fonti di prova in base alle quali questi signori – il ministro della giustizia dell'epoca, la sua signora presidente del Consiglio regionale – erano accusati e c'erano molte intercettazioni, oltre alle testimonianze di vari personaggi.
C'erano maneggi per sistemare gente nelle varie ASL, nei vari ASI, nei vari enti territoriali industriali; c'erano minacce per far andare una carica a questo piuttosto che a quello; c'erano lottizzazioni e tutti i giornali si affrettarono a dire: “ma dov'è lo scandalo?”.
Anzi, fecero scandalo del fatto che i magistrati avessero ritenuto che quelli fossero reati, tutti intitolarono: “Così fan tutti”.
Così fan tutti un corno, perché se così fan tutti, tutti dovrebbero finire in galera visto che tutto ciò è vietato dalla legge; in ogni caso, per fortuna, non è vero che così fan tutti perché di Mastella ce n'è tanti ma non si può dire che tutti gli italiani o tutti i politici italiani siano come lui.
In ogni caso avevano preso lui e la sua signora. Era stato detto: “ma l'indagine fatta da Santa Maria Capua Vetere è viziata perché non è competente, infatti il GIP dopo avere disposto le misure ha trasmesso gli atti per competenza a Napoli, adesso vedrete che a Napoli ci sono i magistrati bravi che smonteranno queste porcherie”.
Ricorderete che il ministro Mastella in carica insultò più volte quell'anziano, piccolo procuratore che aveva problemi anche a parlare alle telecamere, non riusciva a comunicare perché è uno che ha fatto il magistrato in provincia per tutta la sua vita. Fu insultato più volte come se il compito di un magistrato fosse quello di presentarsi bene in televisione.Mastella disse: “quel farabutto”, lo voleva denunciare.
Bene, l'inchiesta è passata a Napoli, a Napoli è intervenuta la procura che ha confermato che era buona l'indagine di Santa Maria Capua Vetere. Allora gli indagati si sono rivolti al Tribunale del Riesame, poi alla Cassazione.
Piccolo problema: pure la Cassazione ha dato ragione ai magistrati di Santa Maria Capua Vetere sostenendo che quell'inchiesta andava fatta e andava fatta così, che era giusto fare quelle misure cautelari e non che erano state disposte.
A quel punto, si è aspettata la conclusione senza più parlarne, anzi ogni tanto saltava fuori qualcuno a dire “chissà che fine avrà fatto quell'inchiesta che aveva fatto cadere il governo”, perché ci avevano raccontato che avevano fatto cadere il governo, con quell'inchiesta, tant'è che qualcuno, ignorante come una capra, senza ricordare bene le cose, confondeva l'inchiesta di Santa Maria Capua Vetere con “Why Not” di Catanzaro, e c'era qualcuno che diceva che De Magistris con l'inchiesta di Catanzaro aveva fatto cadere il governo Prodi, indagando Mastella; perché pure De Magistris indagava su Mastella, ma fu iscritto nel registro degli indagati nell'ottobre del 2007 e restò ministro imperterrito a novembre, dicembre e gennaio.
Poi prese a pretesto l'arresto di sua moglie, ma non perché fosse collegato al governo Prodi; anzi, conoscendo Mastella figuratevi se avendo la moglie agli arresti domiciliari ed essendo lui indagato fa il nobile gesto di dim
ettersi. Allora perché non si era dimesso tre mesi prima quando era stato indagato a Catanzaro?E' evidente che Mastella non si è dimesso da ministro e non ha fatto cadere il governo Prodi a causa di quell'inchiesta di Santa Maria Capua Vetere, come non l'aveva fatto neanche a causa dell'indagine di Catanzaro: Mastella quando è in difficoltà la poltrona la prende e la tiene, non la molla certamente. Sei ministro della Giustizia... ci siamo capiti...
Perché fece cadere il governo? Perché si era messo d'accordo con Berlusconi di far cadere il governo Prodi in modo da evitare la riforma elettorale che stavano concordando Berlusconi e Veltroni che per Mastella sarebbe stata esiziale come per tutti i partiti piccoli, visto che era la famosa riforma per fare dell'Italia un Paese bipartitico – PD e PDL, gli altri via – e per prevenire il referendum elettorale che avrebbe segnato la fine dell'Udeur.
Lui fece cadere il governo Prodi perché Berlusconi in cambio, forse addirittura per iscritto, gli aveva promesso di portargli in Parlamento, nelle sue liste, dieci senatori e venti deputati.
Questa è la ragione per cui Mastella si dissocia dal governo Prodi, tradisce il centro sinistra e gli elettori che l'avevano votato.
Il preludio del rinvio a giudizio
Si diceva: “chissà che fine han fatto i processi che han fatto cadere il governo Prodi”. Eccolo qua: in tempi record, un anno dopo averla presa in mano, la procura di Napoli manda gli avvisi di conclusione delle indagini che, come ben sa chi fa il mestiere di cronista giudiziario o chi ha studiato un po' di legge, è il preludio alla richiesta di rinvio a giudizio.
Una volta, alla fine dell'indagine, il PM decideva se farla archiviare o se mandare gli indagati a processo e si rivolgeva al GIP; adesso, da qualche anno per allungare un po' i tempi della giustizia, hanno previsto questa fase ulteriore: c'è un cuscinetto temporale alla fine dell'indagine in cui il magistrato avverte gli indagati che l'indagine è finita, che non intende archiviare e che quindi, prima della richiesta di rinvio a giudizio, molto probabile e prevedibile, gli indagati possono chiedere qualche supplemento d'indagine o interrogatorio in più.
Siamo in questa fase: hanno avvertito Mastella, sua moglie e gli altri 22 che verranno presto chiesti i loro rinvii a giudizio e se vogliono che sia sentito qualcuno o acquisita qualche carta.
L'inchiesta è finita, salvo diverse interpretazioni di reati: qua si contestano una serie infinita di concussioni e nello stesso tempo non si contesta più l'associazione per delinquere. Evidentemente si ritiene che questi 22 non fossero tutti associati in una stessa banda ma agissero ora due o tre insieme, ora due insieme, ma che non fosse un'intera associazione. Questi sono dettagli anche perché li vedrà il giudice.
Interessante è vedere gli episodi contestati, visto che ci siamo dimenticati tutto e visto che all'epoca ci dissero che erano cazzatelle e che così fan tutti.
Le accuse a Mastella
Mastella, tanto per parlare soltanto di lui e della moglie, è accusato di sette diversi episodi delittuosi: tre concussioni, tre abusi d'ufficio e una rivelazione di segreto d'ufficio.
La concussione è un'estorsione commessa da un pubblico ufficiale, in questo caso un signore che faceva o il parlamentare, se agiva prima della nascita del governo Prodi, oppure il ministro della Giustizia. Concussione: un'estorsione fatta da un pubblico ufficiale. Minacce di danni ingiusti a una persona per ottenere qualcosa in cambio, da parte di un signore che è titolare di un'autorità pubblica.
A lui gliene attribuiscono tre, poi tre abusi d'ufficio – tre volte avrebbe violato la legge per abusare del suo potere pubblico – e una volta avrebbe rivelato dei segreti d'ufficio.Vediamo, capi d'imputazione: Mastella è accusato nella sua qualità di leader nazionale dell'Udeur – non agiva in quanto ministro ma in quanto leader nazionale di un partito che in Italia non contava e non conta molto ma a livello locale, a Napoli, è l'ago della bilancia e infatti la moglie è presidente del consiglio regionale.
Primo fatto: in concorso con il consuocero, il padre della moglie del figlio, Carlo Camilleri, e con due assessori regionali, Mastella avrebbe tentato di costringere Bassolino, presidente della Regione, ad assicurare la nomina a commissario dell'Area di Sviluppo Industriale, a una persona designata da Mastella.
Seconda presunta concussione: Mastella tentò, secondo l'accusa, di costringere il dirigente di un'ASL a concedere appalti, posti di lavoro e incarichi dirigenziali a gente appartenente all'Udeur. Qui ci sono Mastella, la sua signora, il capogruppo regionale dell'Udeur, il consulente legale – perché la moglie di Mastella ha persino un consulente legale, indagato insieme a lei per cose illegali... diciamo è il consulente illegale -, il consigliere regionale Ferraro e un altro assessore.
Ora c'è il primo abuso d'ufficio: abuso e rivelazione di segreto d'ufficio, l'accusa che riguarda Mastella e il presidente della sezione del Tar Campania oltre che due presunti istigatori, si riferisce al fatto che Mastella e questi si sarebbero interessati per far andare in un certo modo un ricorso al Tar.
Altri due abusi d'ufficio gli sono contestati insieme al consuocero e altri suoi collaboratori per presunte irregolarità a vantaggio di una comunità montana.
Mastella, insieme al consuocero e ad altri, risultano poi indagati per una terza concussione per la nomina di un esponente dell'Udeur ad assessore dei lavori pubblici del comune di Cerreto Sannita.
Queste sono le accuse; ricorderete, a proposito della moglie, che era stata arrestata perché si era scoperto che nella sua funzione di presidente del Consiglio regionale della Campania aveva, in una famosa telefonata in cui diceva “quello è un uomo morto”, dichiarato guerra al direttore generale di un'ASL il quale si era permesso di nominare come primario un esponente di un partito – un medico, diciamo che per fare i primari aiuta il fatto di essere medici, ma in questo caso non era strettamente necessario, qui sfioriamo le storie di Cetto La Qualunque.
C'era la necessità, secondo lei, di mettere un ginecologo Udeur, l'importante non era tanto la laurea quanto l'Udeur. Se un ginecologo è Udeur il bambino viene fuori meglio, nella loro concezione.
Allora, per sistemare il ginecologo Udeur, avevano fatto strame di ogni regola, tant'è che c'era questo dirigente che veniva massacrato dal gruppo regionale dell'Udeur con interpellanze, interrogazioni. Appena si è permesso di non nominare il ginecologo Udeur ma uno vicino a un altro partito, che riteneva più bravo, hanno cominciato a fargli sapere che gli avrebbero fatto delle interrogazioni parlamentari, che se ritirava quella nomina e si comportava bene e accettava di obbedire all'Udeur non gliele avrebbero più presentate... insomma c'era tutta un'attività nella quale questo signore si è ritrovato vittima, secondo i magistrati, di un'estorsione.
I regali della moglie di Mastella
Dato che la signora Mastella è molto versatile e ha una concezione abbastanza elastica dei suoi doveri, è interessante sapere che nei giorni scorsi – questo non c'entra niente con l'inchiesta penale, questo riguarda la Corte dei Conti – ha ricevuto una contestazione dal procuratore regionale della Corte dei Conti per avere regalato seicento piatti di pregio al personale dipendente della presidenza del Consiglio Regionale e sessanta medaglie d'oro massiccio ai consiglieri.
Voi sapete che questi poveri consiglieri regionali guadagnano poco, non sanno come sbarcare il lunario e arrivare alla fine del mese: quelli della Campania sono più fortunati perché c'è la signora Mastella che è una specie di Babbo Natale tutto l'anno che ha regalato loro medaglie d'oro massiccio per la modica cifra di 17.940 euro.
Secondo la procura contabile della Corte dei Conti la spesa è illegittima: nessuno ha mai sentito il bisogno di regalare medaglie d'oro massiccio ai consiglieri regionali, i quali forse farebbero bene a ridursi lo stipendio invece di incrementarlo in quel modo.
Naturalmente, la signora Mastella si è difesa con la solita faccia da signora Mastella, e ha detto: “quella della procura è una mera ipotesi, le medagliette commemorative sono una tradizione di quasi tutti gli organismi legislativi del mondo”.
In quale assemblea legislativa del mondo non si regalano medaglie d'oro ai consiglieri? E' proprio una prassi che lei ha seguito e vanno sempre a perseguitare lei, piove sul bagnato.
L'analisi della Corte dei Conti, scrive La Repubblica di Napoli – purtroppo anche qui solo nelle pagine locali perché le notizie sgradite vanno a finire solo nelle pagine locali – prende in esame molti nodi riguardanti l'impiego delle risorse in regione Campania, che continua a detenere partecipazioni in più di trenta società, due riguardano la diffusione della cultura, poi c'è la sanità regionale, il comune di Napoli, sprechi di ogni genere, rifiuti.
Tra l'altro, la gestione del denaro pubblico riguarda anche il caso Romeo che sapete è in galera perché aveva la gestione del patrimonio immobiliare e ne faceva l'uso che abbiamo letto.
La Lonardo ha detto che in fondo questi doni sono poco costosi e quindi è assurdo che lei non possa disporre di migliaia di euro per regalarli non alle persone povere ma ai consiglieri regionali.
Vedremo come andrà il processo, certo è significativo che in tutti i festosi articoli che nelle ultime settimane sono stati dedicati a Mastella il quale piangeva miseria, diceva di essere stato vittima di un complotto, chiedeva risarcimenti per i danni subiti, diceva che tutti gli scandali erano finiti a suo favore, con la sua piena riabilitazione, quando qualche giorno dopo è venuta fuori la notizia della chiusura delle indagini in cui viene accusato di sette capi di imputazione gravissimi come le ipotizzate concussioni, nessuno abbia poi voluto correggere il tiro.
Ovviamente chi non legge le pagine locali di Repubblica o del Mattino probabilmente pensa che Mastella veramente non abbia più indagini in corso. In realtà ne ha una che sta per andare a processo come questa, ne avrebbe un'altra a Catanzaro che sarebbe andata avanti se non fosse stato buttato fuori, peraltro come aveva chiesto lo stesso Mastella al CSM, il PM titolare, cioè De Magistris.
Si è poi scoperto – lo ha scoperto la procura di Salerno – che l'archiviazione di Mastella nel caso “Why Not” dipendeva dal fatto che al GIP la procura, dopo aver tolto le indagini a De Magistris, non aveva mandato tutti gli atti di accusa a carico di Mastella e quindi sulla base di una parziale documentazione il GIP aveva deciso di archiviare dicendo “qui non ci sono elementi per rinviare a giudizio, anzi non ci sono elementi nemmeno per indagarlo, Mastella”. Certo, perché gli elementi che De Magistris e il suo consulente Genchi avevano trovato e avevano obbligato loro a indagare Mastella, la procura – secondo l'accusa salernitana – non li aveva mandati al GIP rendendo quindi il GIP orbo rispetto ai fatti che erano stati scoperti.
Abbiamo questa indagine pienamente in attività a Napoli, avremmo quell'altra indagine che sappiamo com'è finita proprio per tutti i maneggi intorno a Catanzaro.
A proposito: fate girare l'intervista di Genchi al blog di Grillo che è spettacolare, ma non mi pare di dover aggiungere niente su quello.
Informazione piduista
Chiudo con una piccola parentesi: la stessa vicenda di Mastella, allo specchio, è capitata in questi giorni a proposito di Angelo Rizzoli, l'erede della famiglia Rizzoli, il più importante gruppo editoriale privato e puro – facevano solo gli editori, i Rizzoli – che ha fatto la storia dell'editoria italiana e che a causa di quest'ultimo rampollo, negli anni Ottanta fu consegnata con dentro il Corriere della Sera alla P2, dopo avere accumulato debiti incredibili.
Rizzoli fu arrestato; era iscritto alla P2, fu condannato per bancarotta patrimoniale societaria in amministrazione controllata, per avere distratto dalle casse del gruppo la bellezza di 85 miliardi di lire degli anni Ottanta.
Ventisei anni dopo ha chiesto alla Cassazione di annullare quella condanna per bancarotta perché... lo chiedo a voi!
Se avete visto i giornali e i telegiornali il messaggio che è passato è che ventisei anni dopo, ventisei anni di calvario, questo pover'uomo è stato completamente scagionato dalla Cassazione che ha stabilito che non aveva fatto niente.
Assolutamente falso! La sentenza è simile a quelle che riguardano Berlusconi sul falso in bilancio, dove si dice che il falso in bilancio non è più previsto dalla legge come reato, perché è stato depenalizzato.
Nel caso di Rizzoli non se l'è depenalizzato lui, questo è il suo unico elemento di vantaggio rispetto a Berlusconi. Berlusconi si depenalizza direttamente i reati, ma l'assoluzione di Angelo Rizzoli che poi se ne va in giro a fare la vittima del complotto e a dire “mi hanno ridato l'onorabilità, esco pulito a testa alta”... per niente! Quello era reato quando l'aveva commesso, non era più reato quando se n'è occupata la cassazione, chiamata da lui a cancellare una condanna che aveva già avuto perché nel frattempo, nel 2006, è stata abolita la bancarotta patrimoniale societaria in amministrazione controllata.Uno, quando è così fortunato che gli cancellano il reato, accende un cero alla Madonna o a Licio Gelli se è iscritto alla P2 e crede in altre religioni, e certamente non va in televisione a fare la vittima.
Lui ha fatto la vittima e adesso vuole addirittura il risarcimento dei danni, quasi come Mastella, ci chiede altri soldi, e tutti inebetiti di fronte a lui a dargli man forte e la possibilità di raccontare palle ai cittadini italiani.
Vedete che, a differenza del caso Mastella che si sta concludendo negativamente e quindi viene occultato dai giornali, il caso di Angelo Rizzoli che invece si è concluso molto positivamente, fortunosamente per lui, è stato grandemente enfatizzato dai giornali.
La gente ha detto su Mastella “chissà com'è andata a finire”, su Rizzoli invece si può scrivere che l'indagine non stava in piedi perché non aveva fatto niente, tanto poi chi lo viene a scoprire che l'hanno assolto soltanto perché avevano cancellato il reato?
Passate parola."
Blog: http://voglioscendere.ilcannocchiale.it/
Testo:
"Buongiorno a tutti.
Oggi diamo un po' di notizie che sui giornali avete trovato taroccate, ribaltate o addirittura taciute.
Sono notizie che appartengono tutte a una nuova tendenza del giornalismo italiano, sempre con le dovute e sempre più rare eccezioni, cioè che se un processo va a finire male per un uomo potente non se ne parla o si minimizza, se va a finire bene per l'uomo potente che ne esce in qualche modo allora grande enfasi.
Se ne parla con grande strepitio e strombazzamento; viceversa, i processi ai poveracci possono andare solo in una direzione: male per loro, perché se vanno bene per loro è uno scandalo e immediatamente si insorge contro le scarcerazioni facili, le assoluzioni facili e il buonismo.
Cosa che peraltro accade sempre quando sotto processo c'è un potente: i processi ai potenti si concludono regolarmente con polemiche furibonde sui magistrati, sia che il processo sia finito con un'assoluzione, un'archiviazione o un proscioglimento sia che il processo si concluda con una condanna o un rinvio a giudizio."
La macchina del complotto perpetuo
Perché dico questo? Perché hanno inventato la macchina del complotto perpetuo. Faccio un esempio: se un potente viene indagato e rinviato a giudizio, ecco la polemica sull'appiattimento del giudice che si siede sulla linea del pubblico ministero, ne sposa acriticamente le tesi e quindi bisogna separare le carriere perché il fatto che il giudice dia ragione al PM indica che c'è stato un complotto fra magistrati. Questo nel caso di condanna o rinvio a giudizio, insomma di esito negativo per il potente.
Se uno viene indagato e poi archiviato o prosciolto o assolto, polemiche perché è stato perseguitato per anni e ora finalmente un giudice ha riconosciuto la verità, ha fatto cadere il teorema dei PM. E' la prova che c'era un complotto.
Se un processo va male a un potente è la prova che c'è il complotto, se il processo va bene al potente è la prova che c'era un complotto e meno male che il giudice, sia pur tardivamente dopo anni di calvario, ha sventato il complotto ai danni del potente.
Questo è la tendenza, ricorderete che a dicembre eravamo continuamente perseguitati da una serie di notizie e da una serie di commenti: le notizie erano quelle che riguardavano uomini politici nazionali, regionali e locali che finivano sotto inchiesta per vari scandali - c'era stato un addensarsi di scandali che coinvolgevano, tra l'altro, molte giunte di centrosinistra come il caso di Napoli, dell'Abruzzo, di Pescara, di Firenze, della Basilicata, della Calabria – dopodiché alcune vicende vanno avanti, altre si fermano, altre vengono ridimensionate com'è fisiologico nei processi.
Noi avevamo tutti i giorni questi articoloni sul Corriere della Sera di questi super tromboni che parlano di giustizia senza nemmeno sapere di cosa stanno parlando, questi giuristi per caso che parlano della giustizia come i cazzari nei bar e nei biliardi fanno la formazione della nazionale di Calcio, i quali non la finivano più di dire: “ecco, il GIP ha ridimensionato l'accusa del Pubblico Ministero” oppure “il PM li voleva mettere dentro e il GIP li ha messi fuori” oppure “il GIP li ha messi dentro ma è intervenuto il Riesame e quindi è la prova che le Procure complottano, che bisogna separare le carriere”.
Sublime stupidaggine perché stavano appunto parlando di Riesami che si stavano dissociando dai GIP o di GIP che si dissociavano dai PM, a dimostrazione del fatto che la dialettica c'è e che non è vero che gli uni danno sempre ragione agli altri solo perché sono colleghi nella stessa carriera.
Questo era quello che ci dicevano fino a un paio di mesi fa.
Poi silenzio e naturalmente adesso arrivano notizie di quelle indagini di cui si parlava allora, e anche di indagini di cui si parlava un anno fa.
Che fine hanno fatto i processi ai Mastella?
Per esempio: tredici mesi fa, credo fosse il 16 gennaio 2008, apprendemmo, una mattina, che avevano arrestato la moglie di Clemente Mastella.
La signora Sandra Lonardo, presidente del Consiglio Regionale della Campania, era finita agli arresti domiciliari con l'accusa di concussione e altri reati.
Era stata indagato lo stesso giorno Clemente Mastella, era stato messo ai domiciliari il loro consuocero, l'ingegner Carlo Camilleri, e avevano arrestato e/o indagato una dozzina di esponenti dell'Udeur, per lo più amministratori pubblici di regione, comune di Napoli e comuni della Campania dell'Udeur, il partito di Mastella, che era ministro della Giustizia.
E' bene ripeterselo perché è talmente grossa che Mastella abbia fatto il ministro della Giustizia che uno magari se ne dimentica o pensa sia una battuta: no, Mastella era veramente il ministro della Giustizia nel governo di centro sinistra che poi, naturalmente, ha ceduto il passo a Berlusconi.
Bene, tredici mesi dopo la notizia l'ho trovata sulla cronaca locale di Napoli del Mattino, non è una notizia che avete potuto leggere salvo forse qualche microscopico trafiletto di quelli che si riescono a individuare col microscopio elettronico.
La notizia è che tredici mesi dopo l'esplodere dello scandalo a Santa Maria Capua Vetere la procura di Napoli ha chiuso le indagini, ha depositato gli atti. Questo è il titolo del Mattino di Napoli dell'altro giorno: “Concussione, Mastella verso il processo. Avvisi di chiusura indagini per l'ex guardasigilli, la moglie e altri ventidue indagati”.
Il problema è che quando fu avviata l'indagine, quando si arrivò a scoprire che c'era l'indagine, cioè quando furono compiuti i primi atti pubblici, l'arresto e gli avvisi di garanzia, e si lessero le carte di questo processo, si lesse il mandato di cattura, si lessero gli avvisi di garanzia, gli inviti a comparire, c'erano ovviamente le fonti di prova in base alle quali questi signori – il ministro della giustizia dell'epoca, la sua signora presidente del Consiglio regionale – erano accusati e c'erano molte intercettazioni, oltre alle testimonianze di vari personaggi.
C'erano maneggi per sistemare gente nelle varie ASL, nei vari ASI, nei vari enti territoriali industriali; c'erano minacce per far andare una carica a questo piuttosto che a quello; c'erano lottizzazioni e tutti i giornali si affrettarono a dire: “ma dov'è lo scandalo?”.
Anzi, fecero scandalo del fatto che i magistrati avessero ritenuto che quelli fossero reati, tutti intitolarono: “Così fan tutti”.
Così fan tutti un corno, perché se così fan tutti, tutti dovrebbero finire in galera visto che tutto ciò è vietato dalla legge; in ogni caso, per fortuna, non è vero che così fan tutti perché di Mastella ce n'è tanti ma non si può dire che tutti gli italiani o tutti i politici italiani siano come lui.
In ogni caso avevano preso lui e la sua signora. Era stato detto: “ma l'indagine fatta da Santa Maria Capua Vetere è viziata perché non è competente, infatti il GIP dopo avere disposto le misure ha trasmesso gli atti per competenza a Napoli, adesso vedrete che a Napoli ci sono i magistrati bravi che smonteranno queste porcherie”.
Ricorderete che il ministro Mastella in carica insultò più volte quell'anziano, piccolo procuratore che aveva problemi anche a parlare alle telecamere, non riusciva a comunicare perché è uno che ha fatto il magistrato in provincia per tutta la sua vita. Fu insultato più volte come se il compito di un magistrato fosse quello di presentarsi bene in televisione.Mastella disse: “quel farabutto”, lo voleva denunciare.
Bene, l'inchiesta è passata a Napoli, a Napoli è intervenuta la procura che ha confermato che era buona l'indagine di Santa Maria Capua Vetere. Allora gli indagati si sono rivolti al Tribunale del Riesame, poi alla Cassazione.
Piccolo problema: pure la Cassazione ha dato ragione ai magistrati di Santa Maria Capua Vetere sostenendo che quell'inchiesta andava fatta e andava fatta così, che era giusto fare quelle misure cautelari e non che erano state disposte.
A quel punto, si è aspettata la conclusione senza più parlarne, anzi ogni tanto saltava fuori qualcuno a dire “chissà che fine avrà fatto quell'inchiesta che aveva fatto cadere il governo”, perché ci avevano raccontato che avevano fatto cadere il governo, con quell'inchiesta, tant'è che qualcuno, ignorante come una capra, senza ricordare bene le cose, confondeva l'inchiesta di Santa Maria Capua Vetere con “Why Not” di Catanzaro, e c'era qualcuno che diceva che De Magistris con l'inchiesta di Catanzaro aveva fatto cadere il governo Prodi, indagando Mastella; perché pure De Magistris indagava su Mastella, ma fu iscritto nel registro degli indagati nell'ottobre del 2007 e restò ministro imperterrito a novembre, dicembre e gennaio.
Poi prese a pretesto l'arresto di sua moglie, ma non perché fosse collegato al governo Prodi; anzi, conoscendo Mastella figuratevi se avendo la moglie agli arresti domiciliari ed essendo lui indagato fa il nobile gesto di dim
ettersi. Allora perché non si era dimesso tre mesi prima quando era stato indagato a Catanzaro?E' evidente che Mastella non si è dimesso da ministro e non ha fatto cadere il governo Prodi a causa di quell'inchiesta di Santa Maria Capua Vetere, come non l'aveva fatto neanche a causa dell'indagine di Catanzaro: Mastella quando è in difficoltà la poltrona la prende e la tiene, non la molla certamente. Sei ministro della Giustizia... ci siamo capiti...
Perché fece cadere il governo? Perché si era messo d'accordo con Berlusconi di far cadere il governo Prodi in modo da evitare la riforma elettorale che stavano concordando Berlusconi e Veltroni che per Mastella sarebbe stata esiziale come per tutti i partiti piccoli, visto che era la famosa riforma per fare dell'Italia un Paese bipartitico – PD e PDL, gli altri via – e per prevenire il referendum elettorale che avrebbe segnato la fine dell'Udeur.
Lui fece cadere il governo Prodi perché Berlusconi in cambio, forse addirittura per iscritto, gli aveva promesso di portargli in Parlamento, nelle sue liste, dieci senatori e venti deputati.
Questa è la ragione per cui Mastella si dissocia dal governo Prodi, tradisce il centro sinistra e gli elettori che l'avevano votato.
Il preludio del rinvio a giudizio
Si diceva: “chissà che fine han fatto i processi che han fatto cadere il governo Prodi”. Eccolo qua: in tempi record, un anno dopo averla presa in mano, la procura di Napoli manda gli avvisi di conclusione delle indagini che, come ben sa chi fa il mestiere di cronista giudiziario o chi ha studiato un po' di legge, è il preludio alla richiesta di rinvio a giudizio.
Una volta, alla fine dell'indagine, il PM decideva se farla archiviare o se mandare gli indagati a processo e si rivolgeva al GIP; adesso, da qualche anno per allungare un po' i tempi della giustizia, hanno previsto questa fase ulteriore: c'è un cuscinetto temporale alla fine dell'indagine in cui il magistrato avverte gli indagati che l'indagine è finita, che non intende archiviare e che quindi, prima della richiesta di rinvio a giudizio, molto probabile e prevedibile, gli indagati possono chiedere qualche supplemento d'indagine o interrogatorio in più.
Siamo in questa fase: hanno avvertito Mastella, sua moglie e gli altri 22 che verranno presto chiesti i loro rinvii a giudizio e se vogliono che sia sentito qualcuno o acquisita qualche carta.
L'inchiesta è finita, salvo diverse interpretazioni di reati: qua si contestano una serie infinita di concussioni e nello stesso tempo non si contesta più l'associazione per delinquere. Evidentemente si ritiene che questi 22 non fossero tutti associati in una stessa banda ma agissero ora due o tre insieme, ora due insieme, ma che non fosse un'intera associazione. Questi sono dettagli anche perché li vedrà il giudice.
Interessante è vedere gli episodi contestati, visto che ci siamo dimenticati tutto e visto che all'epoca ci dissero che erano cazzatelle e che così fan tutti.
Le accuse a Mastella
Mastella, tanto per parlare soltanto di lui e della moglie, è accusato di sette diversi episodi delittuosi: tre concussioni, tre abusi d'ufficio e una rivelazione di segreto d'ufficio.
La concussione è un'estorsione commessa da un pubblico ufficiale, in questo caso un signore che faceva o il parlamentare, se agiva prima della nascita del governo Prodi, oppure il ministro della Giustizia. Concussione: un'estorsione fatta da un pubblico ufficiale. Minacce di danni ingiusti a una persona per ottenere qualcosa in cambio, da parte di un signore che è titolare di un'autorità pubblica.
A lui gliene attribuiscono tre, poi tre abusi d'ufficio – tre volte avrebbe violato la legge per abusare del suo potere pubblico – e una volta avrebbe rivelato dei segreti d'ufficio.Vediamo, capi d'imputazione: Mastella è accusato nella sua qualità di leader nazionale dell'Udeur – non agiva in quanto ministro ma in quanto leader nazionale di un partito che in Italia non contava e non conta molto ma a livello locale, a Napoli, è l'ago della bilancia e infatti la moglie è presidente del consiglio regionale.
Primo fatto: in concorso con il consuocero, il padre della moglie del figlio, Carlo Camilleri, e con due assessori regionali, Mastella avrebbe tentato di costringere Bassolino, presidente della Regione, ad assicurare la nomina a commissario dell'Area di Sviluppo Industriale, a una persona designata da Mastella.
Seconda presunta concussione: Mastella tentò, secondo l'accusa, di costringere il dirigente di un'ASL a concedere appalti, posti di lavoro e incarichi dirigenziali a gente appartenente all'Udeur. Qui ci sono Mastella, la sua signora, il capogruppo regionale dell'Udeur, il consulente legale – perché la moglie di Mastella ha persino un consulente legale, indagato insieme a lei per cose illegali... diciamo è il consulente illegale -, il consigliere regionale Ferraro e un altro assessore.
Ora c'è il primo abuso d'ufficio: abuso e rivelazione di segreto d'ufficio, l'accusa che riguarda Mastella e il presidente della sezione del Tar Campania oltre che due presunti istigatori, si riferisce al fatto che Mastella e questi si sarebbero interessati per far andare in un certo modo un ricorso al Tar.
Altri due abusi d'ufficio gli sono contestati insieme al consuocero e altri suoi collaboratori per presunte irregolarità a vantaggio di una comunità montana.
Mastella, insieme al consuocero e ad altri, risultano poi indagati per una terza concussione per la nomina di un esponente dell'Udeur ad assessore dei lavori pubblici del comune di Cerreto Sannita.
Queste sono le accuse; ricorderete, a proposito della moglie, che era stata arrestata perché si era scoperto che nella sua funzione di presidente del Consiglio regionale della Campania aveva, in una famosa telefonata in cui diceva “quello è un uomo morto”, dichiarato guerra al direttore generale di un'ASL il quale si era permesso di nominare come primario un esponente di un partito – un medico, diciamo che per fare i primari aiuta il fatto di essere medici, ma in questo caso non era strettamente necessario, qui sfioriamo le storie di Cetto La Qualunque.
C'era la necessità, secondo lei, di mettere un ginecologo Udeur, l'importante non era tanto la laurea quanto l'Udeur. Se un ginecologo è Udeur il bambino viene fuori meglio, nella loro concezione.
Allora, per sistemare il ginecologo Udeur, avevano fatto strame di ogni regola, tant'è che c'era questo dirigente che veniva massacrato dal gruppo regionale dell'Udeur con interpellanze, interrogazioni. Appena si è permesso di non nominare il ginecologo Udeur ma uno vicino a un altro partito, che riteneva più bravo, hanno cominciato a fargli sapere che gli avrebbero fatto delle interrogazioni parlamentari, che se ritirava quella nomina e si comportava bene e accettava di obbedire all'Udeur non gliele avrebbero più presentate... insomma c'era tutta un'attività nella quale questo signore si è ritrovato vittima, secondo i magistrati, di un'estorsione.
I regali della moglie di Mastella
Dato che la signora Mastella è molto versatile e ha una concezione abbastanza elastica dei suoi doveri, è interessante sapere che nei giorni scorsi – questo non c'entra niente con l'inchiesta penale, questo riguarda la Corte dei Conti – ha ricevuto una contestazione dal procuratore regionale della Corte dei Conti per avere regalato seicento piatti di pregio al personale dipendente della presidenza del Consiglio Regionale e sessanta medaglie d'oro massiccio ai consiglieri.
Voi sapete che questi poveri consiglieri regionali guadagnano poco, non sanno come sbarcare il lunario e arrivare alla fine del mese: quelli della Campania sono più fortunati perché c'è la signora Mastella che è una specie di Babbo Natale tutto l'anno che ha regalato loro medaglie d'oro massiccio per la modica cifra di 17.940 euro.
Secondo la procura contabile della Corte dei Conti la spesa è illegittima: nessuno ha mai sentito il bisogno di regalare medaglie d'oro massiccio ai consiglieri regionali, i quali forse farebbero bene a ridursi lo stipendio invece di incrementarlo in quel modo.
Naturalmente, la signora Mastella si è difesa con la solita faccia da signora Mastella, e ha detto: “quella della procura è una mera ipotesi, le medagliette commemorative sono una tradizione di quasi tutti gli organismi legislativi del mondo”.
In quale assemblea legislativa del mondo non si regalano medaglie d'oro ai consiglieri? E' proprio una prassi che lei ha seguito e vanno sempre a perseguitare lei, piove sul bagnato.
L'analisi della Corte dei Conti, scrive La Repubblica di Napoli – purtroppo anche qui solo nelle pagine locali perché le notizie sgradite vanno a finire solo nelle pagine locali – prende in esame molti nodi riguardanti l'impiego delle risorse in regione Campania, che continua a detenere partecipazioni in più di trenta società, due riguardano la diffusione della cultura, poi c'è la sanità regionale, il comune di Napoli, sprechi di ogni genere, rifiuti.
Tra l'altro, la gestione del denaro pubblico riguarda anche il caso Romeo che sapete è in galera perché aveva la gestione del patrimonio immobiliare e ne faceva l'uso che abbiamo letto.
La Lonardo ha detto che in fondo questi doni sono poco costosi e quindi è assurdo che lei non possa disporre di migliaia di euro per regalarli non alle persone povere ma ai consiglieri regionali.
Vedremo come andrà il processo, certo è significativo che in tutti i festosi articoli che nelle ultime settimane sono stati dedicati a Mastella il quale piangeva miseria, diceva di essere stato vittima di un complotto, chiedeva risarcimenti per i danni subiti, diceva che tutti gli scandali erano finiti a suo favore, con la sua piena riabilitazione, quando qualche giorno dopo è venuta fuori la notizia della chiusura delle indagini in cui viene accusato di sette capi di imputazione gravissimi come le ipotizzate concussioni, nessuno abbia poi voluto correggere il tiro.
Ovviamente chi non legge le pagine locali di Repubblica o del Mattino probabilmente pensa che Mastella veramente non abbia più indagini in corso. In realtà ne ha una che sta per andare a processo come questa, ne avrebbe un'altra a Catanzaro che sarebbe andata avanti se non fosse stato buttato fuori, peraltro come aveva chiesto lo stesso Mastella al CSM, il PM titolare, cioè De Magistris.
Si è poi scoperto – lo ha scoperto la procura di Salerno – che l'archiviazione di Mastella nel caso “Why Not” dipendeva dal fatto che al GIP la procura, dopo aver tolto le indagini a De Magistris, non aveva mandato tutti gli atti di accusa a carico di Mastella e quindi sulla base di una parziale documentazione il GIP aveva deciso di archiviare dicendo “qui non ci sono elementi per rinviare a giudizio, anzi non ci sono elementi nemmeno per indagarlo, Mastella”. Certo, perché gli elementi che De Magistris e il suo consulente Genchi avevano trovato e avevano obbligato loro a indagare Mastella, la procura – secondo l'accusa salernitana – non li aveva mandati al GIP rendendo quindi il GIP orbo rispetto ai fatti che erano stati scoperti.
Abbiamo questa indagine pienamente in attività a Napoli, avremmo quell'altra indagine che sappiamo com'è finita proprio per tutti i maneggi intorno a Catanzaro.
A proposito: fate girare l'intervista di Genchi al blog di Grillo che è spettacolare, ma non mi pare di dover aggiungere niente su quello.
Informazione piduista
Chiudo con una piccola parentesi: la stessa vicenda di Mastella, allo specchio, è capitata in questi giorni a proposito di Angelo Rizzoli, l'erede della famiglia Rizzoli, il più importante gruppo editoriale privato e puro – facevano solo gli editori, i Rizzoli – che ha fatto la storia dell'editoria italiana e che a causa di quest'ultimo rampollo, negli anni Ottanta fu consegnata con dentro il Corriere della Sera alla P2, dopo avere accumulato debiti incredibili.
Rizzoli fu arrestato; era iscritto alla P2, fu condannato per bancarotta patrimoniale societaria in amministrazione controllata, per avere distratto dalle casse del gruppo la bellezza di 85 miliardi di lire degli anni Ottanta.
Ventisei anni dopo ha chiesto alla Cassazione di annullare quella condanna per bancarotta perché... lo chiedo a voi!
Se avete visto i giornali e i telegiornali il messaggio che è passato è che ventisei anni dopo, ventisei anni di calvario, questo pover'uomo è stato completamente scagionato dalla Cassazione che ha stabilito che non aveva fatto niente.
Assolutamente falso! La sentenza è simile a quelle che riguardano Berlusconi sul falso in bilancio, dove si dice che il falso in bilancio non è più previsto dalla legge come reato, perché è stato depenalizzato.
Nel caso di Rizzoli non se l'è depenalizzato lui, questo è il suo unico elemento di vantaggio rispetto a Berlusconi. Berlusconi si depenalizza direttamente i reati, ma l'assoluzione di Angelo Rizzoli che poi se ne va in giro a fare la vittima del complotto e a dire “mi hanno ridato l'onorabilità, esco pulito a testa alta”... per niente! Quello era reato quando l'aveva commesso, non era più reato quando se n'è occupata la cassazione, chiamata da lui a cancellare una condanna che aveva già avuto perché nel frattempo, nel 2006, è stata abolita la bancarotta patrimoniale societaria in amministrazione controllata.Uno, quando è così fortunato che gli cancellano il reato, accende un cero alla Madonna o a Licio Gelli se è iscritto alla P2 e crede in altre religioni, e certamente non va in televisione a fare la vittima.
Lui ha fatto la vittima e adesso vuole addirittura il risarcimento dei danni, quasi come Mastella, ci chiede altri soldi, e tutti inebetiti di fronte a lui a dargli man forte e la possibilità di raccontare palle ai cittadini italiani.
Vedete che, a differenza del caso Mastella che si sta concludendo negativamente e quindi viene occultato dai giornali, il caso di Angelo Rizzoli che invece si è concluso molto positivamente, fortunosamente per lui, è stato grandemente enfatizzato dai giornali.
La gente ha detto su Mastella “chissà com'è andata a finire”, su Rizzoli invece si può scrivere che l'indagine non stava in piedi perché non aveva fatto niente, tanto poi chi lo viene a scoprire che l'hanno assolto soltanto perché avevano cancellato il reato?
Passate parola."
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lunedì 2 marzo 2009
Via d’Amelio: quella sentenza coperta dal silenzio
Pubblico questo articolo di Giuseppe Giulietti, con tutta la mia solidarietà alla famiglia di Paolo Borsellino, soprattutto a Salvatore che non si stanca di gridare ogni giorno la sua rabbia, e con tutta la vergogna di chi si sente corresponsabile, in quanto cittadina italiana, di questa scellerata ingiustizia che ci danneggia tutti.
di Giuseppe Giulietti
26.02.09 - da http://temi.repubblica.it/micromega-online/260209-via-damelio-quella-sentenza-coperta-dal-silenzio/
Nei giorni scorsi, riprendendo le denunce di Marco Travaglio e di Pancho Pardi, abbiamo raccontato il quasi tombale silenzio Raiset in merito alla condanna per corruzione dell’avvocato Mills. Di quella condanna non si doveva parlare perché non doveva essere pronunciato il nome del compare. In questo caso specifico non si è neppure atteso il lodo Alfano bis sulle intercettazioni per procedere al sequestro dell’articolo 21 della Costituzione. Non si tratta, purtroppo, di un caso isolato.In queste stesse ore, sulla vicenda delle centrali nucleari, si sta ripetendo lo stesso copione. Qualsiasi punto di vista critico, divergente dal pensiero unico nuclearista, è stato cancellato. Gli scienziati, i ricercatori, i rappresentanti dei comitati che promossero il referendum sono stati condannati al silenzio o alla marginalità, fatte salve naturalmente alcune lodevoli eccezioni che ancora resistono sulle poche piazza mediatiche non ancora occupate dalle truppe berlusconiane.La condanna al silenzio riguarda anche il passato, e coinvolge anche la vita e le opere di alcuni grandi italiani che hanno letteralmente sacrificato la loro esistenza al bene comune e alla lotta contro le mafie e i loro mandanti. Ci riferiamo, in questo caso, al giudice Borsellino e alla sua misteriosa agenda rossa, zeppa di annotazioni e mai più ritrovata. Qualche giorno fa questa vicenda è stata archiviata, nell'indifferenza quasi totale, perché anche questa è considerata una pagina da strappare dal libro della nuova vecchissima Italia di Berlusconi, Dell’Utri e Mangano.Da Palermo, un vecchio amico giornalista che per tante ragioni preferisce non firmarsi, ci ha inviato una lettera angosciata e indignata che ci permettiamo di pubblicare e di dedicare alla memoria del giudice Borsellino e degli altri eroi che hanno perso la vita per garantire davvero a tutti noi il diritto alla legalità e alla sicurezza.Via d'Amelio: quella sentenza coperta dal silenzioColpo di spugna su uno dei più grandi misteri delle stragi mafiose del '92. L'agenda rossa di Paolo Borsellino, vista in via d'Amelio, scompare per sempre per una sentenza e nella disattenzione dei media. Palermo, 19 luglio 1992. Un uomo in abiti civili si allontana, a passo svelto, dall’inferno di fiamme di via D’Amelio. Tiene stretta una borsa di pelle. E’ quella del giudice Paolo Borsellino, appena trucidato insieme agli agenti della scorta. Dentro la borsa c’è l’agenda rossa dalla quale il magistrato non si separava mai. Quelle immagini riprese dalle telecamere dei primi reporter giunti sul posto, hanno rappresentato, in questi lunghi 17 anni, la speranza di giungere a una verità superiore, di capire quali interessi esterni alla mafia abbiano scatenato, due mesi dopo l’eliminazione di Giovanni Falcone, i macellai di Cosa nostra.Ebbene, quella verità non la conosceremo mai. Con una sentenza passata nel silenzio, praticamente ignorata da giornali e TG, con gli italiani, forse ipnotizzati dal festival di Sanremo o impegnati a sbirciare nel buco della serratura del Grande Fratello, la Corte di Cassazione ha passato il definitivo colpo di spugna sulle stragi che hanno cambiato il volto dell’Italia.L’uomo che sottrasse dall’auto blindata di Borsellino quella borsa era il capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli, oggi colonnello. La suprema corte ha respinto il ricorso della Procura della Repubblica di Caltanissetta contro il proscioglimento dell’ufficiale. Non ci sarà un processo. Dunque, quelle immagini è come se non fossero mai esistite. E perciò l’agenda rossa sulla quale Borsellino annotava riflessioni, intuizioni, notizie, è un’invenzione. Arcangioli si è sempre difeso sostenendo di non aver mai preso l’agenda e che la borsa fu consegnata subito dopo. Un fatto è certo però: l’agenda non è mai stata ritrovata.Carico di rabbia e di amarezza il commento di Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, un uomo coraggioso che ha speso questi 17 anni, alla ricerca della verità. “La giustizia è morta – dice – e ogni volta che viene negata si rinnova quel massacro. E ci sono giudici che in questi anni sono stati eliminati senza bisogno di tritolo, quando hanno osato avvicinarsi ai fili scoperti della corruzione”.Paolo Borsellino era a un passo dall’aprire la porta dei “santuari” della mafia, quel terzo livello su cui si era rotto la testa prima di lui Giovanni Falcone. Con la sentenza della Cassazione è stata messa la pietra tombale sulla stagione delle stragi. E Borsellino è sparito dall’agenda della nostra italietta.Il 21 marzo prossimo a Napoli Libera, la gloriosa associazione fondata da Don Ciotti, terrà a Napoli la consueta giornata della memoria e del rispetto dedicata alle vittime della mafia e della camorra.Quest’anno ci sarà un motivo in più per esserci e per ribellarsi al tentativo di oscurare persino i ricordi “scomodi”.
di Giuseppe Giulietti
26.02.09 - da http://temi.repubblica.it/micromega-online/260209-via-damelio-quella-sentenza-coperta-dal-silenzio/
Nei giorni scorsi, riprendendo le denunce di Marco Travaglio e di Pancho Pardi, abbiamo raccontato il quasi tombale silenzio Raiset in merito alla condanna per corruzione dell’avvocato Mills. Di quella condanna non si doveva parlare perché non doveva essere pronunciato il nome del compare. In questo caso specifico non si è neppure atteso il lodo Alfano bis sulle intercettazioni per procedere al sequestro dell’articolo 21 della Costituzione. Non si tratta, purtroppo, di un caso isolato.In queste stesse ore, sulla vicenda delle centrali nucleari, si sta ripetendo lo stesso copione. Qualsiasi punto di vista critico, divergente dal pensiero unico nuclearista, è stato cancellato. Gli scienziati, i ricercatori, i rappresentanti dei comitati che promossero il referendum sono stati condannati al silenzio o alla marginalità, fatte salve naturalmente alcune lodevoli eccezioni che ancora resistono sulle poche piazza mediatiche non ancora occupate dalle truppe berlusconiane.La condanna al silenzio riguarda anche il passato, e coinvolge anche la vita e le opere di alcuni grandi italiani che hanno letteralmente sacrificato la loro esistenza al bene comune e alla lotta contro le mafie e i loro mandanti. Ci riferiamo, in questo caso, al giudice Borsellino e alla sua misteriosa agenda rossa, zeppa di annotazioni e mai più ritrovata. Qualche giorno fa questa vicenda è stata archiviata, nell'indifferenza quasi totale, perché anche questa è considerata una pagina da strappare dal libro della nuova vecchissima Italia di Berlusconi, Dell’Utri e Mangano.Da Palermo, un vecchio amico giornalista che per tante ragioni preferisce non firmarsi, ci ha inviato una lettera angosciata e indignata che ci permettiamo di pubblicare e di dedicare alla memoria del giudice Borsellino e degli altri eroi che hanno perso la vita per garantire davvero a tutti noi il diritto alla legalità e alla sicurezza.Via d'Amelio: quella sentenza coperta dal silenzioColpo di spugna su uno dei più grandi misteri delle stragi mafiose del '92. L'agenda rossa di Paolo Borsellino, vista in via d'Amelio, scompare per sempre per una sentenza e nella disattenzione dei media. Palermo, 19 luglio 1992. Un uomo in abiti civili si allontana, a passo svelto, dall’inferno di fiamme di via D’Amelio. Tiene stretta una borsa di pelle. E’ quella del giudice Paolo Borsellino, appena trucidato insieme agli agenti della scorta. Dentro la borsa c’è l’agenda rossa dalla quale il magistrato non si separava mai. Quelle immagini riprese dalle telecamere dei primi reporter giunti sul posto, hanno rappresentato, in questi lunghi 17 anni, la speranza di giungere a una verità superiore, di capire quali interessi esterni alla mafia abbiano scatenato, due mesi dopo l’eliminazione di Giovanni Falcone, i macellai di Cosa nostra.Ebbene, quella verità non la conosceremo mai. Con una sentenza passata nel silenzio, praticamente ignorata da giornali e TG, con gli italiani, forse ipnotizzati dal festival di Sanremo o impegnati a sbirciare nel buco della serratura del Grande Fratello, la Corte di Cassazione ha passato il definitivo colpo di spugna sulle stragi che hanno cambiato il volto dell’Italia.L’uomo che sottrasse dall’auto blindata di Borsellino quella borsa era il capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli, oggi colonnello. La suprema corte ha respinto il ricorso della Procura della Repubblica di Caltanissetta contro il proscioglimento dell’ufficiale. Non ci sarà un processo. Dunque, quelle immagini è come se non fossero mai esistite. E perciò l’agenda rossa sulla quale Borsellino annotava riflessioni, intuizioni, notizie, è un’invenzione. Arcangioli si è sempre difeso sostenendo di non aver mai preso l’agenda e che la borsa fu consegnata subito dopo. Un fatto è certo però: l’agenda non è mai stata ritrovata.Carico di rabbia e di amarezza il commento di Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, un uomo coraggioso che ha speso questi 17 anni, alla ricerca della verità. “La giustizia è morta – dice – e ogni volta che viene negata si rinnova quel massacro. E ci sono giudici che in questi anni sono stati eliminati senza bisogno di tritolo, quando hanno osato avvicinarsi ai fili scoperti della corruzione”.Paolo Borsellino era a un passo dall’aprire la porta dei “santuari” della mafia, quel terzo livello su cui si era rotto la testa prima di lui Giovanni Falcone. Con la sentenza della Cassazione è stata messa la pietra tombale sulla stagione delle stragi. E Borsellino è sparito dall’agenda della nostra italietta.Il 21 marzo prossimo a Napoli Libera, la gloriosa associazione fondata da Don Ciotti, terrà a Napoli la consueta giornata della memoria e del rispetto dedicata alle vittime della mafia e della camorra.Quest’anno ci sarà un motivo in più per esserci e per ribellarsi al tentativo di oscurare persino i ricordi “scomodi”.
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Il tabù del nucleare
Sono contraria al nucleare in un Paese come il nostro, in cui anche il semplice sacchetto dell'immondizia è in mano alla criminalità organizzata, figuriamoci delle scorie radioattive. Certamente preferisco fonti più pulite, che vanno assolutamente implementate; il sole in Italia deve essere sfruttato fino all'ultimo raggio (come alnche l'acqua deve essere immagazzinata e recuperata fino all'ultima goccia). Ho però dei dubbi riguardo al fatto che le sole fonti rinnovabili siano sufficienti a liberarci dal petrolio, e mi è del tutto evidente l'ipocrisia di un popolo che non rinuncia ai consumi inutili, che non bandisce gli sprechi e che dice no al nucleare in un'ottica prevalentemente 'NIMBY' (tutti hanno fondamentalmente paura del fatto che lo stabilimento possa sorgere proprio accanto a casa propria); in realtà l'incidente nucleare è pericoloso per noi anche se avviene in Francia. Il tabù del nucleare a mio parere deriva proprio dall'esasperato indivuidualismo che contraddistingue il popolo italiano, almeno dacché io lo conosco (ossia negli ultimi 20 anni), unitamente alla sfiducia, a questo punto più che legittima, nella gestione della cosa pubblica, specialmente se radioattiva.
Riporto a questo proposito un articolo tratto da http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-tabu-del-nucleare/ e pubblicato in Micromega n.1/2009.
Ci troviamo di fronte a un paradosso: nei prossimi decenni dovremo raddoppiare la produzione di energia dimezzando le emissioni di anidride carbonica. Con le sole energie alternative è possibile? Per gli autori la risposta è no: “L’energia del vento e più ancora quella del sole hanno certamente un potenziale considerevole, ma sono delle energie non concentrate, intermittenti, che non sono in grado da sole di soddisfare la domanda”. La soluzione? Il nucleare.di Claude Guet e Giovanni Ciccotti, da MicroMega 1/2009Non facciamoci illusioni, la questione energetica sarà sempre più presente e, probabilmente, determinante nelle strategie politiche, economiche, geostrategiche che i paesi ricchi e poveri, del Nord o del Sud, tratteranno negli anni a venire, su scala nazionale o nel quadro dei grandi accordi internazionali.Perché tanta sicurezza? Semplicemente perché i fatti sono duri. Con una popolazione mondiale che si avvicinerà ai 9 miliardi di umani nel 2050, con le legittime aspirazioni dei paesi più poveri, e spesso più popolati, di soddisfare i bisogni vitali, alimentari e sanitari, passando per la creazione di beni industriali e agricoli, ci sono molti elementi che concorreranno a esacerbare la domanda in energia primaria e, più ancora, quella in elettricità. Le più volontariste fra le politiche economiche di riduzione dei consumi energetici e di innovazioni tecnologiche nei settori dell’abitazione e del trasporto, che dovranno per forza essere messe in opera, specialmente nei paesi più ricchi, non saranno sufficienti a compensare un raddoppio del consumo d’energia da qui a quarant’anni. Il facile accesso all’energia, al quale ci eravamo confortevolmente abituati nel corso del secolo passato, non è più possibile. Le risorse fossili (petrolio, gas, carbone), che la terra ha messo milioni di anni a formare, saranno esaurite in meno di due-trecento anni. Dobbiamo lamentarcene? Probabilmente no, visto che tutti sappiamo che bruciare queste risorse ha contribuito a far passare la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera da 280 ppm (parti per milione) prima della rivoluzione industriale, a 380 ppm. Al ritmo annuale attuale d’emissione di 40 miliardi di tonnellate di CO2 la soglia di 500 ppm potrebbe essere raggiunta già nel 2050, con conseguenze che la maggior parte degli esperti considerano drammatiche sull’evoluzione del clima e che i media hanno largamente ripreso, in particolare dopo l’assegnazione del premio Nobel ad Al Gore e all’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc). Siamo così di fronte al paradosso del doppio fattore 2: raddoppiare la produzione di energia dimezzando l’immissione di anidride carbonica nell’atmosfera. Le cosiddette energie alternative permetteranno da sole di evitare il paradosso? Siamo chiari, la risposta è no. L’energia del vento e più ancora quella del sole hanno certamente un potenziale considerevole, ma sono delle energie non concentrate, intermittenti e che richiedono che l’energia sia immagazzinata in modo massiccio ma maneggevole, in modo da poter soddisfare in permanenza la domanda. A tutt’oggi non ci sono tecnologie in grado di rispondere a quest’esigenza. Le energie alternative sono sicuramente destinate ad avere un ruolo significativo nell’offerta globale di energia senza emissione di gas ad effetto serra, ma esse non possono avere questo ruolo se non a complemento di una sorgente stabile, permanente, capace di alleggerire l’effetto delle fluttuazioni di grande ampiezza che sono intrinseche alle energie alternative. Solo l’energia nucleare può fornire questo zoccolo duro d’energia pulita.Perché si deve riconsiderare la nostra visione del futuro del nucleare? Prima di rispondere ricordiamo quali sono stati gli elementi che hanno spinto un certo numero di paesi, fra cui l’Italia, ad abbandonare la via nucleare, mentre altri, come la Francia, proseguivano per questa via. I due incidenti di Three Mile Island (1979) e di Chernobyl (1986), anche se le conseguenze non sono assolutamente comparabili, hanno marcato profondamente gli spiriti e riattivato in una parte dell’opinione pubblica la «paura dell’atomo». Al timore di un nuovo incidente si è allora aggiunta l’ansia sulla sorte delle scorie radioattive, alcune delle quali rimangono attive per milioni di anni. La protesta antinucleare, più o meno viva secondo il paese, ha almeno permesso di porre la questione nucleare in termini semplici: i reattori nucleari sono sicuri? Le garanzie di sicurezza sono date a tutti i livelli di responsabilità industriale e statuale? Bisogna ricordare che la catastrofe di Chernobyl è stata in larga misura il risultato dell’incuria che caratterizzava il regime sovietico agonizzante, e riconoscere che il tipo di reattore allora in funzione deve essere proibito senza esitazione. Ci sono risposte tecnologiche affidabili, a costo accettabile, alla sorte delle scorie a seguito del loro stoccaggio in siti geologici profondi, senza rischio, per piccolo che sia, di compromettere la qualità dell’ambiente e la salute delle generazioni future? Per riassumere, l’energia nucleare è sicura e funzionale a uno sviluppo durevole? Per noi la risposta è sì.Il nucleare sta avendo una rinascita in America, in Europa e in Asia perché, alla fin fine, i suoi vantaggi compensano largamente i suoi inconvenienti. Un reattore nucleare funziona secondo il principio di una reazione di fissione mantenuta dagli stessi neutroni che essa stessa produce. In pratica solo due elementi esistenti in natura possono essere considerati come combustibile di fissione, l’uranio e il torio. A tutt’oggi solo l’uranio è sfruttato. Siccome i giacimenti sono distribuiti piuttosto uniformemente sull’insieme del pianeta, l’approvvigionamento in uranio non rischia di generare conflitti di natura geopolitica come succede per l’approvvigionamento in petrolio o gas.A questo primo vantaggio si aggiunge quello della competitività economica, visto che la maggior parte degli esperti è d’accordo nello stimare il costo del megawattora elettrico a circa 40 euro, includendoci i costi legati allo smantellamento e alla gestione completa dei scorie. Questo prezzo è paragonabile a quello attuale delle energie fossili, petrolio, gas e carbone. Ma, contrariamente alle energie fossili, il costo del nucleare ha il vantaggio di essere largamente prevedibile per quanto attiene alla durata del funzionamento del reattore che è dell’ordine di sessant’anni. In effetti la parte del combustibile uranio non conta che per il 5 per cento nel costo globale, che è così largamente dominato dall’investimento e dai costi di funzionamento. Anche nell’ipotesi di un rincaro dell’uranio, a causa della domanda in forte crescita, l’osservazione rimane valida. Altro vantaggio, il nucleare che non emette gas a effetto serra è indicato per essere esentato dall’ecotassa (tassa sull’emissione di CO2), ciò che non accade per le energie di origine fossile.Un argomento, spesso avanzato dagli oppositori, è che il nucleare ha piccola parte nella produzione mondiale di elettricità e, a fortiori, di energia primaria, quindi nega che esso possa giocare un ruolo significativo nella riduzione delle emissioni di CO2. È vero che il nucleare non rappresenta oggi che il 17 per cento dell’elettricità mondiale (31 per cento in Europa) e il 6 per cento dell’energia primaria. Ma è anche vero che le premesse di un rilancio nucleare forte non possono più essere negate. Esse sono percepibili su scala mondiale in particolare attraverso gli ambiziosi programmi annunciati dalla Cina o dall’India, ciò che lascia pensare che il nucleare avrà una parte sempre più significativa. Si può stimare che una stabilizzazione delle emissioni di CO2 al livello attuale è realista con una produzione mondiale di elettricità coperta al 50 per cento dal nucleare, ciò che suppone di decuplicare essenzialmente la potenza nucleare mondiale attuale per portarla a circa 4 mila gigawatt. In quest’ipotesi di decuplicazione della sua disponibilità il nucleare può senza dubbio concorrere efficacemente a ridurre il tasso di anidride carbonica nell’atmosfera.Altro argomento avanzato per opporsi alla rinascita nucleare: le risorse d’uranio non sarebbero sufficienti ad alimentare un parco mondiale di reattori producenti una potenza sensibilmente accresciuta. Argomento poco accettabile. Con il parco mondiale attuale di reattori di tipo termico, il consumo di uranio naturale si avvicina alle 70 mila tonnellate per anno. Una crescita regolare e realista del parco mondiale, con in particolare le messa in servizio di reattori termici ad acqua pressurizzata di terza generazione con performance energetiche accresciute, dovrebbe condurre la produzione mondiale verso il 2050 intorno a 1.300 gigawatt. Le riserve già ben identificate, che raggiungono i 15 milioni di tonnellate, dovrebbero assicurare l’approvvigionamento globale fino alla fine del secolo. Certo, al di là di questa data i costi di sfruttamento diventerebbero un fattore limitante perché bisognerebbe andare ad estrarre le tracce presenti nei fosfati o nell’acqua di mare.Lo scenario, tuttavia, cambia completamente se si sostituiscono progressivamente le filiere attuali a neutroni termici con reattori funzionanti senza rallentamento dei neutroni, cioè con quelli che vengono chiamati reattori a neutroni veloci. Perché? La spiegazione è semplice. Nei reattori termici solo una frazione infima del combustibile uranio sotto forma di ossido, viene consumata. Questa frazione corrisponde al tenore isotopico in 235U dell’uranio naturale. L’uranio naturale contiene due isotopi. Solo il meno abbondante (0,7 per cento), indicato con 235U è attivo (fissile) in un reattore termico, cioè subisce fissioni che liberano neutroni ed energia. È la ragione per la quale l’uranio di questi reattori termici è preliminarmente arricchito in 235U. Il più abbondante (99,3 per cento), indicato con 238U, resta spettatore, ma non totalmente. Anche se non è fissile, può tuttavia catturare dei neutroni e condurre per trasmutazione alla formazione di un elemento che non esiste più in natura, chiamato plutonio, e, in particolare all’isotopo 239Pu, che, invece, è fissile. Questo elemento, prodotto inevitabilmente nel reattore, rimane radioattivo per centinaia di migliaia di anni e pone problemi per il suo stoccaggio sotto forma di scorie, mentre è un combustibile di grande valore energetico. La tentazione razionale è, evidentemente, di recuperarlo e riutilizzarlo, ciò che si fa attualmente, nei reattori termici, consumando una miscela d’ossido d’uranio e d’ossido di plutonio, nella quale il plutonio viene fornito dal ritrattamento dei combustibili precedentemente consumati. Si può andare molto più lontano nell’utilizzazione ottimale della risorsa plutonio. Il principio stesso dei reattori veloci, senza moderatori di neutroni, è di produrre energia con la fissione dell’isotopo 239Pu, mentre lo si rinnova grazie all’isotopo 238U. Si produce così rigenerazione del combustibile con la prospettiva di un approvvigionamento virtualmente illimitato. Si comprende immediatamente che la sfida del nucleare del futuro è proprio quella di arrivare a controllare queste filiere di reattori a neutroni veloci. È l’obiettivo che si sono posti i partner del foro internazionale «Generation 4». L’obiettivo è assolutamente realista, appoggiandosi in particolare sull’esperienza acquisita nel corso di decenni con i diversi prototipi costruiti in Gran Bretagna, in Francia, in Giappone, in Russia, in India… Non solo l’esaurimento delle risorse non è più un fattore limitante dello sviluppo del nucleare nel quadro dei reattori a neutroni veloci, ma anche la questione delle scorie trova risposte molto interessanti.La sfida delle scorie è probabilmente la più delicata a trattare perché solleva opposizioni che, benché legittime, vengono fuori più da paure irrazionali che da veri ostacoli tecnologici che rappresenterebbero dei limiti insuperabili. I combustibili consumati contengono non solo plutonio e attinidi, caratterizzati da forte radioattività per tempi immensamente lunghi su scala umana, ma anche dei frammenti di fissione ugualmente radioattivi particolarmente nocivi. Ci sono due opzioni per gestire queste scorie. La prima consiste nel trattare l’insieme del combustibile consumato come una sola scoria che conviene chiudere in contenitori, concepiti per resistere durante millenni alle aggressioni radioattive e termiche del loro contenuto, da depositare in un sito geologico profondo le cui qualità di confinamento siano garantite sulla scala temporale da tenere in considerazione. La seconda opzione, di gran lunga la più razionale, consiste nel ritrattare questo combustibile per separare le scorie secondo le loro caratteristiche radioattive. Si potrebbe così estrarre il plutonio, che come abbiamo visto può essere riutilizzato, e, a termine, gli attinidi minori, nuclei con caratteristiche radioattive vicine a quelle del plutonio, ma senza grande valore energetico che, tuttavia, potrebbero essere bruciati nei reattori veloci. In quest’approccio il volume delle scorie che richiedono uno stoccaggio di lunga durata, in un sito geologico, è relativamente modesto. Per un paese come la Francia, per esempio, è di circa 700 m3 per anno. Il volume totale delle scorie nucleari a debole attività e a vita media corta, inferiore a trent’anni, la cui gestione è largamente meno delicata, non è che una ventina di volte superiore. Per aver ben chiaro qualche ordine di grandezza, è utile ricordare che il volume annuale di scorie industriali per questo stesso paese si misura in decine di milioni di m3.Più di cinquant’anni di Ricerca e sviluppo in ingegneria nucleare, condotta nel quadro di collaborazioni mondiali, hanno permesso di disporre di tecnologie robuste, affidabili e che possono dare le migliori garanzie di sicurezza dei reattori nucleari, ma anche delle strutture di trattamento del combustibile e di gestione delle scorie. La tecnica da sola non può fornire la garanzia ultima. Il nucleare, come qualunque impresa industriale, è un’impresa umana. L’accettazione del nucleare passa necessariamente per la messa in opera di strumenti giuridici e politici di controllo e di autorizzazione della messa in servizio delle installazioni nucleari ben compresa dai cittadini, ciò che suppone che un dibattito pubblico abbia permesso l’approfondimento della riflessione collettiva e la rimozione delle paure irrazionali. Bisogna sperare che le chiusure di natura politico-sociale che si osservano a diversi livelli siano rapidamente superate affinché il nucleare possa essere efficacemente utilizzato per risolvere i gravi problemi che abbiamo sopra evocato.(2 marzo 2009)
Riporto a questo proposito un articolo tratto da http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-tabu-del-nucleare/ e pubblicato in Micromega n.1/2009.
Ci troviamo di fronte a un paradosso: nei prossimi decenni dovremo raddoppiare la produzione di energia dimezzando le emissioni di anidride carbonica. Con le sole energie alternative è possibile? Per gli autori la risposta è no: “L’energia del vento e più ancora quella del sole hanno certamente un potenziale considerevole, ma sono delle energie non concentrate, intermittenti, che non sono in grado da sole di soddisfare la domanda”. La soluzione? Il nucleare.di Claude Guet e Giovanni Ciccotti, da MicroMega 1/2009Non facciamoci illusioni, la questione energetica sarà sempre più presente e, probabilmente, determinante nelle strategie politiche, economiche, geostrategiche che i paesi ricchi e poveri, del Nord o del Sud, tratteranno negli anni a venire, su scala nazionale o nel quadro dei grandi accordi internazionali.Perché tanta sicurezza? Semplicemente perché i fatti sono duri. Con una popolazione mondiale che si avvicinerà ai 9 miliardi di umani nel 2050, con le legittime aspirazioni dei paesi più poveri, e spesso più popolati, di soddisfare i bisogni vitali, alimentari e sanitari, passando per la creazione di beni industriali e agricoli, ci sono molti elementi che concorreranno a esacerbare la domanda in energia primaria e, più ancora, quella in elettricità. Le più volontariste fra le politiche economiche di riduzione dei consumi energetici e di innovazioni tecnologiche nei settori dell’abitazione e del trasporto, che dovranno per forza essere messe in opera, specialmente nei paesi più ricchi, non saranno sufficienti a compensare un raddoppio del consumo d’energia da qui a quarant’anni. Il facile accesso all’energia, al quale ci eravamo confortevolmente abituati nel corso del secolo passato, non è più possibile. Le risorse fossili (petrolio, gas, carbone), che la terra ha messo milioni di anni a formare, saranno esaurite in meno di due-trecento anni. Dobbiamo lamentarcene? Probabilmente no, visto che tutti sappiamo che bruciare queste risorse ha contribuito a far passare la concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera da 280 ppm (parti per milione) prima della rivoluzione industriale, a 380 ppm. Al ritmo annuale attuale d’emissione di 40 miliardi di tonnellate di CO2 la soglia di 500 ppm potrebbe essere raggiunta già nel 2050, con conseguenze che la maggior parte degli esperti considerano drammatiche sull’evoluzione del clima e che i media hanno largamente ripreso, in particolare dopo l’assegnazione del premio Nobel ad Al Gore e all’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc). Siamo così di fronte al paradosso del doppio fattore 2: raddoppiare la produzione di energia dimezzando l’immissione di anidride carbonica nell’atmosfera. Le cosiddette energie alternative permetteranno da sole di evitare il paradosso? Siamo chiari, la risposta è no. L’energia del vento e più ancora quella del sole hanno certamente un potenziale considerevole, ma sono delle energie non concentrate, intermittenti e che richiedono che l’energia sia immagazzinata in modo massiccio ma maneggevole, in modo da poter soddisfare in permanenza la domanda. A tutt’oggi non ci sono tecnologie in grado di rispondere a quest’esigenza. Le energie alternative sono sicuramente destinate ad avere un ruolo significativo nell’offerta globale di energia senza emissione di gas ad effetto serra, ma esse non possono avere questo ruolo se non a complemento di una sorgente stabile, permanente, capace di alleggerire l’effetto delle fluttuazioni di grande ampiezza che sono intrinseche alle energie alternative. Solo l’energia nucleare può fornire questo zoccolo duro d’energia pulita.Perché si deve riconsiderare la nostra visione del futuro del nucleare? Prima di rispondere ricordiamo quali sono stati gli elementi che hanno spinto un certo numero di paesi, fra cui l’Italia, ad abbandonare la via nucleare, mentre altri, come la Francia, proseguivano per questa via. I due incidenti di Three Mile Island (1979) e di Chernobyl (1986), anche se le conseguenze non sono assolutamente comparabili, hanno marcato profondamente gli spiriti e riattivato in una parte dell’opinione pubblica la «paura dell’atomo». Al timore di un nuovo incidente si è allora aggiunta l’ansia sulla sorte delle scorie radioattive, alcune delle quali rimangono attive per milioni di anni. La protesta antinucleare, più o meno viva secondo il paese, ha almeno permesso di porre la questione nucleare in termini semplici: i reattori nucleari sono sicuri? Le garanzie di sicurezza sono date a tutti i livelli di responsabilità industriale e statuale? Bisogna ricordare che la catastrofe di Chernobyl è stata in larga misura il risultato dell’incuria che caratterizzava il regime sovietico agonizzante, e riconoscere che il tipo di reattore allora in funzione deve essere proibito senza esitazione. Ci sono risposte tecnologiche affidabili, a costo accettabile, alla sorte delle scorie a seguito del loro stoccaggio in siti geologici profondi, senza rischio, per piccolo che sia, di compromettere la qualità dell’ambiente e la salute delle generazioni future? Per riassumere, l’energia nucleare è sicura e funzionale a uno sviluppo durevole? Per noi la risposta è sì.Il nucleare sta avendo una rinascita in America, in Europa e in Asia perché, alla fin fine, i suoi vantaggi compensano largamente i suoi inconvenienti. Un reattore nucleare funziona secondo il principio di una reazione di fissione mantenuta dagli stessi neutroni che essa stessa produce. In pratica solo due elementi esistenti in natura possono essere considerati come combustibile di fissione, l’uranio e il torio. A tutt’oggi solo l’uranio è sfruttato. Siccome i giacimenti sono distribuiti piuttosto uniformemente sull’insieme del pianeta, l’approvvigionamento in uranio non rischia di generare conflitti di natura geopolitica come succede per l’approvvigionamento in petrolio o gas.A questo primo vantaggio si aggiunge quello della competitività economica, visto che la maggior parte degli esperti è d’accordo nello stimare il costo del megawattora elettrico a circa 40 euro, includendoci i costi legati allo smantellamento e alla gestione completa dei scorie. Questo prezzo è paragonabile a quello attuale delle energie fossili, petrolio, gas e carbone. Ma, contrariamente alle energie fossili, il costo del nucleare ha il vantaggio di essere largamente prevedibile per quanto attiene alla durata del funzionamento del reattore che è dell’ordine di sessant’anni. In effetti la parte del combustibile uranio non conta che per il 5 per cento nel costo globale, che è così largamente dominato dall’investimento e dai costi di funzionamento. Anche nell’ipotesi di un rincaro dell’uranio, a causa della domanda in forte crescita, l’osservazione rimane valida. Altro vantaggio, il nucleare che non emette gas a effetto serra è indicato per essere esentato dall’ecotassa (tassa sull’emissione di CO2), ciò che non accade per le energie di origine fossile.Un argomento, spesso avanzato dagli oppositori, è che il nucleare ha piccola parte nella produzione mondiale di elettricità e, a fortiori, di energia primaria, quindi nega che esso possa giocare un ruolo significativo nella riduzione delle emissioni di CO2. È vero che il nucleare non rappresenta oggi che il 17 per cento dell’elettricità mondiale (31 per cento in Europa) e il 6 per cento dell’energia primaria. Ma è anche vero che le premesse di un rilancio nucleare forte non possono più essere negate. Esse sono percepibili su scala mondiale in particolare attraverso gli ambiziosi programmi annunciati dalla Cina o dall’India, ciò che lascia pensare che il nucleare avrà una parte sempre più significativa. Si può stimare che una stabilizzazione delle emissioni di CO2 al livello attuale è realista con una produzione mondiale di elettricità coperta al 50 per cento dal nucleare, ciò che suppone di decuplicare essenzialmente la potenza nucleare mondiale attuale per portarla a circa 4 mila gigawatt. In quest’ipotesi di decuplicazione della sua disponibilità il nucleare può senza dubbio concorrere efficacemente a ridurre il tasso di anidride carbonica nell’atmosfera.Altro argomento avanzato per opporsi alla rinascita nucleare: le risorse d’uranio non sarebbero sufficienti ad alimentare un parco mondiale di reattori producenti una potenza sensibilmente accresciuta. Argomento poco accettabile. Con il parco mondiale attuale di reattori di tipo termico, il consumo di uranio naturale si avvicina alle 70 mila tonnellate per anno. Una crescita regolare e realista del parco mondiale, con in particolare le messa in servizio di reattori termici ad acqua pressurizzata di terza generazione con performance energetiche accresciute, dovrebbe condurre la produzione mondiale verso il 2050 intorno a 1.300 gigawatt. Le riserve già ben identificate, che raggiungono i 15 milioni di tonnellate, dovrebbero assicurare l’approvvigionamento globale fino alla fine del secolo. Certo, al di là di questa data i costi di sfruttamento diventerebbero un fattore limitante perché bisognerebbe andare ad estrarre le tracce presenti nei fosfati o nell’acqua di mare.Lo scenario, tuttavia, cambia completamente se si sostituiscono progressivamente le filiere attuali a neutroni termici con reattori funzionanti senza rallentamento dei neutroni, cioè con quelli che vengono chiamati reattori a neutroni veloci. Perché? La spiegazione è semplice. Nei reattori termici solo una frazione infima del combustibile uranio sotto forma di ossido, viene consumata. Questa frazione corrisponde al tenore isotopico in 235U dell’uranio naturale. L’uranio naturale contiene due isotopi. Solo il meno abbondante (0,7 per cento), indicato con 235U è attivo (fissile) in un reattore termico, cioè subisce fissioni che liberano neutroni ed energia. È la ragione per la quale l’uranio di questi reattori termici è preliminarmente arricchito in 235U. Il più abbondante (99,3 per cento), indicato con 238U, resta spettatore, ma non totalmente. Anche se non è fissile, può tuttavia catturare dei neutroni e condurre per trasmutazione alla formazione di un elemento che non esiste più in natura, chiamato plutonio, e, in particolare all’isotopo 239Pu, che, invece, è fissile. Questo elemento, prodotto inevitabilmente nel reattore, rimane radioattivo per centinaia di migliaia di anni e pone problemi per il suo stoccaggio sotto forma di scorie, mentre è un combustibile di grande valore energetico. La tentazione razionale è, evidentemente, di recuperarlo e riutilizzarlo, ciò che si fa attualmente, nei reattori termici, consumando una miscela d’ossido d’uranio e d’ossido di plutonio, nella quale il plutonio viene fornito dal ritrattamento dei combustibili precedentemente consumati. Si può andare molto più lontano nell’utilizzazione ottimale della risorsa plutonio. Il principio stesso dei reattori veloci, senza moderatori di neutroni, è di produrre energia con la fissione dell’isotopo 239Pu, mentre lo si rinnova grazie all’isotopo 238U. Si produce così rigenerazione del combustibile con la prospettiva di un approvvigionamento virtualmente illimitato. Si comprende immediatamente che la sfida del nucleare del futuro è proprio quella di arrivare a controllare queste filiere di reattori a neutroni veloci. È l’obiettivo che si sono posti i partner del foro internazionale «Generation 4». L’obiettivo è assolutamente realista, appoggiandosi in particolare sull’esperienza acquisita nel corso di decenni con i diversi prototipi costruiti in Gran Bretagna, in Francia, in Giappone, in Russia, in India… Non solo l’esaurimento delle risorse non è più un fattore limitante dello sviluppo del nucleare nel quadro dei reattori a neutroni veloci, ma anche la questione delle scorie trova risposte molto interessanti.La sfida delle scorie è probabilmente la più delicata a trattare perché solleva opposizioni che, benché legittime, vengono fuori più da paure irrazionali che da veri ostacoli tecnologici che rappresenterebbero dei limiti insuperabili. I combustibili consumati contengono non solo plutonio e attinidi, caratterizzati da forte radioattività per tempi immensamente lunghi su scala umana, ma anche dei frammenti di fissione ugualmente radioattivi particolarmente nocivi. Ci sono due opzioni per gestire queste scorie. La prima consiste nel trattare l’insieme del combustibile consumato come una sola scoria che conviene chiudere in contenitori, concepiti per resistere durante millenni alle aggressioni radioattive e termiche del loro contenuto, da depositare in un sito geologico profondo le cui qualità di confinamento siano garantite sulla scala temporale da tenere in considerazione. La seconda opzione, di gran lunga la più razionale, consiste nel ritrattare questo combustibile per separare le scorie secondo le loro caratteristiche radioattive. Si potrebbe così estrarre il plutonio, che come abbiamo visto può essere riutilizzato, e, a termine, gli attinidi minori, nuclei con caratteristiche radioattive vicine a quelle del plutonio, ma senza grande valore energetico che, tuttavia, potrebbero essere bruciati nei reattori veloci. In quest’approccio il volume delle scorie che richiedono uno stoccaggio di lunga durata, in un sito geologico, è relativamente modesto. Per un paese come la Francia, per esempio, è di circa 700 m3 per anno. Il volume totale delle scorie nucleari a debole attività e a vita media corta, inferiore a trent’anni, la cui gestione è largamente meno delicata, non è che una ventina di volte superiore. Per aver ben chiaro qualche ordine di grandezza, è utile ricordare che il volume annuale di scorie industriali per questo stesso paese si misura in decine di milioni di m3.Più di cinquant’anni di Ricerca e sviluppo in ingegneria nucleare, condotta nel quadro di collaborazioni mondiali, hanno permesso di disporre di tecnologie robuste, affidabili e che possono dare le migliori garanzie di sicurezza dei reattori nucleari, ma anche delle strutture di trattamento del combustibile e di gestione delle scorie. La tecnica da sola non può fornire la garanzia ultima. Il nucleare, come qualunque impresa industriale, è un’impresa umana. L’accettazione del nucleare passa necessariamente per la messa in opera di strumenti giuridici e politici di controllo e di autorizzazione della messa in servizio delle installazioni nucleari ben compresa dai cittadini, ciò che suppone che un dibattito pubblico abbia permesso l’approfondimento della riflessione collettiva e la rimozione delle paure irrazionali. Bisogna sperare che le chiusure di natura politico-sociale che si osservano a diversi livelli siano rapidamente superate affinché il nucleare possa essere efficacemente utilizzato per risolvere i gravi problemi che abbiamo sopra evocato.(2 marzo 2009)
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Alfa e Beta
Alcuni 'particolari' su chi ci governa o siede nel Senato della nostra Repubblica non vanno dimenticati.
da http://www.19luglio1992.com
Scritto da Salvatore Borsellino
Domenica 01 Marzo 2009 16:41
Alfa e Beta è la storia dell’inchiesta aperta dalla procura di Caltanissetta a carico di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, accusati di «reato di concorso in strage per finalità terroristica e di eversione dell'ordine democratico», in pratica di essere i “mandanti esterni” delle stragi di mafia del terribile biennio ’92-’93. Alfa e Beta è la storia di una archiviazione che invece di chiarire ogni dubbio non fa che aumentare le incertezze, le inquietudini: «Gli atti del fascicolo hanno ampiamente dimostrato – scrive il gip Tona – la sussistenza di varie possibilità di contatto tra uomini appartenenti a Cosa Nostra ed esponenti e gruppi societari controllati in vario modo dagli odierni indagati [Berlusconi e Dell’Utri]. Ciò di per sé legittima l’ipotesi che, in considerazione del prestigio di Berlusconi e Dell’Utri, essi possano essere stati individuati dagli uomini dell’organizzazione quali eventuali nuovi interlocutori». Ma «la friabilità del quadro indiziario impone l’archiviazione». Anche a Firenze era stata aperta e poi archiviata per scadenza dei termini d’indagine una inchiesta su Berlusconi e Dell’Utri come «mandanti occulti», e il il giudice fiorentino Soresina nell’atto d’archviazione affermò come indiscutibilmente sia esistita «una obiettiva convergenza degli interessi politici di Cosa Nostra rispetto ad alcune qualificate linee programmatiche della nuova formazione [Forza Italia]: articolo 41 bis, legislazione sui collaboratori di giustizia, recupero del garantismo processuale asseritamente trascurato dalla legislazione dei primi anni 90». Tant’è che nel corso delle indagini «l’ipotesi iniziale [di un coinvolgimento di Berlusconi e dell’Utri nelle stragi] ha mantenuto e semmai incrementato la sua plausibilità». Il libro Falanca oltre a riportare integralmente il decreto di archiviazione traccia un affresco del contesto storico-politico della stagione delle stragi, ricostruisce uno spaccato credibile e coerente della transizione tra “prima” e “seconda Repubblica”. L’autore, mettendo in fila le dichiarazioni dei “pentiti”, le sentenze, e diverse inchieste giornalistiche, dimostra come dietro quella criptica dialettica al tritolo tra ristretti gruppi d’interesse (di cui conosciamo solo gli autori materiali) non ci sia stata solo una inconfessabile trattativa tra Cosa Nostra e lo Stato. Le stragi rientravano in una strategia più vasta che prevedeva la destabilizzazione del paese per favorire la nascita di una nuova forza politica che sostituisse la Democrazia Cristiana, partito di governo per 40 anni, letteralmente implosa dopo le indagini sulla corruzione di Mani Pulite. Ed è così che emerge inconfondibilmente il ruolo che hanno giocato i Servizi Segreti italiani ed esteri, la massoneria, i settori deviati dello Stato, eredi di quello Stato parallelo che 20 anni prima avevano insanguinato l’Italia con la strategia della tensione. Alfa e Beta è la storia di una verità che fatica ad emergere, nonostante il grande lavoro degli inquirenti e le recenti scoperte che vanno proprio in direzione del piano di destabilizzazione più vasto. Alfa e Beta è, infine, una storia che ci riguarda tutti, un pezzo della storia italiana che stiamo scoprendo solo ora, nonostante le archiviazioni. L'autore: Simone Falanca (1979), mediattivista. Collabora con diversi new media indipendenti italiani pubblicando articoli e numerose inchieste. Ha fondato nel 2001 Zaratustra.it, sito di controinformazione digitale. Per Fratelli Frilli Editori nella collana in movimento ha già pubblicato Banche Armate alla Guerra.
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Scritto da Salvatore Borsellino
Domenica 01 Marzo 2009 16:41
Alfa e Beta è la storia dell’inchiesta aperta dalla procura di Caltanissetta a carico di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, accusati di «reato di concorso in strage per finalità terroristica e di eversione dell'ordine democratico», in pratica di essere i “mandanti esterni” delle stragi di mafia del terribile biennio ’92-’93. Alfa e Beta è la storia di una archiviazione che invece di chiarire ogni dubbio non fa che aumentare le incertezze, le inquietudini: «Gli atti del fascicolo hanno ampiamente dimostrato – scrive il gip Tona – la sussistenza di varie possibilità di contatto tra uomini appartenenti a Cosa Nostra ed esponenti e gruppi societari controllati in vario modo dagli odierni indagati [Berlusconi e Dell’Utri]. Ciò di per sé legittima l’ipotesi che, in considerazione del prestigio di Berlusconi e Dell’Utri, essi possano essere stati individuati dagli uomini dell’organizzazione quali eventuali nuovi interlocutori». Ma «la friabilità del quadro indiziario impone l’archiviazione». Anche a Firenze era stata aperta e poi archiviata per scadenza dei termini d’indagine una inchiesta su Berlusconi e Dell’Utri come «mandanti occulti», e il il giudice fiorentino Soresina nell’atto d’archviazione affermò come indiscutibilmente sia esistita «una obiettiva convergenza degli interessi politici di Cosa Nostra rispetto ad alcune qualificate linee programmatiche della nuova formazione [Forza Italia]: articolo 41 bis, legislazione sui collaboratori di giustizia, recupero del garantismo processuale asseritamente trascurato dalla legislazione dei primi anni 90». Tant’è che nel corso delle indagini «l’ipotesi iniziale [di un coinvolgimento di Berlusconi e dell’Utri nelle stragi] ha mantenuto e semmai incrementato la sua plausibilità». Il libro Falanca oltre a riportare integralmente il decreto di archiviazione traccia un affresco del contesto storico-politico della stagione delle stragi, ricostruisce uno spaccato credibile e coerente della transizione tra “prima” e “seconda Repubblica”. L’autore, mettendo in fila le dichiarazioni dei “pentiti”, le sentenze, e diverse inchieste giornalistiche, dimostra come dietro quella criptica dialettica al tritolo tra ristretti gruppi d’interesse (di cui conosciamo solo gli autori materiali) non ci sia stata solo una inconfessabile trattativa tra Cosa Nostra e lo Stato. Le stragi rientravano in una strategia più vasta che prevedeva la destabilizzazione del paese per favorire la nascita di una nuova forza politica che sostituisse la Democrazia Cristiana, partito di governo per 40 anni, letteralmente implosa dopo le indagini sulla corruzione di Mani Pulite. Ed è così che emerge inconfondibilmente il ruolo che hanno giocato i Servizi Segreti italiani ed esteri, la massoneria, i settori deviati dello Stato, eredi di quello Stato parallelo che 20 anni prima avevano insanguinato l’Italia con la strategia della tensione. Alfa e Beta è la storia di una verità che fatica ad emergere, nonostante il grande lavoro degli inquirenti e le recenti scoperte che vanno proprio in direzione del piano di destabilizzazione più vasto. Alfa e Beta è, infine, una storia che ci riguarda tutti, un pezzo della storia italiana che stiamo scoprendo solo ora, nonostante le archiviazioni. L'autore: Simone Falanca (1979), mediattivista. Collabora con diversi new media indipendenti italiani pubblicando articoli e numerose inchieste. Ha fondato nel 2001 Zaratustra.it, sito di controinformazione digitale. Per Fratelli Frilli Editori nella collana in movimento ha già pubblicato Banche Armate alla Guerra.
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domenica 1 marzo 2009
Il codice Da Vinci
Pubblico un articolo ricco di humour (nero, purtroppo) del grandissimo MT.
26 febbraio 2009, in Marco Travaglio
da http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/
Zorro26 febbraio 2009, in Marco Travaglio
da http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/
Il Codice da Vinci
Enrico Mentana ha capito un po’ tardi, 15 anni dopo Montanelli e 7 dopo Biagi e Santoro, cos’è Mediaset e cosa pretende Al Tappone dai giornalisti. Invece Alessio Vinci, il brillante ex Cnn che ha preso il suo posto, ha capito subito la differenza fra Cnn e Canale5 e perché Mentana non c’è più: aveva osato intervistare Di Pietro senza linciarlo e bestemmiare San Grande Fratello e Santa Madre Audience. Infatti ha esordito a «Matrix» con la favorita del premier, Mara Carfagna, ministra delle Troppe Opportunità. La meravigliosa nullità ha ripetuto per due ore che «da venerdì» le molestie telefoniche non sono più un problema, perché lei le ha vietate col «decreto anti-stalking». Come dire che nessuno rapina più banche da quando, intorno al 1300, furono proibite le rapine. Ogni tanto una ministra-ombra del Pd pigolava qualcosa sulle leggi anti-intercettazioni e allunga-processi, che rendono impossibile scoprire e punire le molestie. Ma il furbo Vinci la interrompeva per precisare che i tempi della giustizia e i tagli alla polizia non sono colpa del governo (ma - com’è noto - delle avverse condizioni atmosferiche). Poi la Hunziker ha elogiato i giudici che si occupavano delle molestie ai suoi danni, e s’è sfiorato il dramma. Ma Vinci ha sventato agilmente la minaccia («Sicura che i giudici capissero il tuo dramma?»), lanciando un servizio sul solito pm che non arresta i cattivi. Chi lo trovasse troppo allineato, comunque, non ha che da attendere un paio d’anni: quando cacceranno pure lui perché avvistato a una partita dell’Inter, e lo sostituiranno con Povia, lo rimpiangeremo.
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